Precisazioni del CdS sul perimetro della motivazione necessaria per procedere all'affidamento in house

26 Luglio 2021

Dopo aver respinto, in quanto ritenuta manifestamente infondata, l'eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 192, comma 2, del Codice posta dall'appellante in relazione all'art. 75 Cost, si afferma che per procedere legittimamente all'affidamento in house di un servizio, con specifico riferimento alla prospettiva economica, l'Amministrazione deve valutarne la convenienza rispetto all'alternativa costituita dal ricorso al mercato, attraverso una comparazione tra dati da svolgersi mettendo a confronto operatori privati operanti nel medesimo territorio, al fine di dimostrare che quello fornito dalla società in house è il più economicamente conveniente ed in grado di garantire la migliore qualità ed efficienza.

Il caso. Una società impugnava la delibera comunale in cui veniva disposto l'affidamento in house providing del servizio di “raccolta, trasporto, e smaltimento rifiuti solidi urbani e assimilati, spazzamento strade e servizi complementari”. Il TAR accoglieva il secondo motivo di ricorso tramite cui la ricorrente aveva dedotto la violazione dell'art. 192, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016 e per l'effetto, annullava gli impugnati provvedimenti respingendo la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto. Il Comune proponeva appello.

La sentenza del Consiglio di Stato. Respinti i dubbi sulla legittimità costituzionale dell'art. 192, comma 2, del Codice dei contratti in relazione all'art. 75 Cost. La IV sezione del Consiglio di Stato coglie l'occasione per effettuare alcune utili precisazioni in merito alla disciplina degli affidamenti in house. Il Comune appellante in primo luogo chiedeva di rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'art. 192 Codice dei contratti, in relazione all'art. 75 Cost., sospendendo a tal fine il giudizio. A tale riguardo, il Collegio, dopo aver ripercorso i punti fondamentali della recente evoluzione (normativa e giurisprudenziale) della disciplina in materia di motivazione del ricorso all'affidamento in house, evidenzia che dalla lettura dell'articolo 192, comma 2, del Codice, a differenza di quanto avvenuto con l'art. 4 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, non sia “ravvisabile alcuna pedissequa riproduzione delle previsioni di cui all'art. 23-bis, in contrasto con la volontà popolare e quindi in violazione dell'art. 75 Cost”.

Nella disciplina vigente infatti non si pone alcuna ipotesi di esclusione automatica dell'affidamento diretto, che determinerebbe una limitazione assoluta della discrezionalità dell'amministrazione, ponendo sulla stazione appaltante esclusivamente un obbligo motivazionale in merito alla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, ai benefici per la collettività di tale forma di gestione ed alle ragioni del mancato ricorso al mercato. A tale ultimo riguardo è quindi “chiara la differenza rispetto al contenuto della motivazione posto dal citato art. 23-bis (e ripresa nel citato art. 4), dal momento in cui con questo veniva richiesta la dimostrazione di “situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato”, così rendendo oltre modo eccezionale l'affidamento diretto e limitandolo, nella sostanza, ai casi di fallimento del mercato”. Diversamente, l'onere motivazionale richiesto dal d.lgs. n. 50 del 2016 per l'affidamento in house, “sebbene di fatto ponga lo stesso in posizione subalterna rispetto allo svolgimento della gara, non presenta un carattere a tal punto stringente, potendo pertanto ritenersi congrua la motivazione con cui si dimostri la convenienza economica dell'affidamento diretto e le ragioni del mancato ricorso al mercato, senza per questo arrivare a dare prova dell'inesistenza di soluzioni alternative”. Viene pertanto ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale posta dall'appellante.

Sull'ambito della motivazione per l'affidamento in house. In relazione al secondo motivo di appello, con cui il Comune lamentava la sufficienza e l'idoneità della motivazione espressa per affidare in house i propri servizi, il Collegio richiama la giurisprudenza amministrativa che ha riconosciuto il carattere subalterno dell'affidamento in house e, con riferimento al contenuto motivazionale, ha in generale escluso di dover circoscrivere l'affidamento diretto ai soli casi in cui, a causa di circostanze eccezionali, sia di fatto precluso un “efficace e utile ricorso al mercato”. Si afferma che l'attuale quadro normativo impone all'Amministrazione che intenda ricorre all'affidamento diretto un onere motivazionale rafforzato, che consenta un “penetrante controllo della scelta effettuata […] anzitutto sul piano dell'efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche”: a) nell'esporre le ragioni di preferenza per l'affidamento in house rispetto al ricorso all'evidenza pubblica in punto di convenienza economica, di efficienza e qualità del servizio, così dando “dimostrazione della ragionevolezza economica della scelta compiuta” ed esplicitando le ragioni dell'esclusione del ricorso al mercato; b) nell'esplicitare i benefici per la collettività derivanti da tale forma di affidamento, in tal modo esplicitando la finalizzazione dell'istituto al perseguimento di obiettivi di carattere latamente sociale, percepibili al di fuori della dimensione meramente organizzativa dell'Amministrazione”.

In particolare, con specifico riferimento alla prospettiva economica, si richiede all'Amministrazione di valutare la convenienza dell'affidamento del servizio secondo lo schema dell'in house rispetto all'alternativa costituita dal ricorso al mercato, attraverso una comparazione tra dati da svolgersi mettendo a confronto operatori privati operanti nel medesimo territorio, al fine di dimostrare che quello fornito dalla società in house è il più economicamente conveniente ed in grado di garantire la migliore qualità ed efficienza. Del resto “una diversa interpretazione dell'art. 192, comma 2, che condurrebbe a richiedere - piuttosto che la prova della ragionevolezza economica della scelta compiuta - la dimostrazione del fallimento del mercato tale da rendere inevitabile il ricorso all'affidamento diretto renderebbe tale norma sostanzialmente riproduttiva della previsione di cui all'art. 23-bis e si rivelerebbe antitetica alla volontà popolare espressa con il referendum del 12 e 13 giugno 2011”.

Nel merito il Collegio condivide le argomentazioni del giudice di primo grado in ordine alla insufficienza della motivazione della scelta per l'affidamento diretto. Nella specie il Comune aveva concentrato (e limitato) le proprie valutazioni utilizzando un campione costituito da imprese private e società in house e, con riferimento ai costi di produzione, prendendo come benchmark altre due società in house operanti nella provincia. La motivazione addotta dall'ente, ad avviso del Collegio, tuttavia non soddisfa i requisiti richiesti dall'art. 192, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, “atteso che si omette di esplicitare, attraverso un'analisi economica approfondita basata su dati oggettivi e non elusiva del disposto normativo, le ragioni di preferenza per l'affidamento in house rispetto al ricorso all'evidenza pubblica in punto di convenienza economica, di efficienza e qualità del servizio”. Il Comune si era infatti limitato, “con affermazioni per lo più generiche e riferibili allo schema dell'in house in generale, ad evidenziare i vantaggi dell'affidamento alla società SAT, senza procedere, sviluppando in termini concreti un'indagine quali-quantitativa, ad esplicitare le ragioni della preferibilità di esso rispetto al ricorso al mercato”.