L'udienza predibattimentale e il giudizio abbreviato condizionato: dalla Relazione Lattanzi due discutibili novità

07 Giugno 2021

Quando in una riforma si inseriscono elementi di assoluta novità il cortocircuito non può essere escluso, mentre le modifiche di istituti consolidati possono tener conto dell'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale maturatosi nel tempo. Quando si introducono novità strutturali si naviga in mare aperto.È quanto emerge...

1. Quando in una riforma si inseriscono elementi di assoluta novità il cortocircuito non può essere escluso, mentre le modifiche di istituti consolidati possono tener conto dell'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale maturatosi nel tempo. Quando si introducono novità strutturali si naviga in mare aperto.

È quanto emerge, anche se ad una prima lettura, in relazione all'inedita udienza predibattimentale nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica di cui all'art. 6 del d.d.l. AC 2435 come riformulato al punto 2.10. della Relazione Lattanzi.

Ritenendo necessaria la previsione di un filtro all'esercizio dell'azione penale del P.M., da non ricondurre nell'udienza preliminare di cui agli artt. 416 – 433 c.p.p., si prevede una udienza predibattimentale camerale, in contraddittorio, da celebrarsi davanti ad un giudice monocratico dibattimentale. La scelta è motivata da varie ragioni, anche se dal punto di vista dell'accelerazione non è chiaro il vantaggio, fatta salva l'esclusione di integrazioni probatorie, ma non escluse le questioni sulla possibile modifica dell'imputazione.

Il giudice, nel corso dell'udienza, potrà dar corso alla celebrazione dei riti speciali e ad altri provvedimenti deflattivi, non solo a richiesta di parte, ma anche stimolandone le relative valutazioni. L'alternativa è costituita o dalla fissazione dell'udienza davanti a un altro giudice monocratico ovvero dalla pronuncia di una sentenza di non luogo. Troveranno operatività, opportunamente adeguati, gli artt. 426, 427 e 428 c.p.p., nonché la disciplina della revoca della sentenza.

Sono sicuramente tutte da verificare le argomentazioni per le quali la valutazione di questo giudice si lascerebbe apprezzare, rispetto al giudice dell'udienza preliminare, sotto i vari profili - indicati nella Relazione – peraltro a doppio taglio: maggiore idoneità valutativa; adeguato numero di giudici dibattimentali; maggiore disponibilità all'impegno motivazionale.

L'aspetto di maggiore criticità, già evidente nella decisione favorevole all'accusa del “collega”, ancorché non motivata (se non indirettamente), nonché dai complessi sviluppi d'un mancato accordo di una pena patteggiata, è costituito da possibili seguiti processuali connessi alla emissione della sentenza di non luogo (si presuppone con le formule dell'art. 425 c.p.p.).

Ora, è ragionevole pensare – pur non escludendosi ripensamenti del procuratore della repubblica – che a fronte di una decisione negativa rispetto alla prospettazione dell'accusa, ribadita in sede di discussione, e di richiesta di passaggio a dibattimento, la procura della repubblica o la procura generale, propongano ricorso per cassazione (art. 111 Cost.) facendo valere uno fra tutti i motivi dell'art. 606 c.p.p.

Pur non potendosi escludere il rigetto del ricorso, in caso di suo accoglimento il procedimento sarà rinviato, verosimilmente – perché non è escluso il rinvio alla corte d'appello, stante la formazione di cui all'art. 7, n. 1, h-quinquies nella prospettazione della Commissione Lattanzi – ad un nuovo giudice dibattimentale, che dovrà rispettare quanto deciso dal Supremo Collegio, con successive possibili ricadute di questa pronuncia anche sul (terzo) giudice del dibattimento.

Una obiezione è facilmente proponibile, al di là delle possibili statistiche negative, incrementate dalla quantità delle possibili uscite dal percorso che comunque sarebbe proponibile in limine al dibattimento: quale sarebbe la proposta alternativa? La risposta, in larga parte sarebbe connessa alla quantità e qualità delle ipotesi di reato che si vorrebbero aggiungere a quelle di cui all'art. 550 c.p.p.

Si consideri che questo percorso non è l'unico che non prevede l'udienza preliminare: si pensi al giudizio immediato (per tutti i reati), scarsamente filtrato dal GIP e solo su profili formali, nonché ai riti direttissimi, ancorché giustificati con diversi e specifici presupposti.

Si potrebbe fare una riflessione in materia alla luce dell'eliminazione dell'appellabilità per il P.M. delle sentenze di condanna e di proscioglimento. In altre parole, in quali limiti questa significativa riduzione contenuta nella proposta di riforma della richiesta di controllo da parte del p.m. sulla decisione che ha negato la sua prospettazione di condanna, potrebbe incidere in materia. In altri termini, avendo corso il “rischio” d'una decisione negativa, si giustificano maggiormente limiti al controllo sulla decisione non favorevole.

Questa soluzione più tranciante non dovrebbe escludere il mantenimento dell'attuale percorso, con un ridotto e selezionato ampliamento delle competenze del giudizio in composizione monocratica.

2. Riserve, sotto altro profilo, solleva anche la nuova disciplina del rito abbreviato condizionato. Si prevede, infatti, che nell'udienza preliminare possa essere prospettata solo la richiesta di abbreviato c.d. secco, mentre quello condizionato potrà essere proposto solo in limine al dibattimento.

Si prevede, altresì, che il giudice valuti il valore dell'economia processuale in relazione a tempi di svolgimento del processo e che in relazione a questa valutazione la pena applicata dal giudice all'esito della integrazione probatoria possa essere ridotta fino ad un terzo.

Sono diverse le argomentazioni che la Commissione mette a base della scelta.

Dal punto di vista dei tempi va ricordato che l'udienza preliminare dovrà comunque essere celebrata e che sarà pronunciato il rinvio a giudizio.

Si ritiene che rispetto a questo rito condizionato i giudici dell'udienza preliminare evidenziano delle resistenze, mentre, invece, i giudici dibattimentali potrebbero trovare più conveniente concedere il rito de quo in quanto suscettibile di deflazionare il loro lavoro. Peraltro, comunque dovrebbero celebrare il processo (camerale, anche della Corte d'assise?).

Si potrebbe sostenere che in tal modo, per i reati della Corte d'assise si sia aperta nel futuro, magari selettivamente secondo le indicazioni della corte costituzionale, la strada per celebrare i processi abbreviati anche per i reati puniti con l'ergastolo.

Sarà alleggerito anche in questo caso il lavoro del giudice dell'udienza preliminare, come nel caso di reati a citazione diretta, ma saranno impegnati tre giudici dell'organo collegiale, con problemi di tenuta degli organici nei piccoli tribunali.

Che il giudice sia dominus della pena è affermazione scontata ma già indeterminata di per sé (rispetto alla soglia di partenza da abbattere), la pena in questo caso sconta l'ulteriore limite della previsione fino ad un terzo, condizionato dal quantum di economia che si determinerebbe per effetto della richiesta del rito contratto, tutto da quantificare in relazione all'incerto parametro di riferimento (la dimensione della lista testi: materiale oggetto di indagini difensive).

A parte le forti perplessità scientifiche, culturali, di immagine, il dato non trova adeguato correttivo nello “sconto” ulteriore in caso di mancata (espressa deducibile per fatti concludenti) proposizione dell'appello, ritenuto prevedibile al (solo) fine della contestazione della pena e che in questo modo si vorrebbe “anticipare”, in misura determinata (un sesto di quella applicata) probabilmente, ma non è detto, maggiore anche di quella di un favorevole concordato.

Si capisce, però, che in questo modo il processo rischia di confondersi con realtà ad esso estranee.

Forse la soluzione più adeguata resta quella di definire meglio i presupposti per l'udienza preliminare, calibrati e proiettati sul canone effettivo di economia processuale.

Peraltro, secondo la logica del bilanciamento dei vantaggi e degli svantaggi, fra i quali il dato della collegialità se effettivo non va sottovalutato, l'alternativa sarebbe solo quella di rendere certo e non variabile l'abbattimento premiale.

3. In entrambe le situazioni si trasferiscono al dibattimento, in un caso nell'udienza predibattimentale, nell'altro direttamente a dibattimento, situazioni prima collocate nell'udienza preliminare, nella speranza che questi due passaggi possano discrostare lo stallo che si verifica nella fase del giudizio, soprattutto in quella di avvio, che comunque dovrebbe essere alleggerita anche dalla nuova regola di giudizio, che dovrebbe tuttavia semplificare – ne sono note le ragioni – la pronuncia di decisioni di non luogo, che potrebbero essere favorite da motivazioni abbreviate e da limiti ai ricorsi in Cassazione da parte dei pubblici ministeri.

In altre parole, scommesse molto problematiche e dall'esito incerto, tutte da verificare, che tuttavia potranno giovarsi dei ridefiniti e circoscritti – ma contestati - accessi all'appello e a un dibattimento che resta nei suoi profili processuali e di garanzia quello attuale.