Pena pecuniaria

Lisa Remia
Lisa Remia
18 Giugno 2021

L'apertura dell'ordinamento alla nuova concezione della responsabilità civile con «funzione sanzionatoria-punitiva» ha messo in crisi la tradizionale formula operante nel mondo giuridico secondo cui il diritto penale coincide con la pena, mentre il diritto civile con il risarcimento del danno. A conferma di ciò, è possibile rinvenire nella disciplina codicistica e nella legislazione speciale una serie di norme che prevedono l'irrogazione di vere e proprie pene pecuniarie.
Considerazioni iniziali sulla natura polifunzionale della responsabilità civile e il riconoscimento dell'ammissibilità in Italia della categoria dei danni punitivi

Il recente orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione in tema di ammissibilità nell'ordinamento italiano delle sentenze straniere di condanna ai c.d. «punitive damages» ha riconosciuto alla responsabilità civile non soltanto una «funzione compensativo - riparatoria», ma anche una «funzione preventiva di deterrenza ed una sanzionatoria - punitiva». Pertanto, il compito assegnato alla responsabilità civile non è più solo quello di ristorare un danno, ma anche quello di sanzionare l'autore dello stesso.

La Cassazione, discostandosi dal precedente orientamento, ha attribuito quindi alla tutela risarcitoria una specifica finalità punitiva, essendo divenuta quest'ultima una finalità non più «incompatibile» con i principi cardine dell'attuale sistema giuridico, vista la recente introduzione nel codice di rito di una serie di disposizioni configuranti un'inedita funzione sanzionatoria del risarcimento del danno. Conformemente a quanto affermato, si può citare Cass. civ., sez. un., 5 luglio 2017, n. 16601.

A tal proposito, è bene rammentare che una delle principali argomentazioni utilizzate dalla Suprema Corte, con cui era stata negata in passato l'ammissibilità in Italia dei c.d. «risarcimenti punitivi», si fondava proprio sul fatto che alla fattispecie del risarcimento del danno non può essere riconosciuta una funzione punitiva, poiché nel nostro ordinamento non sono ammessi spostamenti patrimoniali privi di una valida giustificazione, restando di conseguenza necessaria la prova di un concreto pregiudizio economico. Conformemente a quanto esposto, si può citare Cass. civ., sez. I, 8 febbraio 2012, n. 1781.

Alla luce della più recente elaborazione giurisprudenziale, tale ultima questione però sembra essere stata parzialmente superata dalla Suprema Corte, la quale, sul punto, ha specificato che ogni condanna risarcitoria munita anche di una finalità punitiva deve essere sempre prevista e regolata da una precisa disposizione legislativa, ciò al fine di scongiurare il verificarsi di condanne meramente discrezionali e ingiustificate.

Per tali motivi è stata riconosciuta l'ammissibilità in Italia dei risarcimenti punitivi derivanti dalla categoria dei c.d. «danni punitivi» tipici dei sistemi di common law (Cass. civ., sez. un., 5 luglio 2017, n. 16601).

Qualificazione della categoria dei risarcimenti punitivi

Il risarcimento punitivo costituisce uno strumento di natura prettamente sanzionatoria, la cui funzione principale è quella di punire i responsabili civili attraverso il pagamento di una determinata somma di denaro a titolo di risarcimento del danno nei confronti del soggetto danneggiato e di far sì che né gli stessi autori dell'illecito né altri trasgressori possano in futuro ripetere il medesimo comportamento pregiudizievole (Cass. civ., sez. un., 5 luglio 2017, n. 16601).

In conclusione, secondo l'opinione dottrinale e giurisprudenziale prevalente la responsabilità civile risulta allo stato attuale caratterizzata da una «natura polifunzionale», comportando in tal senso un significativo avvicinamento del diritto civile al diritto penale sotto il profilo della comune funzione sanzionatoria-punitiva. Conformemente a quanto affermato, si possono citare Passarini, La funzione punitiva nella responsabilità civile: un legame tra diritto civile e diritto penale, in LEXenia.it, 2018, https://www.lexenia.it/, e Castronovo, Responsabilità civile, Milano, 2018, 863.

La natura e la funzione della pena pecuniaria

La recente «apertura»dell'ordinamento alla nuova concezione della responsabilità civile ha chiaramente messo in crisi la tradizionale formula operante nel mondo giuridico, secondo cui il diritto penale coincide con la pena, mentre il diritto civile con il risarcimento del danno, confermando di fatto la polifunzionalità del diritto civile (così: Passarini, op.cit., e Castronovo, op.cit., 863).

A conferma di ciò, è possibile rinvenire nella disciplina codicistica e nella legislazione speciale una serie di norme che prevedono l'irrogazione di vere e proprie pene pecuniarie. Queste ultime sono sanzioni di natura punitiva che il giudice può infliggere sia alle parti che ai terzi nei casi espressamente previsti dalla legge, per garantire il corretto svolgimento del processo.

In base all'interesse tutelato attraverso la sanzione punitiva è possibile distinguere nel nostro ordinamento diverse tipologie di pena pecuniaria.

In primo luogo, è necessario analizzare le c.d. «pene private».

L'affermarsi nell'ordinamento giuridico della nuova funzione punitiva della responsabilità civile ha fatto sì che venissero riscoperte, in un certo senso, pene di natura privata appartenenti storicamente a sistemi giuridici primitivi. Con tale espressione oggi si suole indicare una sanzione civile di natura prettamente pecuniaria, prevista espressamente dalla legge e comminata dal giudice nei confronti di un soggetto privato su iniziativa di un altro privato, al quale spetterà un vantaggio di natura economica. Si tratta, in sostanza, di un'ipotesi di sanzione punitiva civile che ha lo scopo di punire l'autore dell'illecito civile e di evitare che in futuro possano ripetersi analoghe condotte pregiudizievoli, fungendo da chiaro deterrente nei confronti degli altri consociati (per approfondimenti: Faone, Le sanzioni civili previste dal D.lgs. n.7/2016 tra responsabilità e danno, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 5, 1 maggio 2017, 1722B e Busnelli, Verso una riscoperta delle pene private?, in Busnelli-Scalfi (a cura di), Le pene private, Milano 1985, 3).

Tale pena è dunque caratterizzata da una natura sanzionatoria ed è prevista dal Legislatore a tutela esclusivamente di interessi privati, perseguendo solo in via indiretta interessi pubblici come il corretto funzionamento del sistema di giustizia (Faone, op.cit., 1722B, Patti, Pena privata (voce), in Digesto (discipline privatistiche), sez. civile, XIII, Torino, 1995, 349 e Nappi, Subcommento all'art. 96 c.p.c., in Consolo (a cura di), Codice di procedura civile, Commentario, Vol. I, Milano, 2018, 1077).

Le pene pecuniarie private, sulla base di tale ricostruzione, si distinguono sia dalla categoria dei punitive damages, previsti dal sistema americano, sia dalle sanzioni di ordine pubblico, previste dall'ordinamento italiano, sebbene tutti e tre tali modelli sanzionatori condividano una finalità punitiva.

Se da un lato, infatti, le pene private si differenziano dai risarcimenti punitivi sotto il profilo dei presupposti, in quanto, a differenza di questi ultimi, prescindono generalmente dall'esistenza di un danno risarcibile, dall'altro, le stesse si distinguono dalle pene pecuniarie a favore dell'Erario sotto il profilo dell'interesse tutelato, dato che queste ultime sono volte principalmente alla tutela di interessi pubblici quali l'effettività e il corretto funzionamento del processo e, proprio per tale motivo, i proventi delle suddette sanzioni sono devoluti direttamente allo Stato.

Da ultimo, le sanzioni in esame vengono ulteriormente distinte dal risarcimento del danno vero e proprio, giacché, mentre quest'ultimo è volto alla riparazione integrale del danno subito, le pene private sono volte esclusivamente a sanzionare pecuniariamente l'autore dell'illecito commesso, svolgendo in tal senso un'efficace funzione preventiva di deterrenza (sul punto: Faone, op.cit., 1722B, Sacconi, La responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c., tra risarcimento punitivo e sanzione di ordine pubblico, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 2, 1 febbraio 2020, 589, Passarini, op.cit., e Bricola, La riscoperta delle “pene private” nell'ottica del penalista, in Foro it., 1985, c. 1).

Le pene pecuniarie nella disciplina codicistica e nella legislazione speciale

Pene private

Pene pecuniarie a favore dell'Erario

La dottrina è solita ricondurre alla categoria delle pene pecuniarie private alcune fattispecie presenti nella disciplina codicistica e nella legislazione speciale tra cui, a titolo meramente esemplificativo, la fattispecie sanzionatoria prevista in materia di responsabilità processuale aggravata da lite temeraria ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c., nonché l'art. 1382 c.c. in materia di clausola penale e la «riparazione pecuniaria» prevista dall'art. 12 della Legge sulla stampa n. 47/1948, solo per citarle alcune (un'elencazione puntuale delle fattispecie in esame è compiuta in Faone, op.cit., 1722B, Passarini, op.cit., e Masieri, Decriminalizzazione e ricorso alla «sanzione pecuniaria civile», in Diritto penale contemporaneo, 2015, 8).

Per quel che concerne, invece, le pene pecuniarie a favore dell'Erario, alcuni autori riconducono a tale gruppo diverse ipotesi previste dal codice di rito tra cui, a titolo di esempio, la fattispecie di cui all'art. 54 c.p.c. in materia di ricusazione del giudice, nonché l'art. 226 c.p.c. in materia di decisione sulla querela di falso ed infine l'art. 255 c.p.c. in materia di mancata comparizione dei testimoni in udienza.

Conformemente a quanto esposto, si possono citare Sacconi, op.cit., 589, e Ghirga, Abuso

del processo e sanzioni, Milano, 2012, 85.

La nuova forma di responsabilità processuale aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c.: pena pecuniaria o risarcimento punitivo?

La responsabilità processuale aggravata da lite temeraria costituisce una speciale forma di responsabilità civile ex art. 2043 c.c., in quanto contempla una categoria particolare di illeciti di natura processuale ed è disciplinata dall'art. 96 c.p.c.

Ai sensi dell'art. 96, comma 1, c.p.c., la parte soccombente nel giudizio di merito che risulta aver agito o resistito in giudizio con mala fede, ossia con la consapevolezza del proprio torto, o con colpa grave, ossia in assenza della normale diligenza o prudenza necessaria per riconoscere l'infondatezza dei propri atti, può essere condannata dal giudice, su istanza dell'altra parte, oltre che al pagamento delle spese, anche al risarcimento dei danni derivanti dal suo comportamento processuale illecito.

Tale particolare fattispecie di illecito si verifica nel momento in cui viene posto in essere dalla parte un abuso dello strumento processuale, ovvero quando la stessa esercita il proprio diritto di agire o resistere in giudizio al di fuori dei suoi limiti tipici, abusando così delle proprie prerogative processuali. In tal caso, la condotta della parte presenta i caratteri di un comportamento illecito (Mandrioli-Carratta, Diritto processuale civile, I, Torino, 2017, 411-412).

In merito all'argomento in esame, è bene rammentare, però, che la l. 69/2009 ha aggiunto un terzo comma all'art. 96 c.p.c., prevedendo di fatto una nuova sanzione a tutela del suddetto illecito processuale.

In particolare, ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c., la parte soccombente può essere condannata dal giudice, in ogni caso e d'ufficio, al pagamento, oltre che delle spese, anche di un'ulteriore somma di denaro equitativamente determinata.

Si tratta, in sostanza, di una forma di «temerarietà attenuata», che consente al giudice di applicare uno strumento di natura sanzionatoria al fine di punire comportamenti processuali abusivi.

La condanna in questione può essere disposta dal giudice d'ufficio e «in ogni caso», nel senso che la nuova sanzione potrà essere comminata dal giudice congiuntamente al risarcimento del danno di cui all'art.96, comma 1, c.p.c., oppure in via autonoma.

Ad ogni modo, sembrerebbe che il legislatore abbia intenzionalmente ricondotto la nuova previsione nell'area della responsabilità civile e, in particolare, in quella della speciale forma della responsabilità processuale aggravata, pertanto per procedere alla condanna devono sussistere i medesimi presupposti richiesti dal primo comma della norma in esame, ovvero l'accertamento della condotta processuale abusiva della parte responsabile e della sua mala fede o colpa grave (così: Mandrioli-Carratta, op.cit., 416 e Nappi, op. cit., 1076-1077). Non è più richiesta, invece, secondo l'orientamento giurisprudenziale più recente, la prova di un concreto pregiudizio economico derivante dalla condotta processuale della controparte (Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2017, n. 21544).

In merito alla controversa questione della natura della fattispecie in esame, è necessario evidenziare che la Corte di cassazione ha già in più occasioni avuto modo di precisare che l'ipotesi di condanna prevista dal 3 comma dell'art. 96 c.p.c., a differenza della condanna risarcitoria contemplata dal primo comma, ha natura sanzionatoria ed officiosa, e ciò significa che l'applicazione dello strumento processuale in oggetto è rimessa esclusivamente alla discrezionalità del giudice, non essendo pertanto necessaria in tale ultima ipotesi una specifica iniziativa di parte. Questa conclusione è stata peraltro confermata anche dalla Corte Costituzionale. Conformemente a quanto esposto, si possono citare le pronunce Cass. civ., sez. VI, 11 febbraio 2014, n. 3003 e Corte cost., 23 giugno 2016, n. 152.

Considerazioni

sulla

qualificazione

dell'istituto

regolato dall'art. 96, comma 3, c.p.c.


Pena pecuniaria

Risarcimento punitivo

La dottrina maggioritaria suole ricondurre il nuovo istituto nell'alveo delle pene pecuniarie private, in quanto l'irrogazione di tale sanzione prescinde di fatto sia dall'esistenza di un concreto pregiudizio economico, sia dalla richiesta di parte.

Sulla base di tale impostazione, dunque, la fattispecie regolata dal 3 comma dell'art. 96 c.p.c. costituisce una sanzione puniva posta a tutela esclusivamente di interessi privati e disposta in favore della parte vittoriosa.

A favore della tesi che identifica la fattispecie in esame come una pena pecuniaria, si esprimono in dottrina, tra gli altri, Nappi, op.cit., 1077 e Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Profili generali, cit., 269; in giurisprudenza, si veda in particolare la pronuncia Cass. civ., sez. I, 8 febbraio 2017, n. 3311

L'elaborazione giurisprudenziale più recente, invece, riconduce il nuovo istituto alla categoria dei danni punitivi. Secondo tale tesi, infatti, la fattispecie in esame rappresenta un'ipotesi tipica di risarcimento punitivo. A differenza della tradizionale forma di risarcimento, però, nel caso di specie il danno che si verifica è in re ipsa, ossia implicito nel comportamento processuale sanzionato e per tale motivo non necessita di una concreta dimostrazione. Tale strumento sanzionatorio è volto all'esclusiva tutela degli interessi del soggetto danneggiato e può essere disposto d'ufficio dal giudice indipendentemente da una preventiva domanda di parte.

A favore della tesi che qualifica la condanna in esame come un'ipotesi tipica di risarcimento punitivo, si vedano in particolare le pronunce Cass. civ., sez. un., 5 luglio 2017, n. 16601 e Cass. civ., sez. IV, 21 febbraio 2018, n. 4136.

A fronte delle osservazioni sinora svolte, è bene precisare, tuttavia, che l'accoglimento dell'una o dell'altra tesi non comporta in realtà rilevanti conseguenze sul piano pratico. A ben vedere, infatti, entrambe le ricostruzioni prevedono un'ipotesi di condanna di natura sanzionatoria che viene in ogni caso collocata nell'alveo della responsabilità civile e, in particolare, in quello della speciale forma della responsabilità aggravata, con la conseguente applicazione della medesima disciplina processuale.

Tra i presupposti essenziali della condanna al risarcimento del danno da lite temeraria vi è, infine, la totale soccombenza della parte che ha commesso l'illecito, la quale dovrà essere condannata dal giudice nella medesima pronuncia anche al pagamento di tutte le spese di lite, e ciò in virtù del principio della soccombenza espressamente sancito dall'art. 91 c.p.c., in base al quale le spese processuali sono poste a carico della parte che risulta soccombente in giudizio.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, è possibile affermare che, se da una parte la responsabilità aggravata ha natura risarcitoria e, per certi versi, come si è visto in precedenza, sanzionatoria, dall'altra la responsabilità per le spese non costituisce nient'altro che una conseguenza diretta dell'applicazione della regola della soccombenza, risultando pertanto priva di qualsiasi carattere sanzionatorio. Si tratta, infatti, di una condanna con funzione indennitaria che non presuppone alcun fatto illecito e che si basa esclusivamente sull'esito finale del giudizio (per un'analisi più approfondita: Mandrioli-Carratta, op.cit., 400 ss. e Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, I, Le tutele (di merito, sommarie ed esecutive) e il rapporto giuridico processuale, Torino, 2019, 641 ss.).

Riferimenti
  • Bricola, La riscoperta delle «pene private» nell'ottica del penalista, in Foro it., 1985, c. 1;
  • Busnelli, Verso una riscoperta delle pene private?, in Busnelli-Scalfi (a cura di), Le pene private, Milano 1985, 3;
  • Castronovo, Responsabilità civile, Milano, 2018, 863;
  • Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, I, Le tutele (di merito, sommarie ed esecutive) e il rapporto giuridico processuale, XII ed., Torino, 2019, 641 ss.;
  • Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Profili generali, II ed., Torino, 2012, 269; Faone, Le sanzioni civili previste dal D.lgs. n.7/2016 tra responsabilità e danno, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 5, 1 maggio 2017, 1722B;
  • Ghirga, Abuso del processo e sanzioni, Milano, 2012, 85;
  • Mandrioli-Carratta, Diritto processuale civile, I, Torino, 2017, 400 ss.;
  • Masieri, Decriminalizzazione e ricorso alla «sanzione pecuniaria civile», in Diritto penale contemporaneo, 2015, 8;
  • Nappi, Subcommento all'art. 96 c.p.c., in Consolo (a cura di), Codice di procedura civile, Commentario, Vol. I, Milano, 2018, 1076 ss.;
  • Passarini, La funzione punitiva nella responsabilità civile: un legame tra diritto civile e diritto penale, in LEXenia.it, 2018, https://www.lexenia.it/;
  • Patti, Pena privata (voce), in Digesto (discipline privatistiche), sez. civile, XIII, Torino, 1995, 349; Sacconi, La responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c., tra risarcimento punitivo e sanzione di ordine pubblico, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 2, 1 febbraio 2020, 589.
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