Misure cautelari personali, COVID-19, PEC e inammissibilità dell'appello depositato tardivamente
30 Giugno 2021
Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24714/21, depositata il 24 giugno.
Il GIP del Tribunale di Varese rigettava la misura cautelare personale proposta in danno ad un imputato. Il Tribunale di Milano dichiarava inammissibile l'appello ex art. 310 c.p.p. proposto, successivamente, dalla parte pubblica.
La Procura della Repubblica del Tribunale di Varese ricorre in Cassazione lamentandosi del fatto che il ricorso in appello, depositato presso la cancelleria del Tribunale del riesame oltre l'orario di chiusura al pubblico dell'ultimo giorno utile per l'interposizione tempestiva dell'impugnazione, è stato anche inviato tramite PEC all'indirizzo dello stesso organo giudicante. Sottolineando, così, la tempestività del suddetto appello ai sensi dell'art. 24, d.lgs. n. 137/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 176/2020. Il decreto in questione prevede, ai commi 4, 6-bis e 6-quinquies «la possibilità anche per la parte pubblica, di depositare telematicamente le impugnazioni, comprese quelle cautelari, residuando altrimenti l'illegittimità costituzionale delle medesime disposizioni, perché in ritenuto conflitto con gli artt. 3, 32, comma 1 e 111, commi 1 e 2, Cost.. Deposito telematico da ritenersi consentito entro la fine del giorno di scadenza del termine per impugnare, in deroga a quanto previsto in via generale dall'art. 172, comma 6 c.p.p.».
La doglianza, però, non è fondata in quanto la Cassazione ha già avuto modo di affermare a riguardo che «è stata esclusa la possibilità di consentire, in alternativa alle forme ordinarie, il deposito telematico delle impugnazioni, perché il tenore dell'art. 24, comma 4, cit., all'epoca, non conteneva alcuna deroga alle previsioni sia del c.p.p. in tema di modalità del deposito delle impugnazioni, sia del d.l. n. 193/2009, convertito con modificazioni dalla l. n. 24/2010, e sia anche del regolamento delegato adottato con decreto del Ministro della Giustizia n. 44/2011, concernente le regole tecniche per il processo civile e penale telematici» (Cass. n. 32566/2020). Inoltre, in tema di impugnazioni, è stato affermato che «le modalità di presentazione e di spedizione dell'atto, disciplinate dall'art. 583 c.p.p., sono tassative e inderogabili, non ammettendo equipollenti» (Cass. n. 41283/2019, n. 55444/2017). Ed il comma 6 dell'art. 24, d.lgs. n. 137/2020 prevede che «quando il deposito di cui al comma 4 ha ad oggetto un'impugnazione, l'atto in forma di documento informativo è sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale dei sistemi informatici e automatizzati di cui al comma 4 e contiene la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in copia informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all'originale» e «una volta sottoscritto digitalmente, l'atto di impugnazione deve essere trasmesso tramite PEC dall'indirizzo del difensore a quello dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato dal comma 4, con le modalità e nel rispetto delle specifiche tecniche indicate. Previsioni che, se non rispettate, danno luogo ad espresse ipotesi di inammissibilità dell'impugnazione giusta quanto previsto dalle lettere a), c) del comma 6-sexies, ad integrazione della disciplina contenuta nell'art. 591 c.p.p.». La giurisprudenza di legittimità ha rimarcato, inoltre, «la specifica rilevanza dell'accertamento dell'identità di colui che sottoscrive l'atto con particolare riguardo agli atti di impugnazione, sicchè la procedura di deposito dell'atto assume una funzione essenziale, strumentale alla verifica della legittimazione di colui che propone l'impugnazione […]. La paternità è, viceversa, attribuita dalla firma digitale». Firma digitale che, al pari della sottoscrizione del documento cartaceo, consente di riferire l'impugnazione all'autore della stessa.
Per questi motivi, il Collegio rigetta il ricorso.
(Fonte: Diritto e Giustizia) |