23 Giugno 2021

Nell'ambito della discrezionalità che gli è riconosciuta, il legislatore ha previsto un particolare requisito di onorabilità per la richiesta del reddito di cittadinanza – la mancata soggezione a misure cautelari personali – che, al pari di qualsiasi altro requisito, deve sussistere non solo al momento della domanda, ma anche per tutta la durata dell'erogazione del beneficio economico...

Nell'ambito della discrezionalità che gli è riconosciuta, il legislatore ha previsto un particolare requisito di onorabilità per la richiesta del reddito di cittadinanza – la mancata soggezione a misure cautelari personali – che, al pari di qualsiasi altro requisito, deve sussistere non solo al momento della domanda, ma anche per tutta la durata dell'erogazione del beneficio economico.

Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 126/2021.

Il beneficiario o il richiedente sono colpiti da una misura cautelare? Il reddito di cittadinanza è sospeso. La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell'art. dell'art. 7-ter, comma 1, d.l. n. 4/2019 (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni), convertito, con modificazioni, con l. n. 26/2019.

La norma censurata dispone la sospensione dell'erogazione del reddito di cittadinanza nei confronti dei beneficiari o dei richiedenti ai quali sia applicata una misura cautelare personale, che siano condannati con sentenza non definitiva per determinati reati ivi previsti, che siano dichiarati latitanti ovvero che si siano sottratti volontariamente all'esecuzione della pena.

Le censure del rimettente. Secondo il giudice a quo la disposizione impugnata sarebbe costituzionalmente illegittima nella parte in cui impone di sospendere l'erogazione del reddito di cittadinanza qualora venga adottata una misura cautelare personale. Il rimettente ravvisa, innanzitutto, una violazione degli artt. 2 e 3 Cost., atteso che, in virtù della sospensione, il beneficiario sarebbe privato di un sostegno economico che potrebbe anche configurarsi come condizione imprescindibile alla sua sopravvivenza, senza che ciò sia ancorato a una ragione giustificatrice diversa da quella squisitamente sanzionatoria e punitiva.

Inoltre, verrebbero lesi gli artt. 1 e 4 Cost., in quanto il reddito di cittadinanza sarebbe finalizzato anche all'inserimento lavorativo e alla formazione privata del beneficiario, obiettivi che verrebbero ingiustificatamente limitati dal provvedimento di sospensione. Vi sarebbe, poi, una violazione degli artt. 29, 30 e 31 Cost., perché il reddito di cittadinanza è riconosciuto in funzione dei redditi familiari e come sostegno all'intero nucleo familiare, la cui tutela sarebbe pregiudicata dalla sospensione del beneficio economico.

Ed ancora, sussisterebbe una lesione degli artt. 27, co. 1 e 2, e 117, comma 1, Cost., quest'ultimo in relazione alla CEDU ed alla Carta dei diritti fondamentali dell'UE, dal momento che la disposizione censurata, da un lato, pregiudicherebbe il principio di personalità della responsabilità penale (poiché il nucleo familiare sarebbe privato del sostentamento in virtù di un fatto eventualmente commesso da un familiare) e, dall'altro lato, violerebbe il principio della presunzione di non colpevolezza, imponendosi la sospensione del reddito di cittadinanza ad un soggetto non condannato nemmeno in via provvisoria.

Reddito di cittadinanza: la Consulta distingue revoca e sospensione. Il reddito di cittadinanza costituisce un particolare beneficio economico, introdotto per la prima volta nell'ordinamento italiano dal d.l. n. 4/2019, al dichiarato fine di operare un riordino del sistema di assistenza sociale ed una generale razionalizzazione dei servizi per l'impiego, con l'obiettivo di una più efficace gestione delle politiche attive per il lavoro. Lo stesso legislatore ha definito il reddito di cittadinanza come una misura fondamentale di politica attiva del lavoro, oltre che di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale.

Il beneficio economico è erogato sulla base di una scala di equivalenza parametrata sui componenti del nucleo familiare. Qualora un componente del nucleo familiare beneficiario si trovi in stato detentivo, sia sottoposto a misura cautelare o sia condannato per taluno dei delitti indicati (ad es., terrorismo ed eversione e di stampo mafioso), il parametro della scala di equivalenza non tiene conto di tali soggetti. Alla condanna definitiva del beneficiario per i ricordati reati consegue la revoca retroattiva del reddito di cittadinanza e l'ulteriore effetto di non poter più richiedere il beneficio prima che siano decorsi dieci anni dalla condanna.

La disciplina in questione prevede, invece, la sospensione del reddito di cittadinanza nei confronti del beneficiario o del richiedente a cui venga applicata una misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, o che sia condannato con sentenza non definitiva per uno dei predetti reati o che sia dichiarato latitante o si sia sottratto volontariamente all'esecuzione della pena.

Il provvedimento di sospensione – che può essere a sua volta revocato dall'autorità giudiziaria che l'ha disposto quando vengano meno le condizioni che l'abbiano determinato – a differenza della revoca, non ha effetto retroattivo.

Il reddito di cittadinanza è “una questione di onore”. Con la disciplina sopra richiamata, il legislatore ha previsto un particolare requisito di onorabilità per la richiesta del reddito di cittadinanza – la mancata soggezione a misure cautelari personali – che, al pari di qualsiasi altro requisito, deve sussistere non solo al momento della domanda, ma anche per tutta la durata dell'erogazione del beneficio economico (così Corte Cost., n. 122/2020). Il provvedimento di sospensione in caso di misure cautelari sopravvenute, quindi, altro non è che la conseguenza del venir meno di un requisito necessario alla concessione del beneficio e rientra, perciò, tra i casi in cui la giurisprudenza costituzionale riconosce la legittimità di sospensione, revoca o decadenza, anche attraverso meccanismi automatici (cfr. Corte Cost. n. 161/2018, n. 276/2016 e n. 2/1999).

Tale circostanza differenzia la predetta misura da altre provvidenze sociali, la cui erogazione si fonda essenzialmente sul solo stato di bisogno, senza prevedere un sistema di rigorosi obblighi e condizionalità. Ciò vale, ad esempio, per la pensione d'inabilità civile o la pensione di cittadinanza: per tali provvidenze, infatti, non è prevista la sospensione nel caso di misure cautelari personali.

Il reddito di cittadinanza, invece, non ha natura meramente assistenziale, proprio perché accompagnato da un percorso formativo e d'inclusione che comporta precisi obblighi, il cui mancato rispetto determina, in varie forme, l'espulsione dal percorso medesimo.

La sospensione del reddito di cittadinanza è in linea con la finalità del reinserimento lavorativo. Il giudice delle leggi ritiene, pertanto, che la sospensione del beneficio non abbia una ragione punitiva e sanzionatoria, ma si colleghi appunto agli obiettivi dell'intervento legislativo. In tal senso, la presenza di più specifiche e severe condizioni per la richiesta e per il mantenimento della provvidenza, oltre a dar corpo al particolare requisito morale sotteso dall'istituto, è anche strumentale all'effettiva realizzazione del percorso d'inserimento lavorativo, che può essere ostacolato o addirittura impedito dalla misura cautelare.

La sospensione in esame, quindi, risulta espressione della discrezionalità attribuita al legislatore (cfr., ex plurimis, Corte Cost. n. 113/2019, n. 222/2018 e n. 194/2017), che può essere discussa, ma non si presenta affetta da quella irrazionalità “manifesta e irrefutabile” che richiederebbe la declaratoria d'illegittimità costituzionale (cfr., recentemente, Corte Cost., n. 122/2020).

La questione di legittimità costituzionale sollevata dal rimettente è, pertanto, non fondata.

Fonte: DirittoeGiustizia

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