Malfunzionamento del sistema di videoconferenza del difensore: è legittima la sua sostituzione?

Laura Piras
28 Maggio 2021

È nulla, per violazione del diritto di difesa, l'ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza all'esito di un'udienza, fissata secondo le modalità “da remoto”, che si sia svolta in assenza del difensore di fiducia dell'interessato che non abbia partecipato per un malfunzionamento del sistema di videoconferenza e sia stato sostituito illegittimamente da un difensore d'ufficio prontamente reperito...
Massima

È nulla, per violazione del diritto di difesa, l'ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza all'esito di un'udienza, fissata secondo le modalità “da remoto”, che si sia svolta in assenza del difensore di fiducia dell'interessato che, nonostante si fosse attivato per la partecipazione, non abbia partecipato per un malfunzionamento del sistema di videoconferenza e sia stato sostituito illegittimamente da un difensore d'ufficio prontamente reperito.

Il caso

Il Tribunale di Sorveglianza rigettava l'istanza di concessione della detenzione domiciliare avanzata dal condannato.

Avverso l'ordinanza, nondimeno, veniva proposto ricorso per violazione di legge, atteso che il procedimento di sorveglianza era stato deciso dopo la nomina di un difensore di ufficio prontamente reperito, in assenza del difensore di fiducia che, pur avendo acconsentito alla celebrazione da remoto del procedimento, non partecipava a causa di problemi di malfunzionamento del collegamento in videoconferenza.

La scelta del Tribunale di decidere in sua assenza era stata resa esplicita da una nota, emessa qualche giorno dopo l'udienza, con la quale si precisava che non si dovesse considerare “indispensabile” la presenza del difensore di fiducia in ragione della natura camerale del procedimento.

La Corte, tuttavia, ritenuto fondato il ricorso, ha affermato come, nel caso concreto, il Tribunale abbia ingiustificatamente sostituito il difensore di fiducia fuori delle ipotesi tassative previste dall'art. 97, comma 4 c.p.p., così determinando la nullità dell'ordinanza successiva ai sensi degli artt. 178, lett. c), e 179 c.p.p.

La questione

La questione riguarda la disciplina della partecipazione del difensore di fiducia all'udienza.

In particolare, affronta la tematica con specifico riferimento ai casi di udienza che si svolga “da remoto” e la eventuale impossibilità a partecipare per cause derivanti da malfunzionamento del sistema di collegamento.

Ancora più nello specifico, la Corte risolve il nodo afferente la questione con riguardo alle udienze dinanzi il Tribunale di Sorveglianza che, come è noto, hanno natura camerale partecipata.

E, dunque, può il difensore dell'imputato, all'udienza che viene celebrata dinanzi il Tribunale di Sorveglianza,ove abbia fatto tutto il necessario per presenziare, essere sostituito da un difensore d'ufficio, prontamente reperito, a causa della propria assenza determinata da un cattivo funzionamento di sistema che non gli ha permesso di collegarsi in videoconferenza?

Sebbene l'argomento principale di tale pronuncia sia ancorato al precedente interrogativo, ad esso si riconnettono, tuttavia, altre questioni collaterali.

In primo luogo, infatti, nell'udienza camerale di cui al procedimento di sorveglianza trova piena attuazione il principio di effettività del diritto di difesa?

Deve ritenersi applicabile, anche nell'ambito di tale procedimento e dello svolgimento della predetta udienza, il principio di cui all'art. 420-ter, comma 5, c.p.p. riguardante l'impedimento a comparire del difensore e dell'imputato?

Le soluzioni giuridiche

Nell'esaminare le questioni sottoposte alla sua attenzione, la Corte, nella sentenza in commento, ha preliminarmente precisato il proprio orientamento in materia di nullità derivante da omesso avviso dell'udienza al difensore di fiducia nel procedimento di esecuzione e di sorveglianza nonché di nullità derivante da mancato avviso di fissazione di nuova udienza nei casi di rinvio a nuovo ruolo dell'udienza camerale.

Con riguardo al primo punto, in sentenza si richiama quell'orientamento che vuole che nei casi di omesso avviso dell'udienza al difensore di fiducia, tempestivamente nominato dal condannato, sia dichiarata la nullità del procedimento, atteso che sia il procedimento di esecuzione di cui all'art. 666 c.p.p. che quello di sorveglianza di cui all'art. 678 c.p.p., prevedono la partecipazione necessaria del difensore di fiducia già nominato.

Ciò significa che la sua partecipazione è obbligatoria, con la conseguenza che l'eventuale udienza tenuta in presenza del difensore di ufficio, nominato in sostituzione di quello di fiducia, determina la nullità della predetta udienza, nonché degli atti successivi, compresa l'ordinanza conclusiva, ai sensi degli artt. 178, lett. c), e 179 c.p.p.

Medesime considerazioni conclusive valgono, secondo la Corte, anche per il caso in cui nel procedimento di sorveglianza, nel caso di rinvio a nuovo ruolo dell'udienza camerale, manchi l'indicazione della data della nuova udienza: in tale ipotesi, è obbligatorio notificare l'avviso di fissazione dell'udienza non solo all'interessato ma anche al suo difensore, a pena di nullità di ordine generale assoluta ed insanabile, e ciò sia quando il differimento sia stato disposto per legittimo impedimento a comparire del condannato sia quando sia stato ordinato per qualunque altra causa.

Ad ulteriore precisazione, i giudici rammentano che nel procedimento di sorveglianza, che si svolge in udienza camerale con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero, deve trovare piena efficacia il principio di effettività del diritto di difesa.

In questo senso, dunque, non può ammettersi alcuna equiparazione tra la posizione del difensore di fiducia con quello nominato d'ufficio, ex art. 97, comma 4, c.p.p. Ciò pure in assenza di una specifica disciplina in materia di riti camerali (anche a partecipazione necessaria).

L'orientamento consolidato di legittimità vuole, infatti, che anche nel procedimento di sorveglianza venga applicato il disposto di cui all'art. 420-ter, comma 5, c.p.p., per cui il legittimo impedimento del difensore, anche dovuto a concomitante impegno professionale, costituisce causa di rinvio dell'udienza, purché documentato e tempestivamente comunicato all'autorità giudiziaria.

Sulla base di tali principi, pertanto, nel caso in cui vi sia impossibilità sopravvenuta ed imprevedibile, perché determinata dal cattivo funzionamento del sistema di videoconferenza, di svolgere l'udienza da remoto alla presenza a distanza del difensore di fiducia, che in precedenza si era attivato per parteciparvi adeguandosi alle prescrizioni contenute nell'avviso di fissazione,con la conseguente nomina di un difensore di ufficio, è nulla l'ordinanza successivamente adottata, attesa la violazione del diritto di difesa del condannato, essendo stato sostituito il difensore al di fuori dei casi previsti dalla legge.

Osservazioni

La sentenza in commento ha il pregio di analizzare una problematica molto attuale, quale quella relativa ad eventuali nullità derivanti dalla violazione del diritto di difesa causate, nello specifico, da forza maggiore, rappresentata da un malfunzionamento di sistema in ipotesi di udienza “da remoto”, che non ha consentito al difensore di essere presente.

Come è noto, con l'insorgere della pandemia da COVID-19, con il dl. n. 18/2020 si è introdotta la possibilità di svolgere udienze “a distanza”, tramite videoconferenza, analogamente a quanto già previsto in alcuni casi particolari, dall'art. 146-bis delle “Disposizioni attuative del codice di procedura penale”, al fine di consentire la prosecuzione dell'attività giudiziaria, nonostante le difficoltà generate dal particolare periodo storico di emergenza sanitaria.

L'utilizzo di tali mezzi, atti a consentire a soggetti detenuti di presenziare nell'ambito dei procedimenti loro riguardanti, non poteva che essere utilizzata anche per le udienze dinanzi il Tribunale di Sorveglianza.

L'art. 678 c.p.p., che regola il procedimento dinanzi la magistratura di sorveglianza, al primo comma, fa esplicito richiamo alla disciplina dell'art. 666 c.p.p. prevista per il procedimento di esecuzione.

La norma di cui all'art. 666, comma 3, c.p.p., invero, prevede che il giudice o il collegio “fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai difensori”. Il successivo comma 4, precisa, inoltre, che “l'udienza si svolge con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero”.

Ebbene, nella sentenza in oggetto, tali sono le norme che rappresentano l'incipit giuridico delle conclusioni cui sono giunti i giudici di legittimità e che si attagliano, peraltro, perfettamente ai principi già affermati da altre pronunce, rese da altre sezioni della Corte, comprese le Sezioni Unite (Cass. pen., Sez. Un., 26 marzo 2015, n. 24630).

In particolare, a sostegno di tale posizione, già il supremo collegio si è espresso nel senso dell'opportunità di assicurare anche nella fase dell'esecuzione, “garanzie di giurisdizionalità”, consistenti da un lato, nella necessità del contraddittorio e, dall'altro, nell'impugnabilità dei provvedimenti.

Orbene, il predetto orientamento mette in risalto la circostanza che, mentre alcune specifiche disposizioni prevedono che la difesa tecnica consista nel diritto dell'imputato di disporre di un difensore (di fiducia o di ufficio) che attenda alle sue mansioni professionali con continuità e stabilità durante tutto l'arco processuale, altre norme, invece, esaltano l'aspetto dinamico-funzionale della stessa, privilegiando la garanzia della sua effettività.

La difesa tecnica si pone, dunque, come un diritto dell'imputato che non può soffrire di alcun tipo di limitazione, come d'altronde si ricava dalla lettura degli artt. 96 e 97 c.p.p., norme che disciplinano, come è noto, il ruolo, le modalità e la funzione della difesa di fiducia e d'ufficio.

La logica precedenza della norma che riguarda il difensore di fiducia, avvalora ulteriormente il ruolo di tale soggetto che, per precisa scelta di colui che lo investe, assume l'importante funzione fiduciaria di assistenza legale.

Da ciò la posizione, invece, sussidiaria del difensore di ufficio che opera solo in via marginale, laddove sia assente una nomina di fiducia.

La presenza del difensore d'ufficio, dunque, non si pone quale alternativa a quella fiduciaria, bensì come ipotesi subordinata alla reale ingiustificata mancanza del difensore di fiducia o quando questa venga meno.

Sulla scorta di tali presupposti, dunque, in ottemperanza al principio dell'immutabilità della difesa, già consolidato, la possibilità di designare come sostituto un difensore immediatamente reperibile è limitata ai soli casi, specificamente indicati dall'art. 97, comma 4, c.p.p., e insuscettibili di interpretazione estensiva, in cui il difensore di fiducia dell'imputato “non è stato reperito, non è comparso o ha abbandonato la difesa”.

Nondimeno, affinché il difensore nominato possa essere legittimamente sostituito ai sensi dell'art. 97, comma 4, c.p.p., il giudice deve verificare che la sua mancata comparizione non sia, per l'appunto, ingiustificata e, dunque, che questi non abbia rinunciato al proprio incarico o che abbia ricevuto la notifica dell'avviso della fissazione dell'udienza.

Pertanto, atteso che tutte le ipotesi di sostituzione disciplinate dalla norma in questione presuppongono, in ogni caso, un regolare avviso, una sostituzione effettuata in assenza delle condizioni di legge è certamente da ritenersi illegittima.

Così come è, altresì, illegittima la nomina del difensore di ufficio nel caso di assenza del difensore di fiducia che sia legittimamente impedito.

In tal caso, infatti, la norma di cui all'art. 420-ter, comma 5, c.p.p. stabilisce che, nel caso in cui tale impedimento sia prontamente comunicato, il giudice debba provvedere a norma del primo comma, rinviando l'udienza ad altra data.

In definitiva, pertanto, la nomina di un sostituto processuale del difensore di fiducia scelto dall'imputato o del difensore d'ufficio designato dal giudice presuppone un regolare avviso ai titolari del diritto di difesa ed è consentita solo nelle ipotesi tassativamente individuate per legge.

Ebbene, sulla base di tali premesse, deve darsi atto che, anche in materia di procedimenti camerali partecipati, si è creato un contrasto interpretativo che ha riguardato la quaestio se trovino applicazione o meno le comminatorie di nullità di ordine generale e quelle di carattere assoluto relative all'intervento e all'assistenza dell'imputato o all'assenza del difensore. Contrasto poi definito dalla Suprema Corte, a Sezioni Unite (Cass. pen., Sez. Un., 26 marzo 2015, n. 24630).

Secondo un primo orientamento, si può parlare di assenza della difesa tecnica, che produce una nullità insanabile, non solo quando non sia presente all'udienza alcun difensore, sia esso di fiducia o d'ufficio, bensì anche nei casi in cui il difensore, non presente perché non avvisato, sia stato sostituito da un difensore d'ufficio nominato al suo posto. Atteso che non esiste, secondo tale orientamento, alcuna equipollenza tra il difensore di fiducia e quello d'ufficio, la conseguenza è che la notifica effettuata al difensore di ufficio (che sostituisce illegittimamente la nomina fiduciaria) non possa in alcun modo sanare la nullità che deriva dal mancato avviso al difensore di fiducia “non potendo l'imputato essere privato del diritto di affidare la propria difesa alla persona che riscuote la sua fiducia e che abbia avuto la possibilità di prepararsi adeguatamente nel termine stabilito per la comparizione” (Cass. pen., sez. III, 14 gennaio 2009, n. 6240).

Altro orientamento, invece, fa leva sull'interpretazione letterale dell'art. 179 c.p.p. che fa riferimento alla “assenza del suo difensore”, con una scelta di carattere meno stringente, con cui si prevede la nullità nei casi in cui sia assente, per l'appunto, il difensore dell'imputato, a prescindere che esso rivesta la qualifica di difensore d'ufficio o di fiducia. In altri termini, l'assenza rilevante è quella del professionista che assicura la difesa tecnica, a prescindere dalla specifica qualità che egli riveste (Cass. pen.sez. II, 14 luglio 2009, n. 34167). La presenza del difensore di ufficio, prontamente nominato, dunque, sana la nullità che, sebbene di ordine generale non è tuttavia assoluta, deve essere immediatamente rilevata.

Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite che, in questa sede, deve necessariamente richiamarsi per sciogliere il nodo della vicenda sottoposta ai giudici, da un punto di vista letterale e logico-sistematico, invece, il concetto di “assenza”, che ricorre nell'art. 179 c.p.p., fa riferimento alla situazione dell'avvocato che dovrebbe essere presente. Si tratta cioè del difensore già nominato (e non già di quello prontamente reperito in udienza), la cui mancata partecipazione è ascrivibile all'omissione dell'avviso a lui dovuto.

Ed invero, l'ulteriore locuzione “suo difensore” starebbe proprio ad indicare, secondo i giudici, la preesistenza di un rapporto teso ad assicurare la difesa tecnica, a prescindere dalla nomina fiduciaria o d'ufficio.

Orbene, tali premesse si sono rese utili, se non addirittura necessarie, per fondare le basi del ragionamento dei giudici nella sentenza in commento, al fine di precisare l'imprescindibilità ed obbligatorietà della presenza del difensore nominato dall'interessato all'udienza camerale partecipata dinanzi il Tribunale di Sorveglianza.

Ed invero, sebbene il diritto di difesa non sia espressamente disciplinato in tali procedimenti, devono ritenersi applicabili, in questa sede, tutti i principi sopra esposti che sfociano nella immutabilità e nella effettività della difesa.

In questo senso, quindi, l'assenza del difensore di fiducia ritualmente nominato, all'udienza camerale dinanzi il Tribunale di Sorveglianza, deve essere valutata dal Collegio secondo i parametri individuati dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite ed appena richiamati.

Pertanto, il difensore dell'imputato, per potere essere efficacemente e lecitamente sostituito con un difensore prontamente reperibile, deve risultare assente sebbene regolarmente citato e non legittimamente impedito.

Ciò contrariamente a quanto ritenuto da alcuna giurisprudenza che sostiene, di contro, che, nei procedimenti di esecuzione e di sorveglianza, non si applichi l'art. 420-ter, comma 5, c.p.p., relativo al rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore, giacché, in tali ipotesi, la partecipazione necessaria del difensore dell'interessato è assicurata dalla nomina di un difensore d'ufficio, anche prontamente reperito (Cass. pen., sez. I, 2 novembre 2017, n. 50160).

Nondimeno, in ipotesi come quella di specie, ove il difensore venga sostituito da altro nominato dal Tribunale in quanto prontamente reperito, poiché il legale, nell'ambito di una udienza “a distanza” sia risultato assente per causa non imputabile allo stesso, atteso il malfunzionamento del sistema, deve ritenersi certamente violato il diritto di difesa ai sensi degli art. 178, lett. c), e 179 c.p.p., considerato che l'ipotesi de qua non rientra tra i casi tassativamente previsti dall'art. 96, comma 4, c.p.p..

È assolutamente erroneo, peraltro, ritenere non indispensabile la presenza del difensore nominato, stante la “natura camerale” del procedimento.

Ciò sia perché, come detto, l'udienza di sorveglianza è a partecipazione necessaria, come peraltro si ricava dalle norme del codice di rito richiamate, e sia in ragione, peraltro, della doverosa applicazione, anche in tali ipotesi, del principio di effettività della difesa che deve essere espletata con precisione ed accuratezza dal difensore nominato (di fiducia o d'ufficio) e non già da un difensore prontamente reperito.

D'altra parte, tali principi non possono essere superati né dalla peculiarità del procedimento di sorveglianza che richiede celerità nell'applicazione del giudicato, né tanto meno nella irrilevanza dell'impedimento professionale in tale procedimento che, tuttavia, sono stati da alcune pronunce presi in considerazione.

In definitiva, dunque, si ritiene che, in tutti i casi in cui l'ordinamento prevede la presenza in udienza del difensore, questi, se legittimamente impedito a comparire, o se sia stato impossibilitato ad essere presente per una causa sopravvenuta a lui non attribuibile e non ingiustificata, abbia diritto a ottenere il differimento dell'udienza, e ciò addirittura anche nelle udienze camerali a partecipazione non necessaria (Cass. pen., sez. I, 22 giugno 2020, n. 20020).

(Fonte: Il Penalista)