Il riparto di competenza in materia di sorveglianza tra giudice ordinario e giudice minorile dopo il d.lgs. n. 121/2018

Leonardo Degl'Innocenti
24 Giugno 2021

La competenza del Tribunale per i minorenni in materia di sorveglianza permane nei confronti del minore condannato ad una pena detentiva fino a quando il medesimo non abbia compiuto venticinque anni di età. I provvedimenti da adottare in tema di sorveglianza successivamente al compimento di tale età sono, invece, di competenza del Magistrato di Sorveglianza e del Tribunale di Sorveglianza ordinari...
Abstract

L'art. 3 d.P.R. n. 448/1988 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), la cui rubrica è intitolata “Competenza”, prevede al comma 1 che il Tribunale per i minorenni è competente per i reati commessi dai minori degli anni diciotto.

Il comma due della predetta norma stabilisce, poi, che il Tribunale per i minorenni e il Magistrato di Sorveglianza per i minorenni esercitano le attribuzioni della magistratura di sorveglianza nei confronti di coloro che hanno commesso il reato quando erano minori degli anni diciotto e che tale competenza cessa al compimento del venticinquesimo anno di età.

La competenza del Tribunale per i minorenni in materia di sorveglianza permane nei confronti del minore condannato ad una pena detentiva fino a quando il medesimo non abbia compiuto venticinque anni di età.

I provvedimenti da adottare in tema di sorveglianza successivamente al compimento di tale età sono, invece, di competenza del Magistrato di Sorveglianza e del Tribunale di Sorveglianza ordinari in quanto il legislatore ha espressamente voluto evitare una perpetuatio iurisdictionis del Tribunale per i minorenni poiché, diversamente opinando, “si perverrebbe ad una ultra attività della competenza del Tribunale per i minorenni senza limiti temporali” (così, Cass. pen., Sez. I, 23 maggio 2006, n. 21849; cfr. nello stesso senso, da ultimo, Cass. pen., Sez. I, 20 febbraio 2020, n. 12340).

La competenza del Tribunale per i minorenni nei procedimenti di esecuzione minorile

Tanto premesso, deve essere ricordato come proprio in forza del principio della perpetuatio iurisdictionis la competenza a provvedere nei procedimenti tanto di esecuzione quanto di sorveglianza si radichi in relazione alla situazione esistente al momento della richiesta, della proposta o dell'instaurazione d'ufficio del procedimento senza che possano assumere rilevanza al riguardo gli eventuali successivi mutamenti di tale situazione.

Da quanto da ultimo esposto consegue che ai fini della determinazione della competenza del Tribunale per i minorenni in materia di sorveglianza rileva l'età del condannato al momento della presentazione della domanda e non al momento in cui il Tribunale adotta la propria decisione (cfr. Cass. pen., Sez. I, 20 febbraio 2020, n. 12340).

Ciò chiarito, occorre ricordare come l'art. 24, comma 1,d.lgs. n. 272/1989 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del citato D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448) stabilisca, nella formulazione risultante a seguito della modifica apportata dall'art. 9, comma 1, d.lgs. n. 121/2018 [Disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all'art. 1, commi 82, 83 e 85, lettera p), della l. n. 103/2017], che “Le misure cautelari, le misure penali di comunità, le altre misure alternative, le sanzioni sostitutive, le pene detentive e le misure di sicurezza, si eseguono secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni anche nei confronti di coloro che nel corso dell'esecuzione abbiano compiuto il diciottesimo ma non il venticinquesimo anno di età, sempre che non ricorrano particolari ragioni di sicurezza valutate dal giudice competente, tenuto conto altresì delle finalità rieducative ovvero quando le predette finalità non risultano in alcun modo perseguibili a causa della mancata adesione al trattamento in atto. L'esecuzione rimane affidata al personale dei servizi minorili”.

Il secondo comma di tale norma prevede, quindi, che le disposizioni del comma 1 si applicano anche quando l'esecuzione ha avuto inizio dopo il compimento del diciottesimo anno di età.

La norma in esame si pone in evidente parallelo con quanto stabilito sul piano processuale dall'art. 3 d.P.R n. 448/1988 laddove sancisce, come già evidenziato, la cessazione della competenza della magistratura minorile al compimento del venticinquesimo anno di età.

Sulla base di tale fondamentale e generale disposizione si articola, dunque, lo statuto dell'esecuzione minorile così come rinnovata e da ultimo stabilita dal d.lgs. n. 121/2018 che, dopo aver richiamato la vigente normativa (tra cui la l. n. 354/1975 - norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà - e il d.P.R. n. 448/1988 con le sue norme attuative), ha introdotto alcuni istituti nuovi, modificato e integrato alcuni istituti già previsti per i maggiorenni rendendoli più armonici e funzionali con le finalità rieducative del minore, stabilito regole procedurali speciali, in particolare quelle inerenti il passaggio del condannato dal regime e dalla giurisdizione minorile al regime ed alla giurisdizione ordinaria per i maggiorenni.

La protrazione delle modalità di esecuzione della pena propria del regime minorile, appunto prevista sino al compimento del venticinquesimo anno di età, è subordinata alle condizioni, sopra meglio specificate, attinenti alla continuità dell'intervento rieducativo o comunque alla possibilità di un suo proficuo avvio, condizioni che devono essere escluse quando è stata riscontrata la mancata adesione al trattamento in atto da parte del condannato ultradiciottenne.

Nel caso da ultimo prospettato ovviamente troveranno attuazione le modalità di esecuzione della pena dettate per i condannati maggiorenni con conseguente trasferimento di istituto penitenziario.

Al mutamento del regime di esecuzione della pena non consegue però, come precisato dalla Corte di Cassazione, un mutamento della competenza che resta radicata in capo alla magistratura di sorveglianza minorile (cfr., in questo senso, Cass. pen., Sez. I, 19 febbraio 2020, n. 16252, la quale ha affermato che la competenza a decidere in ordine alla concessione di misure alternative alla detenzione in favore di detenuto ultradiciottenne che non abbia ancora compiuto venticinque anni di età appartiene al Tribunale per i minorenni in funzione di Ufficio di sorveglianza anche nel caso di mancata adesione, da parte del medesimo, al trattamento in atto poiché l'applicabilità, in tale ipotesi, delle norme per l'esecuzione della pena nei confronti di condannati maggiorenni, prevista dall'art. 24 d.P.R. n. 272/1989 come modificato dall'art. 9, comma 1, d.lgs. n. 121/2018, non comporta una modifica dell'ordinario regime della competenza; cfr., nello stesso senso e più di recente, Cass. pen., Sez. I, 13 novembre 2020, n. 2338).

La Corte di legittimità, dopo avere evidenziato come anche sotto il vigore del regime precedente il permanere della competenza della magistratura di sorveglianza minorile nell'arco di tempo compreso tra i ventuno ed i venticinque anni di età del condannato “si accompagnava” all'applicazione della normativa prevista per i maggiorenni, ha affermato che tale soluzione interpretativa si desume innanzitutto:

- dal ricordato ultimo periodo del primo comma dell'art. 24 d.P.R. n. 272/1989 a tenore del quale l'esecuzione rimane affidata al personale dei servizi minorili “a riprova del mantenimento di una relazione funzionale tra i servizi e il Giudice specializzato che, ordinariamente, se ne avvale, sia sul piano istruttorio, finalizzato alla decisione, sia su quello propriamente esecutivo” (così espressamente Cass. pen., Sez. I, 19 febbraio 2020, n. 16252);

- dalla “stretta correlazione funzionale tra la disciplina della competenza e il principio costituzionale del giudice naturale” (cfr., in termini, Cass. pen., Sez. I, 19 febbraio 2020, n. 16252; cfr., nello stesso senso, Cass. pen., Sez. I, 13 novembre 2020, n. 2338, che evidenzia come detta stretta correlazione non tolleri “deroghe legate a presupposti non rigidamente predefiniti”).

Ha, da ultimo, rilevato la Suprema Corte che “il mantenimento della competenza del giudice specializzato, sia pure rispetto al contesto normativo e penitenziario dei condannati maggiorenni, consente di verificare la permanenza della frattura prodottasi nel percorso trattamentale del soggetto, consentendo al giudice, a fronte del manifestarsi dei chiari segni di una positiva evoluzione della situazione personale del detenuto, di ripristinare il regime ordinario, costituito dall'ordinamento minorile” (così, appunto, Cass. pen., Sez. I, 19 febbraio 2020, n. 16252) ovviamente sino al compimento del venticinquesimo anno di età.

Le osservazioni precedentemente svolte consentono, infine, di affermare che nei confronti di soggetti condannati da minorenni ma giunti ad esecuzione allorché abbiano compiuto venticinque anni di età, il regime di espiazione delle pene detentive (fatte salve le eccezioni introdotte e regolate dal più volte menzionato d.lgs. n. 121/2018) è e rimane esclusivamente quello comunemente stabilito dalla legge in tema di ordinamento penitenziario per i soggetti maggiorenni.

(segue) …e nel caso di cumulo di pene per i reati commessi prima e dopo il raggiungimento della maggiore età

Può ora essere esaminata la novità introdotta dall'art. 10 d,lgs. n. 121/2018 che disciplina l'ipotesi in cui nel corso dell'esecuzione di una pena inflitta per reati commessi da minorenne sopravvenga, sino al compimento di venticinque anni di età, un titolo esecutivo avente ad oggetto una pena inflitta per reati commessi dalla stessa persona dopo il compimento della maggiore età.

Al riguardo occorre distinguere:

a) se ricorrono le condizioni per disporre la sospensione dell'efficacia esecutiva dell'ordine di carcerazione, il Pubblico Ministero presso il Tribunale ordinario procede a norma dell'art. 656, comma 5, c.p.p. (emissione dell'ordine di esecuzione e del contestuale decreto di sospensione) e poi trasmette gli atti al Magistrato di Sorveglianza presso il Tribunale dei minorenni competente per territorio.

A questo punto si possono verificare le seguenti ipotesi:

- se il Giudice ritiene che vi siano le condizioni per la prosecuzione dell'esecuzione secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni, tenuto conto del percorso rieducativo e della gravità dei fatti, ne dispone con ordinanza l'estensione al nuovo titolo;

- altrimenti il Giudice dispone la cessazione della sospensione e restituisce gli atti al Pubblico Ministero presso il Tribunale ordinario per l'ulteriore corso dell'esecuzione.

Ai fini di tale decisione il Giudice deve tenere altresì conto delle ragioni di cui al ricordato art. 24 d.lgs. n. 272/1989 e cioè dovrà verificare la rispondenza dell'esecuzione in corso alle specifiche esigenze dell'esecuzione minorile e l'opportunità di consentirne la continuità anche con riferimento al titolo sopravvenuto.

Avverso tale decisione, alla quale si applica in quanto compatibile il disposto dell'art. 98 d.P.R. n. 230/2020 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà) dettato in tema di prosecuzione o cessazione della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale in casi di sopravvenienza di nuovi titoli di esecuzione, è ammesso reclamo ai sensi dell'art. 69-bis ord. pen. L'esecuzione della pena resta comunque affidata al personale dei servizi minorili;

b) se l'efficacia esecutiva dell'ordine di carcerazione non può invece essere sospesa (vale a dire se la pena non rientra nei limiti di cui all'art. 656, comma 5, c.p.p. o se ricorre una delle cause ostative alla sospensione di cui all'art. 656, comma 9, c.p.p.), il Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale per i minorenni restituisce gli atti al Pubblico Ministero presso il Tribunale ordinario che ha emesso l'ordine di carcerazione “per l'ulteriore corso dell'esecuzione secondo le norme e con le modalità previste per i maggiorenni”.

L'art. 10, comma 5,d.lgs. n. 121/2018 prevede, quale norma di chiusura, che l'esecuzione non possa proseguire secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni qualora il condannato per reati commessi da minorenne abbia fatto ingresso in un Istituto penitenziario, in stato di custodia cautelare od in espiazione di pena, per reati commessi dopo il compimento del diciottesimo anno di età.

Per effetto di tale “meccanismo” si è, pertanto, “ridotto”, ove ricorra il caso descritto nel punto 1), l'ambito di applicazione dell'assetto, interno alla giurisdizione di sorveglianza, delineato dalla costante giurisprudenza di legittimità a tenore della quale in caso di concorso tra pena inflitta per un reato commesso da minorenne e per un reato commesso da maggiorenne sussiste sempre la competenza degli organi della magistratura ordinaria con conseguente applicazione della disciplina dettata per i condannati maggiorenni (cfr., tra le tante, Cass. pen., Sez. I, 20 giugno 2012, n. 26156, secondo cui “compete al magistrato di sorveglianza ordinario, e non al magistrato di sorveglianza per i minorenni, la decisione sull'istanza di detenzione domiciliare proposta dal condannato che debba espiare una pena cumulata per delitti commessi in età minore e per delitti commessi dopo il raggiungimento della maggiore età, non rilevando la mancanza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti da parte del pubblico ministero presso il Tribunale ordinario; nello stesso senso, cfr. Cass. pen., Sez. I, 15 dicembre 2017, n. 7235, a tenore della quale spetta al Tribunale di sorveglianza ordinario e non al Tribunale per i minorenni in funzione di Tribunale di Sorveglianza, la competenza a decidere sull'istanza di detenzione domiciliare proposta dal condannato che debba espiare una pena cumulata per delitti commessi in età minore e per delitti commessi dopo il raggiungimento della maggiore età, a nulla rilevando che il predetto non abbia ancora compiuto i venticinque anni d'età).

La Corte di legittimità ha, infatti, affermato che nell'ipotesi di cumulo di pene concorrenti per reati commessi dal condannato prima e dopo il raggiungimento della maggiore età qualora il Magistrato di Sorveglianza presso il Tribunale per i minorenni abbia disposto, ex art. 10, comma1, d.lgs. n. 121/2018 l'estensione dell'esecuzione minorile al titolo esecutivo relativo al reato commesso da maggiorenne allo stesso spetta, ovviamente sino al compimento del venticinquesimo anno di età, l'esercizio delle funzioni di sorveglianza (così Cass. pen., Sez. I, 13 novembre 2020, n. 2338).

Osserva al riguardo la Suprema Corte con la sentenza da ultimo citata, richiamando sul punto anche la Relazione illustrativa dello schema del decreto legislativo più volte ricordato, che “lo scopo perseguito in occasione della riforma appare - in definitiva - quello di consentire, a fronte del concorso di titoli, comprendenti fatti commessi dopo la maggiore età, la prosecuzione, ancorché subordinata a condizioni e cautele, dell'esecuzione già intrapresa a carico del condannato minorenne, in modo da evitare il più possibile che venga compromesso lo speciale percorso di reinserimento a lui dedicato”.

L'estensione della disciplina dettata dall'ordinamento minorile al nuovo titolo comporta il mantenimento della giurisdizione specializzata “per l'ontologico legame che intercorre tra l'applicazione del primo e l'esercizio della seconda e per la stretta relazione funzionale tra i servizi minorili dell'Amministrazione e il giudice omonimo che, ordinariamente, se ne avvale, sia sul piano istruttorio, finalizzato alla decisione, sia su quello più propriamente esecutivo”.

La più volte menzionata sentenza osserva poi che:

- la conclusione raggiunta in forza della nuova normativa in tema di riparto di competenza in materia di sorveglianza tra giudice ordinario e giudice minorile non si pone in rapporto di antitesi con la descritta antecedente giurisprudenza di legittimità ma in continuità con la stessa costituendone una lineare evoluzione;

- una siffatta interpretazione non determina una compromissione di valori costituzionali in quanto, da un lato, la tipizzazione normativa operata dal legislatore in modo più compiuto evita il rischio di una violazione del principio del giudice naturale, dall'altro, “l'adattamento della disciplina di ordinamento penitenziario alle specifiche esigenze dei soggetti minorenni, e dei giovani adulti, cui anche l'ampliata competenza del giudice minorile di sorveglianza appare corrispondere, attua il principio della protezione della gioventù, che trova fondamento nell'ultimo comma dell'art. 31 Cost. (Corte Cost., n. 128/1987 e n. 222/1983), rispondendo all'esigenza di specifica individualizzazione e flessibilità del trattamento che l'evolutività della personalità del minore e la preminenza della funzione rieducativa richiedono (Corte Cost., n. 125/1992)”.

In conclusione

Per concludere, deve essere nuovamente evidenziato come qualora ricorra una delle ipotesi sopra riportate, diverse da quella da ultimo descritta, l'esecuzione della pena prosegue “secondo le norme e con le modalità previste per i maggiorenni” con la conseguenza che il Pubblico Ministero presso il Tribunale ordinario provvederà tempestivamente e senza indugio ad emettere il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti previsto dall'art. 663 c.p.p. ed il Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale per i minorenni si spoglierà, come espressamente stabilito dall'art. 10, comma 4, d.lgs. n. 121/2018, degli atti dovendo le funzioni di sorveglianza essere esercitate dal Magistrato di Sorveglianza e dal Tribunale di Sorveglianza per adulti.

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