Assegno di mantenimento per i figli: ripetibilità delle somme versate

Paola Silvia Colombo
27 Maggio 2021

Sono ripetibili le somme versate a titolo di mantenimento per la figlia, se la stessa, raggiunta la maggiore età (non economicamente autosufficiente) ha preferito vivere stabilmente con la madre obbligata alla corresponsione dell'assegno di mantenimento in favore del marito?

Sono ripetibili le somme versate a titolo di mantenimento per la figlia, se la stessa, raggiunta la maggiore età (non economicamente autosufficiente) ha preferito vivere stabilmente con la madre obbligata alla corresponsione dell'assegno di mantenimento in favore del marito? La moglie può avanzare richiesta di modifica delle condizioni di separazione e, con medesimo ricorso, proporre domanda di ripetizione del contributo al mantenimento per il periodo in cui la figlia ha vissuto con la stessa anzichè con il padre, percipiente l'assegno, oppure è necessario azionare un diverso e separato procedimento diretto alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte a norma dell'art. 2033 c.c.?

Occorre innanzitutto premettere che la cessazione della convivenza del figlio minorenne (o maggiorenne ma non economicamente autosufficiente) con il genitore percipiente l'assegno perequativo versato dall'altro, quale contributo al mantenimento indiretto della prole, in forza di un accordo di separazione consensuale omologato, costituisce presupposto che implica il venir meno dell'obbligazione economica.

L'obbligo di mantenimento non viene, tuttavia, meno automaticamente per effetto delle circostanze sopravvenute dedotte, ma solo in seguito all'intervento dell'autorità giudiziaria con l'emanazione di un provvedimento che accerta e dichiara l'estinzione dell'obbligazione (Cass. civ., n. 23441/2013; Cass. civ., n. 19589/2011).

Nel caso di specie certamente quindi la moglie (essendosi la figlia maggiorenne trasferita stabilmente a vivere presso di lei) potrà domandare la modifica delle condizioni economiche di separazione chiedendo la revoca dell'obbligo assunto di versare l'assegno perequativo al padre non essendo quest'ultimo più convivente con la ragazza.

Gli effetti delle modifiche decorrono dalla domanda (Cass. civ., sez. I, 11 aprile 2012, n. 11648; Cass. civ., sez. I, 26 settembre 2011, n. 19589; Cass. civ., sez. I, 9 gennaio 2003, n. 113; Cass. civ., sez. I, 9 gennaio 2003, n. 113; Cass. civ., sez. III, 5 settembre 2009, n. 19057) ma il Giudice può disporre, motivandola, una decorrenza differita o differenziata, caso per caso.

Quanto, invece, alla questione (a lungo dibattuta in giurisprudenza) della ripetibilità delle somme corrisposte nel periodo in cui la figlia ha vissuto con la madre, certamente quest'ultima potrà avanzare domanda di ripetizione.

La giurisprudenza ha ammesso, infatti, la ripetibilità delle somme versate a titolo di mantenimento dei figli, quando i presupposti sono venuti meno (Cass. civ., sez. I, 23 Maggio 2014, n. 11489) stabilendo in particolare che «Nel caso in cui l'obbligo di mantenimento indiretto della prole posto a carico del genitore venga revocato con provvedimento giudiziale, l'onerato ha diritto a ripetere le somme che abbia versato dal momento in cui il titolo è venuto meno».

Ne certamente potrebbe essere eccepita nel caso in esame l'irripetibilità delle somme corrisposte in virtù della teorica assimilabilità dell'assegno di mantenimento alle prestazioni alimentari. Il principio di irripetibilità (secondo cui le somme corrisposte a titolo di contributo al mantenimento dei figli in forza di provvedimenti modificati o revocati sono irripetibili, impignorabili e non compensabili) resta solo limitato a prestazioni dirette ad assicurare unicamente, per la loro misura e le condizioni economiche del percipiente, i mezzi necessari per fare fronte alle esigenze essenziali di vita.

Tale funzione alimentare non sussiste nel caso in esame, atteso che il padre ha continuato a percepire somme di denaro a titolo di contributo al mantenimento della figlia nonostante la cessazione della convivenza con quest'ultima. Si tratta, quindi, di importi indebitamente percepiti non essendo stati impiegati per le esigenze ordinarie o alimentari della figlia atteso il venir meno della convivenza.

In altre parole, tali esborsi non hanno di certo assunto alcuna funzione “alimentare”, in quanto il soggetto beneficiato (la figlia che si è trasferita a vivere stabilmente dalla madre) non ne ha goduto.

Quanto, infine, agli aspetti processuali relativi attinenti alle richieste restitutorie ritengo che le stesse non possano essere direttamente proposte e/o accolte nell'ambito del giudizio di modifica delle condizioni di separazione che è funzionale unicamente a ottenere un provvedimento che accerti i fatti nuovi occorsi e disponga, per l'effetto, la revoca (con relativa decorrenza) dell'obbligazione economica assunta in sede di separazione per venir meno dei presupposti che la giustificavano.

Ne discende, pertanto, che la madre, una volta conseguito il nuovo titolo giudiziale (che ha modificato le condizioni economiche delle separazione), dovrà esperire l'azione restitutoria nell'ambito di un giudizio separato ex art. 2033 c.c. domandando la condanna del padre alla restituzione di quanto indebitamente percepito per il mantenimento indiretto della figlia da quando è cessata la convivenza.

Al riguardo si segnala, per completezza, un intervento recente della giurisprudenza di legittimità che ha chiarito che la domanda restitutoria potrebbe comunque anche essere proposta autonomamente.

La Corte di cassazione (Cfr. Cass. civ., sez. I, 13 febbraio 2020, n. 3659) ha stabilito, in particolare, che il genitore che abbia pagato indebitamente l'assegno di mantenimento per i figli essendone venuti meno i presupposti può chiedere la restituzione delle somme versate anche se non abbia preventivamente richiesto la revisione delle condizioni di separazione o divorzio contenenti la previsione di detto assegno.

A giudizio della Corte il fatto che il procedimento di revisione delle condizioni economiche venga introdotto solo più tardi, al fine di ottenere il riconoscimento formale del mutamento di dette condizioni e di essere esonerato da ulteriori pagamenti per il futuro, non impedisce la proposizione dell'azione restitutoria delle somme corrisposte indebitamente, a norma dell'art. 2033 c.c. che ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa (tra le più recenti, Cass. civ., n. 18266/2018).

Spetta al Giudice cui sia proposta la domanda restitutoria di indebito di valutarne la fondatezza, in relazione alla sopravvenienza di eventi successivi che hanno messo nel nulla la causa originaria giustificativa dell'obbligo di pagamento.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.