Il rinvio pregiudiziale quale mezzo per ridurre il contenzioso tributario
07 Giugno 2021
Il Piano per la ripresa e la resilienza e la riforma della giustizia tributaria
Il Piano per la ripresa e la resilienza (PNRR) prevede, tra le riforme orizzontali, quella del settore Giustizia: l'obiettivo fondamentale è costituito dalla riduzione dei tempi del giudizio, così da riportare il processo italiano a un modello di efficienza e competitività. Vengono affrontati, in primo luogo, i nodi strutturali del processo civile e penale, nonché una revisione dell'organizzazione degli uffici giudiziari. In ambito tributario, si procede ad una sintetica ricognizione dei “vizi” che affliggono il settore: “pesano i numerosi interventi operati negli anni e dettati dall'urgenza del momento che non hanno tenuto pienamente conto della complessità dei meccanismi che compongono il sistema tributario. Si è, anzi, prodotta una sempre più marcata frammentazione della legislazione tributaria, da cui è derivato un sistema fiscale articolato e complesso che ha rappresentato, nel tempo, un freno per gli investimenti, anche dall'estero”.
Il PNRR predispone, quindi, interventi volti a ridurre il contenzioso tributario e i tempi della relativa definizione, in modo da “dare risposta alle debolezze strutturali del Paese ed in tal senso essa [n.d.r., la riforma fiscale] è parte integrante della ripresa che si intende innescare anche grazie alle risorse europee”. Nel Piano, viene sottolineato come il processo fiscale, settore cruciale per l'impatto che può avere sulla fiducia degli operatori economici, risenta fortemente delle criticità legate ai tempi della amministrazione della giustizia. Gli interventi individuati sono quindi rivolti a diminuire il numero di ricorsi in Cassazione, facendoli decidere più speditamente e in modo adeguato.
Come modalità di relativa attuazione, il Piano individua:
Viene, inoltre, ricordato come il Ministro della Giustizia, insieme al Ministro dell'Economia e delle Finanze, abbiano costituito una commissione di studio con il compito di elaborare proposte di interventi organizzativi e normativi per deflazionare e ridurre i tempi di definizione del contenzioso tributario, commissione che si avvale del contributo di qualificati esperti, provenienti da diverse categorie professionali (studiosi, giudici tributari del merito e della Corte di cassazione, componenti del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria).
A tale ultimo riguardo deve rilevarsi che lo scopo della riduzione dei tempi di definizione del contenzioso tributario non sembra tener conto del fatto che, attualmente, nella maggior parte delle 123 Commissioni tributarie i tempi di definizione dei processi di primo e secondo grado non supera i 2 anni. Ciò di cui si ha bisogno è una riforma fiscale organica e complessiva, con la consapevolezza che una forte esigenza, unanimemente avvertita tra gli operatori del diritto che con il processo hanno a che vedere, è soprattutto quella di prevedere strumenti deflattivi del contenzioso, cioè di misure ed accorgimenti tecnici che consentano una selezione delle domande di giustizia, da un lato, al fine di alleggerire il carico di lavoro degli uffici giudiziari, rendendone più efficiente l'attività e, dall'altro, più rapida la soluzione dei giudizi in corso (ivi compresa la fase della cd. legittimità) e dando così, in definitiva, risposta effettiva alla domanda di giustizia. Si auspica, pertanto, che la commissione interministeriale si concentri più sull'aspetto ordinamentale che su quello processuale che, con i dovuti correttivi della fase istruttoria, appare già in grado di assicurare la ragionevole durata del processo di merito.
In questo ultimo senso, un ruolo importante potrebbe avere anche l'introduzione di un Codice Tributario (da non confondere con la riforma tributaria) che, a costo zero, sarebbe capace di apportare vantaggi in termini di semplificazione legislativa e certezza del diritto. Non a caso, si legge nel PNNR che “È auspicabile, a questo proposito, un'opera di raccolta e razionalizzazione della legislazione fiscale in un testo unico, integrato e coordinato con le disposizioni normative speciali, da far a sua volta confluire in un unico Codice tributario. Così si realizzerebbero misure volte a favorire la semplificazione del sistema e l'attuazione della certezza del diritto”.
Un discorso a parte meriterebbe, invece, lo smaltimento dell'arretato della Sezione Tributaria della Cassazione, rispetto al quale - a legislazione invariata - un ruolo importante potrebbe giocare l'inapplicato art. 360-bis c.p.c., con il quale si è provveduto a dar vita al c.d. “filtro in Cassazione”, ovvero ad uno strumento di preventiva verifica sull'ammissibilità dei ricorsi presentati, proprio al fine di snellire l'attività della Corte e di dar vita a criteri più certi di selezione delle questioni rilevanti ed pertanto ammesse al vaglio di legittimità della Corte. Di qui l'importanza di distinguere lo ius constitutionis dallo ius litigatoris, distinzione di per sé capace di ‘restituire' alla Corte di cassazione la sua fondamentale funzione nomofilattica. Il rinvio pregiudiziale in Cassazione
Concentrando l'attenzione sulla previsione del rinvio pregiudiziale in materia tributaria, deve anzitutto notarsi che con la riforma del processo in cassazione è – tra l'altro - prevista l'introduzione dell'art. 362-bis c.p.c. rubricato “Rinvio pregiudiziale”: Fuori dei casi in cui procede in base agli articoli 394 e 400, il giudice di merito può disporre con ordinanza il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte per la risoluzione di una questione di diritto necessaria per la definizione anche parziale della controversia, quando ricorrono le condizioni di cui al secondo comma.
Il rinvio può essere disposto dal giudice quando: 1) la questione di diritto sia nuova o comunque non sia stata già trattata in precedenza dalla Corte; 2) si tratti di una questione esclusivamente di diritto e di particolare rilevanza; 3) presenti particolari difficoltà interpretative; 4) si tratti di questione che, per l'oggetto o per la materia, sia suscettibile di presentarsi o si sia presentata in numerose controversie dinanzi ai giudici di merito.
Il giudice, se ritiene di disporre il rinvio pregiudiziale, assegna alle parti un termine non superiore a quaranta giorni per il deposito di memorie contenenti osservazioni sulla questione di diritto. Con l'ordinanza che formula la questione dispone altresì la sospensione del processo fino alla decisione della Corte.
Il primo Presidente, ricevuta l'ordinanza di rinvio pregiudiziale, con proprio decreto la dichiara inammissibile quando mancano una o più delle condizioni di cui al secondo comma. Se non dichiara l'inammissibilità, il primo presidente dispone la trattazione del rinvio pregiudiziale dinanzi alla sezione semplice o, in caso di questione di particolare importanza, alle sezioni unite, per l'enunciazione del principio di diritto. La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in pubblica udienza. Il provvedimento con il quale la Corte definisce la questione di diritto è vincolante per il giudice nel procedimento nel cui ambito è stato disposto il rinvio. Il provvedimento conserva il suo effetto vincolante anche nel processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda.
La norma è disegnata in funzione del recupero della piena funzionalità dell'incarico attribuito alla Corte di Cassazione dall'art. 65 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario, che prevede che la Corte assicuri “l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni”, evidenziando così la duplice funzione alla stessa attribuita dal nostro ordinamento. La Corte di cassazione, infatti, da un canto, con il curare “l'esatta osservanza della legge”, opera sul caso concreto ad iniziativa delle parti e, d'altro canto, proprio mentre cura l'osservanza della legge nei singoli casi concreti, può assicurare “l'uniforme interpretazione della legge” e “l'unità del diritto nazionale”, ossia assolvere alla suddetta funzione di nomofilachia. Gli effetti sono quindi il controllo degli indirizzi interpretativi espressi dalle pronunce dei giudici di merito, controllo anche diretto alla realizzazione dell'esigenza di certezza del diritto, mediante la diffusione di indirizzi giurisprudenziali il più possibile uniformi e coesi. Una seconda, ma evidentemente connessa, finalità ispiratrice della riforma deve ritenersi quella più propriamente deflattiva del contenzioso seriale.
Poiché al processo tributario si applicano, ove compatibili, le disposizioni del processo civile (cfr. art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992), ne segue che la prevista introduzione dell'art. 362-bis c.p.c. dovrebbe di per sé bastare. Ciò renderebbe prima facie superflua una specifica disposizione (pur auspicata dal PNNR) per il processo tributario che finirebbe per complicare, piuttosto che semplificare, l'operatività di un meccanismo sulla cui utilità è sin da ora lecito dubitare se è vero, com'è vero, che l'analogo sistema previsto dall'art. 420 bis c.p.c. sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi non sembra aver sortito - dall'epoca della sua istituzione (2006) - alcuno degli effetti sperati. La ratio della previsione e i suoi presupposti applicativi
Per comprendere il senso e la portata del rinvio pregiudiziale, bisogna ricordare che, nel sistema attuale, la Corte di cassazione interviene al termine del giudizio e, quindi, a distanza di molti anni dal sorgere del contenzioso su una determinata materia. Ciò, se, da un lato, svaluta la funzione nomofilattica cui si è accennato, dall'altro, non favorisce il sorgere di indirizzi giurisprudenziali coerenti ed univoci con conseguente svilimento dell'esigenza, oggi sempre più avvertita, della prevedibilità della decisione. Al contrario, un'indicazione “nomofilattica” della Corte resa con tempestività, in poco tempo ed in concomitanza alle prime pronunzie della giurisprudenza di merito, può svolgere un ruolo deflattivo significativo, prevenendo la moltiplicazione dei conflitti e con essa la formazione di contrastanti orientamenti territoriali.
L'istituto, sulla scorta, peraltro, di felici esperienze straniere (e segnatamente dell'ordinamento francese che conosce la saisine pour avis della Cour de Cassation con la quale la Suprema Corte ha visto affiancare al proprio tradizionale ruolo di controllo della legittimità delle decisioni di ultimo grado, una funzione consultiva circa l'interpretazione delle disposizioni legislative controverse), denominato “rinvio pregiudiziale in cassazione”, consente al giudice, in presenza di una questione di diritto nuova, che evidenzi una seria difficoltà interpretativa e che appaia probabile che si verrà a porre in numerose controversie, di chiedere alla corte di legittimità l'enunciazione di un principio di diritto.
Lo scopo primario del rinvio pregiudiziale, dunque, sembra doversi individuare nell'esigenza di evitare il rischio della polverizzazione delle decisioni, che nel concreto potrebbe determinare ricadute negative sul piano fattuale in termini di incertezza del diritto, di consequenziale incentivazione del contenzioso e, che potrebbe comportare il pericolo di una ingiustificata disparità di trattamento tra i destinatari delle norme.
L'obiettivo è, quindi, la certezza del diritto sostanziale. Di tali esigenze e finalità è già pienamente cosciente la più giurisprudenza di legittimità laddove si legge infatti che “nel procedimento di accertamento pregiudiziale della validità, efficacia ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali di cui all'art. 420-bis c.p.c., la Corte di legittimità, pur adottando i canoni di ermeneutica negoziale indicati dal codice civile, si muove secondo una metodica peculiare in ragione della portata che assume la sua decisione, destinata a provocare una pronuncia che tende a fare stato in una pluralità di controversie cosiddette “seriali”, non essendo, quindi, vincolata dall'opzione ermeneutica adottata dal giudice di merito, pur se congruamente e logicamente motivata, giacché può autonomamente pervenire, anche tramite la libera ricerca all'interno del contratto collettivo di qualunque clausola ritenuta utile all'interpretazione, ad una diversa decisione sia per quanto attiene alla validità ed efficacia di detto contratto, sia in relazione ad una diversa valutazione del suo contenuto normativo” (Cass. n. 24654/2008).
Il primo requisito cui è legata la facoltà del giudice di merito è quello della “novità” della questione che si pone. In primo luogo, tale presupposto sarà sussistente tutte quelle volte in cui venga in rilievo l'interpretazione di un testo normativo di recente emenazione. Tuttavia, la “novità” deve essere intesa in modo più ampio, quale assenza di precedenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità: in altre parole, lo strumento in esame potrà essere utilizzato anche con riferimento a normative meno recenti che, tuttavia, non siano state esaminate dal giudice della monofilachia. La seconda condizione che legittima il giudice di merito a rimettere gli atti alla Corte di cassazione è individuata nella circostanza che si ponga una questione di puro diritto e di particolare importanza. Ancora, la questione che si pone al giudice del merito deve presentare “gravi difficoltà interpretative”: ciò può essere legato, ad esempio, all'oscurità del testo di legge ovvero alla esistenza di disposizioni contrastanti che regolano la medesima materia, ovvero ancora alle difficoltà di coordinamento della legge nazionale con disposizioni di fonte comunitaria o internazionale.
Infine, il problema interpretativo, a fronte del quale è richiesto l'autorevole intervento della Corte di cassazione, dovrà essere idoneo a manifestarsi in una pluralità di controversie: in altre parole, la questione giuridica dovrà essere, per sua stessa natura, suscettibile di riproporsi negli stessi termini e di essere applicata a fattispecie identiche. In questo modo, la pronunzia della Corte potrà avere - come detto in concomitanza del sorgere di un determinato contenzioso - la portata di un autorevole precedente nel sistema di riferimento e non esaurirsi nella fattispecie singola definita. Il nuovo strumento processuale non è destinato, dunque, ad operare in tutti i casi in cui emerge una qualunque questione di interpretazione della norma tributaria, essendo tale strumento affidato in modo ragionevole al responsabile apprezzamento del giudice, al quale spetta evidentemente di identificare tempestivamente la serietà della questione (v. Corte Cost. ord. 17 luglio 2007, n. 298). Posto che, in tal caso, non si tratta di un mezzo di impugnazione e che, dunque, non sussiste un “obbligo” per la Corte di rendere il principio di diritto richiesto, è previsto un “filtro” affidato al Primo Presidente della Corte di cassazione, il quale potrà, qualora appaiano insussistenti i presupposti di indicati, dichiarare inammissibile la richiesta e restituire gli atti al giudice remittente. Ciò consentirà, soprattutto nel primo periodo successivo all'introduzione nell'ordinamento dell'istituto in esame, di evitare che la Corte di cassazione sia gravata da un carico eccessivo e da remissioni non giustificate dalla novità e dalla complessità delle questioni da parte dei giudici di merito.
Il principio di diritto espresso dalla Corte di cassazione è vincolante nel procedimento nell'ambito del quale è stata rimessa la questione e conserva tale effetto anche ove il giudizio si estingua in relazione al nuovo processo che venga instaurato con la riproposizione della domanda. La vincolatività del principio di diritto espresso è, infatti, conforme alla struttura dei rinvii pregiudiziali già conosciuti dall'ordinamento italiano. Considerazioni finali
In conclusione, è evidente l'obiettivo dell'istituto del rinvio pregiudiziale in cassazione: permettere che la Cassazione affermi celermente, prevenendo un probabile contenzioso su una normativa nuova o sulla quale non si è ancora pronunziata la giurisprudenza di legittimità, una regola ermeneutica chiara, capace di fornire indirizzi per il futuro ai tribunali di merito. La finalità deflattiva è evidentemente apprezzabile, in particolare in presenza di un quadro giuridico nel quale numerosi istituti, nella materia tributaria, sono sottoposti a stress e richiedono rinnovate riflessioni o aggiustamenti. D'altra parte, l'istituto è anche coerente con il ruolo di jus dicere proprio del giudice di legittimità. In questo modo, infatti, la Corte di legittimità assolve compiutamente al proprio compito di sommo organo regolatore, proteso all'armonico sviluppo del diritto nell'ordinamento. Al fondo c'è la convinzione che l'inconveniente, o comunque il disagio, che con lo strumento in esame deriva alla causa instaurata dal contribuente - a causa della necessità di sospendere il giudizio, con probabile dilatazione dei relativi tempi di decisione – viene poi compensato dal valore guida di quel precedente così formatosi, in tutti i futuri giudizi che dovessero in seguito involgere quella medesima norma tributaria.
Si tratta di privilegiare una nomofilachia preventiva su un'area caratterizzata dalla serialità del contenzioso, rispetto alla celerità della singola causa, laddove appunto il giudice è chiamato ad emettere un'ordinanza non definitiva, rinviando ad un successivo momento la definizione della controversia, rispetto alla quale la ragionevole durata del processo deriva dalla brevità dei termini sia per l'affermazione del principio di diritto, sia per la riassunzione del giudizio dopo la decisione della Cassazione. |