Il provvedimento straniero che dichiara l'adozione del minore da parte di coppia omoaffettiva è trascrivibile in Italia
06 Luglio 2021
Massima
Non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell'adozione piena o legittimante, non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare del figlio minore adottivo sia omogenitoriale, ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione. Il caso
Un cittadino italiano naturalizzato negli Stati Uniti e ivi residente chiedeva all'Ufficiale dello Stato civile di un paese lombardo la trascrizione nel registro di stato civile italiano dell'atto di nascita del minore nato a New York, riconosciuto negli U.S.A. quale figlio adottivo suo e del compagno (successivamente sposato) per effetto di un adoption order emesso dalla Surrogate's Court dello Stato di New York del 25/972009, come attestato dal certificato di adozione da cui emergeva che il ricorrente e il compagno erano i genitori adottivi del minore. Dall'adoption order si evinceva, oltre allo status di genitori adottivi del ricorrente e del partner, che l'adozione era stata pronunciata previo consenso dei genitori biologici del minore e dopo un'approfondita indagine di un'agenzia pubblica equiparabile ai servizi sociali italiani. L'ufficiale di stato civile rifiutava la trascrizione ritenendolo un caso di adozione internazionale e quindi di competenza del Tribunale per i Minorenni. Il genitore cittadino italiano adiva quindi la Corte d'Appello di Milano (mentre il partner interveniva successivamente alla proposizione del ricorso in cassazione) ai sensi dell'art. 67 l. n. 218/1995 al fine di ottenere il riconoscimento del provvedimento estero di adozione piena e legittimante del figlio minore. La Corte, ritenendosi competente ex art. 41 comma 1, l. n. 218/1995 secondo cui i provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili ex artt. 64,65,66, l. n. 218/1995, riconosceva lo status adottivo del minore acquisito all'estero in considerazione sia dell'interesse del minore che della non contrarietà del provvedimento ai principi di ordine pubblico internazionale, così disponendo la trascrizione dell'atto nel registro di stato civile italiano. Avverso tale decisione proponeva ricorso per Cassazione il Sindaco del paese lombardo in qualità di Ufficiale del Governo. La prima sezione civile della Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria Cass. n. 29071/2019, rimetteva alle Sezioni Unite come questioni di massima importanza i seguenti quesiti: - se possa costituire espressione di principi fondamentali ed irrinunciabili dell'ordinamento il disfavore dell'ordinamento interno all'adozione legittimante per le coppie dello stesso sesso;- se il giudizio di compatibilità con l'ordine pubblico che l'autorità giudiziaria italiana deve compiere, ai sensi degli artt. 41, 64, 65 e 66 l. n. 218/1995, ai fini del riconoscimento in Italia di un provvedimento giudiziario straniero di adozione cd. legittimante, debba o meno includere la valutazione estera di adottabilità del minore. La questione
Le questioni affrontate sono essenzialmente due: 1) se in caso di richiesta di trascrizione nel registro di stato civile italiano della sentenza straniera di adozione legittimante la competenza sia del Tribunale per i Minorenni, trattandosi di cd. “adozione internazionale”, ovvero della Corte d'Appello trattandosi del riconoscimento in Italia di un provvedimento giudiziario straniero; 2) se contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell'adozione cd. piena. Le soluzioni giuridiche
La prima questione, inerente alla competenza a decidere la questione, è di estrema importanza, poiché inquadrarla come adozione internazionale implicherebbe che il Tribunale per i Minorenni deve verificare il rispetto delle condizioni che la legittimano, ossia quelle previste dall'art. 4 della Convenzione dell'Aja 29 maggio 1993 (adottabilità del minore, superiore interesse del minore all'adozione, libertà del consenso dei soggetti coinvolti e assenza di pagamento o contropartita per la prestazione del consenso), ma soprattutto che «l'adozione non sia contraria ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore interesse del minore» (art. 35, comma 3, l. n. 184/1983). Considerato che in Italia l'accesso all'adozione piena e alla genitorialità in senso lato è consentito nell'attuale momento storico solo alla coppia eterosessuale, la richiesta di trascrizione, nel caso di specie avanzata da coppia dello stesso sesso, sarebbe stata quindi necessariamente respinta. La Cassazione esclude la competenza del Tribunale per i Minorenni sul presupposto che nella specie il solo ricorrente fosse cittadino italiano e statunitense per naturalizzazione e che entrambi i partner risiedessero negli Stati Uniti, sicchè difettavano le condizioni soggettive di applicabilità del regime giuridico dell'adozione internazionale, che è limitata alle ipotesi in cui i richiedenti risiedano entrambi in Italia o siano cittadini italiani residenti all'estero (art. 29- bis, comma 1 e 2 co. l. n. 184/1983). La competenza è altresì esclusa in virtù dell'art. 36, comma 4, l. n. 184/1983 che prevede la cittadinanza italiana per entrambi i richiedenti. Le Sezioni Unite ritengono invece che la controversia originata dal rifiuto di trascrizione del provvedimento giurisdizionale estero di costituzione dello status filiationis sia assoggettata al procedimento disciplinato dall'art. 67 l. n. 218/1995, con la conseguente competenza in unico grado da attribuire alla Corte d'Appello. A norma dell'art 64 l. n. 218/1995 la sentenza straniera è riconoscibile in Italia se le sue disposizioni non producono effetti contrari all'ordine pubblico. Questo è il punto nodale della decisione in commento, ossia se sia o meno compatibile con l'ordine pubblico lo status di genitore adottivo acquisito all'estero da una coppia omogenitoriale. Le Sezioni Unite non prendono a riferimento il concetto di ordine pubblico interno, vale a dire i canoni essenziali cui si ispira l'ordinamento italiano, ovvero le regole fondamentali che definiscono la struttura dei singoli istituti giuridici e che abbiano un impatto concreto contrastante con i princìpi fondanti l'ordinamento giuridico italiano, bensì prendono a parametro l'ordine pubblico internazionale. Invero, è da ritenersi oramai superata la distinzione tra ordine pubblico interno e internazionale. Gli artt. 16, 64 e 65 l. n. 218/1995 fanno riferimento al concetto di ordine pubblico senza qualificarlo, ma dalla loro collocazione sistematica si desume che quello da esse considerato è il limite inerente al funzionamento delle norme d.i.p. (così Cass. civile 6 dicembre 2002, n. 17349 secondo la «quale il concetto di ordine pubblico…non si identifica con il cd. Ordine pubblico interno e cioè con qualsiasi norma imperativa dell'ordinamento civile, bensì' con quello di ordine pubblico internazionale, costituito dai soli principi fondamentali e caratterizzanti l'atteggiamento etico-giuridico dell'ordinamento in un determinato periodo storico», e di recente Cass., sez. un. 5 luglio 2017 n. 11601, richiamato dalla sentenza in commento) Precisato che il sindacato giurisdizionale sulla conformità del provvedimento straniero all'ordine pubblico internazionale, secondo il costante orientamento della Corte di legittimità, non può consistere in un controllo del “contenuto” sul provvedimento da riconoscere, ma esclusivamente sugli “effetti che l'atto è destinato a produrre nel nostro ordinamento”, senza entrare nel merito della conformità o meno della legge straniera con la normativa italiana (così Cass. civ. 18 aprile 2013, n.9483, Cass. civ. 14 agosto 2020 n. 17170), e che la fattispecie in esame è ben diversa rispetto all'ipotesi di status filiationis connesso a pratiche di p.m.a o surrogazione di maternità da parte di coppie omoaffettive (l'adoption order era infatti stato emesso previo consenso dei genitori biologici del minore e di un'indagine svolte secondo le prescrizioni normative della legge interna Social Service Law), le Sezioni Unite delineano il concetto di ordine pubblico internazionale a cui si deve far riferimento per valutare la compatibilità ad esso del provvedimento straniero. Secondo la Corte, per o.p.i. deve intendersi quel coacervo di principi provenienti dal diritto dell'Unione Europea, delle Convenzioni sui diritti della persona cui l'Italia ha presto adesione e con il contributo essenziale della Corte di Giustizia Europea e della Corte EDU, oltre a quelli derivanti dalla Costituzione e dalle leggi ordinarie che ne interpretano i valori (Cass. sez. un. 11601/2017, Cass. sez. un., 8 maggio 2019 n.12193). Si tratta quindi dell'armonizzazione tra valori condivisi dalla comunità internazionale, gli ordinamenti giuridici e il complesso dei valori proveniente dalla Costituzione unitamente alle leggi che ad essa si ispirano. Occorre dunque verificare la compatibilità tra l'attribuzione dello status genitoriale adottivo (effetto del provvedimento straniero da riconoscere) con i limiti non oltrepassabili che la Corte individua nei seguenti principi, tutti strettamente connessi: 1) l'autodeterminazione e le scelte relazionali del minore e degli aspiranti genitori; 2) il preminente interesse del minore; 3) il principio di non discriminazione rivolto sia a non determinare ingiustificate disparità di trattamento nello status filiale dei minori con riferimento in particolare al diritto all'identità e al diritto di crescere nel nucleo familiare che meglio garantisca un equilibrato sviluppo psico-fisico e relazionale, sia a non limitare la genitorialità esclusivamente sulla base dell'orientamento sessuale della coppia richiedente; 4) il principio solidaristico che è alla base della genitorialità sociale sulla base della quale la legge interna e il diritto vivente hanno concorso a determinare una pluralità di modelli di genitorialità adottiva, unificati dall'obiettivo di conservare al minore la continuità affettiva e relazionale. La Suprema Corte sottolinea poi che l'ininfluenza dell'orientamento sessuale nelle controversie riguardanti l'affidamento dei minori e la responsabilità genitoriale costituiscono un approdo fermo nella giurisprudenza di legittimità (Cass. civile 31 maggio 2008 n.14007, Cass. civile 11 gennaio 2013 n. 601) così come l'accesso all'adozione in casi particolari delle coppie omoaffettive (Cass. civile 22 giugno 2016 n. 12962), per quanto la conferma più rilevante si trovi espressa nella sentenza delle Sezioni Unite n. 12193/2019 che, pur affermando che è contraria all'ordine pubblico la surrogazione di maternità, «escludono che sia da ricondurre a principio fondamentale dell'ordinamento l'eterosessualità della coppia nella definizione dei limiti al riconoscimento di atti stranieri relativi a status filiali». Conseguentemente l'eterosessualità della coppia non costituisce principio di ordine pubblico internazionale, considerata anche la crescente attenzione a una prospettiva maggiormente inclusiva dei modelli relazionali e familiari che richiedono riconoscimento e tutela, realizzata mediante una interpretazione aperta dell'art. 2 Cost. e dell'art. 8 CEDU. Anche la legge n. 76/2016 con riferimento alle unioni civili ha contribuito a realizzare la condivisione della necessità di un riconoscimento giuridico e di una tendenziale equiparazione al sistema di tutela proprio del matrimonio, e il fatto che il legislatore abbia posto alcune condizioni all'equiparazione nulla toglie al riconoscimento delle unioni omoaffettive quali luoghi in cui si realizzi l'aspirazione alla genitorialità, ma soprattutto non può incidere sulla centralità del preminente interesse del minore nelle decisioni che riguardano il suo diritto all'identità personale e a uno sviluppo individuale e relazionale equilibrato e senza strappi. Conclude quindi la Corte affermando che l'esame della giurisprudenza costituzionale e di legittimità non consente di includere tra i principi di o.p.i. che possono costituire il limite al riconoscimento dell'atto estero di adozione piena, le condizioni di accesso alla genitorialità adottiva legittimante contenute nell'art. 6, l. n. 184/1983 e dell'art. 1, comma 20, l. n. 76/2021, né i divieti di accesso alla p.m.a. Al contrario, esistono principi di derivazione costituzionale e convenzionale che vanno applicati in quanto sovraordinati e preminenti, e collocati tra i diritti inviolabili della persona, tra i quali il preminente interesse del minore nelle determinazioni che incidono sul suo diritto all'identità , alla stabilità affettiva, relazionale e familiare (art. 24 CEDU, art. 3 Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo, l. n. 173/2015 sulla continuità affettiva), e il principio di parità di trattamento di tutti i figli (l. n. 219/2012, d. lgs. n. 154/2013). Considerata la promozione operata dalla giurisprudenza dei regimi giuridici interni d'accesso alla genitorialità sociale (estensione ai singoli dell'adozione in casi particolari, possibilità per le coppie omoaffettive di ricorrere all'adozione ex art. 44 lett. d) l. n. 184/1983), deve ritenersi superata sotto il profilo dei principi d.i.p. la limitazione alla sola coppia coniugata eterosessuale dell'acceso all'adozione legittimante stabilita nell'art. 6 l. n. 184/1983. Così rivisto l'ambito applicativo dell'adozione, il matrimonio previsto nell'art. 29 Cost. non rappresenta oggi l'unico modello per la nascita e la crescita dei figli, e quindi deve escludersi che esso operi come limite al riconoscimento degli effetti di un atto che attribuisce la genitorialità adottiva ad una coppia omoaffettiva, tra l'altro coniugata. Alla luce di tutte le considerazioni su esposte, la Corte afferma il seguente principio di diritto: «Non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell'adozione piena o legittimante, non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare del figlio minore adottivo sia omogenitoriale ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione». Osservazioni
Le Sezioni Unite con la pronuncia in commento sostanzialmente affermano che è indifferente il sesso dei genitori poiché ciò che più rileva è sempre il preminente interesse del minore soprattutto per le decisioni che incidono sulla sua sfera personale e sullo sviluppo del suo Io in termini di identità, stabilità affettiva relazionale e familiare. Il collegamento è immediato con le recenti sentenze della Corte Costituzionale nn. 32 e 33/2021, chiamate ad esprimersi sulla compatibilità del diritto vivente espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza 12193/2019 (ossia l'impossibilità di riconoscere – per contrarietà con l'ordine pubblico- l'efficacia del provvedimento straniero relativo all'inserimento nell'atto di stato civile di un minore procreato con le modalità della maternità surrogata del cd. Genitore intenzionale non biologico) con i diritti del minore. Il focus è sulla tutela del preminente interesse del minore che comprende le garanzie del suo diritto all'identità affettiva, relazionale e sociale fondato sulla stabilità dei rapporti familiari e di cura e del loro riconoscimento giuridico: come proteggere il minore pur a fronte di condotte non lecite? E quale rilevanza può assumere l'orientamento sessuale della coppia sulla valutazione dell'idoneità genitoriale? Secondo la legge attualmente vigente, le coppie dello stesso sesso non possono accedere all'adozione legittimante: alla lacuna legislativa ha cercato di porre rimedio la giurisprudenza di merito e di legittimità, che in svariate occasioni hanno ritenuto irrilevante l'orientamento sessuale dell'istante e la natura della relazione con il partner, così riconoscendo la possibilità di adottare nei modi previsti dall'art. 44 lett d) l. n. 184/1983 il figlio del partner, genitore biologico, in virtù del preminente interesse del minore. È evidente che solo con un intervento legislativo si potrà colmare il vuoto di tutela giuridica. E in tal senso è anche il monito della Corte Costituzionale espresso con le due sentenze di marzo 2021. Il tema, che è di estrema delicatezza ma anche di massima importanza, suscita un ampio dibattito dottrinale e divide l'opinione pubblica. Pur tuttavia non si può rimanere inerti innanzi a situazioni che sono sempre più frequenti, come attesta la cospicua produzione giurisprudenziale (da ultima, Trib. Reggio Emilia decr. 28 aprile 2021: «Nonostante il consenso al riconoscimento fornito dalle madri biologiche, non è conforme alla legge il riconoscimento da parte delle due madri biologiche, stante il vuoto legislativo in materia di riconoscimento di figli nati da due genitori dello stesso sesso a seguito di procreazione mediamente assistita eterologa». Tuttavia, pur annullando il riconoscimento, il Tribunale dichiara, richiamando la sentenza n. 32/2021 della Corte Costituzionale, che «il rapporto di filiazione, inteso come fenomeno fattuale, prescinde da una identificazione normativa e può sorgere e svilupparsi nell'ambito di un'unione civile, o di una stabile convivenza che riproduca la quotidianità della vita familiare, anche indipendentemente dalla esistenza di un riconoscimento da parte del genitore intenzionale») e che riguardano non tanto e non solo il sacrosanto diritto delle coppie omoaffettive ad esplicare pienamente il loro diritto alla genitorialità, ma soprattutto i diritti fondamentali ed insopprimibili dei bambini che da queste relazioni vengono alla luce. Bambini uguali agli altri, con pari diritti, a prescindere dall'orientamento sessuale dei propri genitori. |