Rideterminazione della pena e fatti di lieve entità relativi a droghe “pesanti” e “leggere”: la parola alla Cassazione
22 Luglio 2021
La Corte di Cassazione si è espressa, con specifico riferimento, sui fatti di lieve entità, inerenti le droghe “pesanti” e “leggere”, in seguito all'istanza, da parte di un imputato, della rideterminazione della pena e della declaratoria di illegittimità dichiarata dalla Consulta, con sentenza n. 40/2019.
Il Tribunale di Lagonegro rigettava le istanze di un imputato che aveva chiesto, a seguito della declaratoria di illegittimità dichiarata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 40/2019, la rideterminazione delle pene inflittegli, per il reato di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti (art. 73, commi 1 e 5, d.P.R. n. 309/1990). L'accusato ricorre in Cassazione, deducendo la violazione di legge, in quanto il giudice dell'esecuzione non avrebbe tenuto conto degli effetti della sentenza della Consulta n. 32/2014, la quale avrebbe coinvolto la fattispecie prevista dall'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990.
La doglianza è fondata, in quanto la suddetta sentenza ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, d.l. n. 272/2005 poiché in conflitto con l'art. 77, comma 2, Cost. che «istituisce un nesso di interrelazione funzionale tra decreto legge […] e legge di conversione, la quale rappresenta una legge funzionalizzata e specializzata che non può aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore, anche nel caso di provvedimenti governativi ab origine eterogenei […], ma ammette soltanto disposizioni che siano coerenti con quelle originarie o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico». Ed è per questo che il S.C., con specifico riferimento ai fatti di lieve entità, ha ritenuto che «per quelli inerenti a droghe “pesanti” e “leggere” commessi a partire dal 24 dicembre 2013, la declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 32/2014 non produce alcun effetto; per essi, infatti, trova applicazione l'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 nella formulazione del d.l. n. 146/2013 se commessi fino al 20 marzo 2014, se commessi successivamente trova applicazione l'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 nella formulazione del d.l n. 36/2014» e che «per quelli commessi prima del 23 dicembre, e dunque nella vigenza del d.l. n. 272/2005, come modificato dalla legge di conversione n. 49/2006, non potendo trovare applicazione l'art. 72, comma 5, nella formulazione del d.l n. 272/2005 a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014 ed in diretta applicazione dell'art. 30, comma 3, l. n. 87/1953 (a mente del quale “le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”), deve considerarsi “legge vivente al momento del fatto” l'.art 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 nella formulazione di cui all'originario testo precedente alle modifiche del 2006». Ne consegue che «il giudice dell'esecuzione, investito dalla richiesta del condannato di rideterminazione della pena per fatti commessi nella vigenza della norma dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 31/2014 dovrà provvedervi nei termini chiariti dalla sentenza a sezioni Unite Marcon».
Per questi motivi il S.C. annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Lagonegro per nuovo giudizio.
Fonte: DirittoeGiustizia |