Renato Savoia
26 Luglio 2021

La Corte Costituzionale ha confermato la legittimità costituzionale della Legge Vassalli sulla responsabilità civile dei magistrati, ove prevede l'obbligo per il Tribunale investito dell'azione di risarcimento dei danni di trasmettere immediatamente gli atti al procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con alcuni distinguo.

La Corte Costituzionale ha confermato la legittimità costituzionale della Legge Vassalli sulla responsabilità civile dei magistrati, ove prevede l'obbligo per il Tribunale investito dell'azione di risarcimento dei danni di trasmettere immediatamente gli atti al procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con alcuni distinguo.

Il caso. Il giudice istruttore del Tribunale di Salerno, con due ordinanze di analogo tenore rispettivamente del 29 giugno e del 13 agosto 2020, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, l. n. 117/1988, come modificato dall'art. 6, comma 1, l. n. 18/2015, nella parte in cui, secondo l'interpretazione della disposizione normativa data dal giudice, imporrebbe al Tribunale investito dell'azione di risarcimento dei danni nei confronti dello Stato per la responsabilità dei magistrati di trasmettere immediatamente, per il solo fatto della proposizione della domanda giudiziale, sempre e comunque, gli atti del procedimento al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, determinando conseguentemente l'obbligo per quest'ultimo di esercitare l'azione disciplinare per i fatti descritti nella domanda risarcitoria.

Secondo la tesi del giudice rimettente, la norma censurata violerebbe l'art. 3 Cost., per contrasto con il principio di ragionevolezza nonché gli artt. 101, comma 2 e 104, comma 1, in quanto l'obbligo censurato si tradurrebbe in uno strumento utilizzabile per influenzare le decisioni del magistrato e turbarne la serenità.

Il diritto. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 169, depositata il 23 luglio 2021, ha dichiarato non fondate (“insussistenti”) le questioni di legittimità costituzionale sollevate.

In particolare, ha ritenuto errato il presupposto, viceversa pacifico per il rimettente, secondo cui il Procuratore Generale sarebbe tenuto immancabilmente ad esercitare l'azione disciplinare non appena avesse notizia della pendenza di un giudizio risarcitorio.

Tale interpretazione dell'art. 9, comma 1, l. n. 117/1988 (che nell'attuale formulazione, ovvero dopo la modifica intervenuta a seguito della l. n. 18/2015, art. 6, comma 1, recita: «il procuratore generale presso la Corte di cassazione per i magistrati ordinari o il titolare dell'azione disciplinare negli altri casi devono esercitare l'azione disciplinare nei confronti del magistrato per i fatti che hanno dato causa all'azione di risarcimento, salvo che non sia stata già proposta») secondo la Consulta deve escludersi, sulla base di una interpretazione sistematica che tenga conto della riforma di cui l. n. 18/2015.

Tale riforma ha abrogato integralmente l'art. 5 della Legge Vassalli, eliminando cioè il filtro di ammissibilità dell'azione risarcitoria che va dunque trattata e istruita a prescindere da qualsiasi vaglio preliminare circa il rispetto dei termini e la sussistenza dei presupposti di cui agli artt. 2, 3 e 4 della medesima legge nonché in ordine alla sua non manifesta infondatezza.

Già prima tale riforma, peraltro si era ritenuto necessario coordinare la previsionedell'obbligo di esercizio dell'azione disciplinare alla dichiarazione di ammissibilità della domanda risarcitoria con il nuovo assetto della responsabilità disciplinare dei magistrati introdotto dal d. lgs. n. 109/2006, giungendo alla conclusione per cui il fatto che fosse stato superato il filtro di ammissibilità non imponeva perciò solo di avviare l'azione disciplinare, in difetto di una condotta classificabile nel catalogo degli illeciti stabilito dal predetto decreto legislativo.

Tale orientamento, secondo le parole della Corte Costituzionale «appare a maggior ragione giustificato dopo la caduta del filtro di ammissibilità, conseguente alla l. n. 18/2015».

Infatti, che è la l.n. 117/1988 a dovrà essere armonizzata con l'assetto del d.l. n. 109/2006, da un lato il promovimento dell'azione disciplinare richiede in ogni caso l'acquisizione di notizia circostanziata di dato fatto riconducibile ad una delle ipotesi tipiche previste dalla legge, non potendosi fondare sulla semplice notizia della pendenza di una causa risarcitoria che, di per sé, non è sostenibile in alcuna fattispecie, e dall'altro, anche ove la domanda risarcitoria presenti le caratteristiche di notizia circostanziata di illecito disciplinare ciò non esclude la necessità di svolgere accertamenti predisciplinari, volti a verificare che quella notizia abbia una qualche consistenza e, altresì, non attenga ad un fatto di scarsa rilevanza ex art. 3-bis del d.l n. 109/2006.

Una volta escluso l'automatismo di avvio dell'esercizio dell'azione disciplinare a seguito della mera proposizione della domanda risarcitoria, come assunto dal rimettente, l'obbligo di trasmissione degli atti alla Procura generale risulta "innocuo" per gli articoli costituzionali asseritamente lesi, dal momento che permane l'esigenza della verifica circa l'effettiva ricorrenza dei presupposti per l'esercizio dell'azione disciplinare e, di conseguenza viene meno il timore che il meccanismo possa essere utilizzato in maniera maliziosa da soggetti interessati ad incidere sull'indipendenza e sulla serenità di giudizio del magistrato.

Fonte: DirittoeGiustizia

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