Tutela della salute, diritto di accesso e legittimazione del Codacons

Tommaso Cocchi
18 Giugno 2021

L'interesse alla tutela della salute è sufficiente a radicare in capo al Codacons il diritto all'ostensione degli atti acquisiti dall'ANAC nel corso di un procedimento istruttorio e afferenti alle verifiche di conformità sulle mascherine oggetto di una fornitura. Non rileva, in senso ostativo all'accesso, il fatto che i dispositivi di protezione individuali non fossero destinati alla commercializzazione, bensì alla distribuzione al personale degli uffici della Protezione Civile.

Il caso. A seguito di una procedura indetta dal Dipartimento di Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l'affidamento di un contratto di fornitura di mascherine “FFP2”, Codacons presentava un esposto all'ANAC sostanzialmente volto a sollecitare una verifica sulla legittimità dell'avvenuta aggiudicazione, nonché sulla congruità della merce fornita.

L'Autorità Anticorruzione, a seguito di verifiche istruttorie archiviava il procedimento.

Conseguentemente, Codacons presentava istanza di accesso documentale ex art. 22 e ss. l.n. 241/90, finalizzata all'ostensione dei documenti: i) relativi all'istruttoria svolta dall'ANAC scaturita nella richiesta di archiviazione sull'esposto presentato dal Codacons; ii) depositati dal Dipartimento della Protezione Civile nelle proprie controdeduzioni; iii) infine dei documenti relativi all'istruttoria che ha portato all'individuazione e scelta dell'impresa aggiudicataria per la fornitura di mascherine.

L'interesse all'accesso, ad avviso di Codacons, riguardava la conoscenza dell'effettivo utilizzo dei fondi pubblici, e di eventuali sprechi di risorse, nonché la tutela della salute come “diritto fondamentale e interesse della collettività”.

L'Autorità negava l'accesso ritenendo che Codacons non fosse legittimata, in quanto portatrice di un interesse terzo ed “estraneo” e che l'istanza fosse caratterizzata da non consentiti fini ispettivi rispetto all'operato della pubblica Amministrazione. Ciò in quanto, i dispositivi di protezione individuali acquistati non erano destinati alla commercializzazione ai consumatori, bensì alla distribuzione agli uffici della Protezione civile regionali. Conseguentemente, aggiungeva l'Autorità, non era possibile individuare alcuna ipotetica lesione degli utenti, che non pagavano un corrispettivo, sulla base di paventate distorsioni nell'affidamento de quo. La determinazione veniva altresì confermata dalla Commissione per l'Accesso dinanzi alla quale Codacons aveva proposto ricorso.

L'associazione proponeva quindi impugnativa ex art. 116 cpa dinanzi al TAR.

La decisione. Il giudice di prime cure ha condiviso le argomentazioni dell'ANAC in riferimento al diniego relativo all'ostensione della documentazione concernente l'istruttoria che ha condotto alla scelta dell'impresa incaricata della fornitura di mascherine.

Al contrario, il Collegio ha ritenuto illegittimo il diniego dell'ANAC rispetto all'ostensione della documentazione sottesa all'archiviazione dell'esposto presentato da Codacons. In proposito il TAR, pur ricordando che non sia sufficiente, al fine di legittimare l'accesso ai sensi della legge n. 241/1990 di una associazione di consumatori, la rappresentazione dell'interesse ad evitare l'inutile dispendio di risorse pubbliche, ha precisato che l'intento di Codacons fosse quello di verificare la corretta certificazione delle mascherine consegnate alla Protezione civile al fine di tutelare la salute di utenti e consumatori.

In ragione di ciò, il Collegio ha ritenuto fondata la richiesta del Codacons, essendo ricollegata all'interesse alla tutela della salute, peraltro espressamente menzionata anche tra i fini statutari dell'ente. Ebbene, secondo il TAR, avendo l'istruttoria dell'ANAC riguardato anche le verifiche di conformità relative all'efficacia protettiva delle mascherine distribuite, la documentazione acquisita avrebbe dovuto essere messa a disposizione del Codacons, il quale ha dimostrato di avere un interesse diretto, concreto e attuale, collegato ai documenti richiesti e relativo alla tutela della salute dell'utenza. Del resto, secondo il TAR non rileva il fatto che i dispositivi di protezione non fossero destinati alla commercializzazione, bensì alla distribuzione al personale degli uffici della Protezione civile, in quanto «l'interesse non è da riferire alla sussistenza di un eventuale danno patrimoniale al consumatore ma alla potenziale lesione del bene “salute” nei confronti dell'utenza, che ben può essere costituita anche dai dipendenti pubblici chiamati a utilizzare i DPI in questione».

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