Sezioni Unite: le condizioni poste dallo Stato richiesto di estradizione suppletiva non possono riflettersi sulla prima consegna

Donato La Muscatella
05 Agosto 2021

Il Massimo Consesso interpretativo interviene su una fattispecie complessa, luogo di interconnessione tra valutazioni governative, connesse all'esercizio della potestà punitiva dello Stato, e di coerenza del sistema processuale domestico, che (abitualmente) mal tollera limiti imposti da ordinamenti stranieri.

Il Massimo Consesso interpretativo interviene su una fattispecie complessa, luogo di interconnessione tra valutazioni governative, connesse all'esercizio della potestà punitiva dello Stato, e di coerenza del sistema processuale domestico, che (abitualmente) mal tollera limiti imposti da ordinamenti stranieri.

Lo fa, occupandosi pure dell'ulteriore consequenziale questione, relativa all'atteggiarsi del cumulo tra pene della stessa specie, una sola delle quali da commutarsi per effetto dell'estradizione. Non è difficile prevedere che questo intervento, benché teso ad armonizzare le esigenze appena descritte, potrà generare ampia discussione, rievocando le mai sopite perplessità dottrinali su struttura e caratteristiche della c.d. pena perpetua (basti pensare alla recente ordinanza con cui la Consulta ha differito la trattazione della quaestio per consentire al Parlamento di affrontare compiutamente la materia; cfr. Corte costituzionale, ordinanza 15/4/2021, n. 97, Pres. Coraggio; Red. Zanon).

Il caso. Il giudizio a quo riguarda un cittadino italiano, condannato per svariati gravi episodi criminali commessi in Italia ed in Spagna, catturato nella penisola iberica dopo lunghe ricerche. Nel 2019, la competente Corte d'Assise, in funzione di Giudice dell'Esecuzione, aveva parzialmente rigettato la sua richiesta di sostituzione in anni trenta di reclusione della pena dell'ergastolo, epilogo sanzionatorio di due decisioni irrevocabili; tali pronunce, in entrambi i casi, avevano concluso processi celebrati in seguito all'estradizione dalla Spagna dell'imputato. Il parziale diniego si fondava, preliminarmente, sull'invocata autonomia della singole procedure – pur se connesse per estensione – e poi sull'assenza, per la prima, di condizioni che subordinassero la consegna dell'estradando ad un giudizio che, in caso di condanna, non si concludesse con la privazione della libertà per tutta la vita. Avverso l'ordinanza esecutiva ricorre per Cassazione il difensore di fiducia dell'interessato, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione e lamentando: in primis, un'implicita apposizione di condizione già sul primo provvedimento di estradizione che, prevedendo la riconsegna del prevenuto, non richiedeva di verificare la (in)compatibilità delle astratte pene irrogabili con il sistema legale dello Stato richiesto e censurando le lacune, in quest'ottica, della giustificazione di merito; in secondo luogo, l'asseritamente indebita scissione del cumulo di pene omogenee, avvenuta in pregiudizio del condannato.

Il ricorso era rimesso alle Sezioni Unite, alla luce del potenziale contrasto interpretativo sull'estensione del termine posto all'altra estradizione. Prima della trattazione del caso, le parti depositavano scritti, ai quali la difesa allegava una successiva ordinanza integrativa dell'Audiencia Nacional con cui, circa vent'anni dopo, si condizionava la consegna, alla circostanza che l'eventuale pena dell'ergastolo comminata «sia soggetta a revisione, in modo che non comporti la privazione della libertà inevitabilmente a vita». Il Collegio – su parere (parzialmente) conforme del Procuratore generale, che aveva insistito in via principale per l'inammissibilità – rigetta il ricorso, condannando la parte al pagamento delle spese processuali. La consistenza della disamina svolta è contenuta a fatica dal dovere di sintesi, richiedendo l'esposizione dei singoli punti indispensabili per spiegare il sillogismo convalidato. Tale ricostruzione – dopo aver dato conto dell'ammissibilità del ricorso, qualificato da un thema decidendum più ampio del precedente – si avvia dalla descrizione delle contrapposte esegesi, che si domandano: «Se la condizione di commutazione della pena dell'ergastolo [...] posta dallo Stato estero richiesto con riferimento a condanna per la quale sia stata concessa la estradizione in estensione, debba operare anche in relazione ad altra condanna alla pena dell'ergastolo, per la cui esecuzione sia stata concessa in precedenza l'estradizione senza l'apposizione della stessa condizione, e che sia stata, assieme alla prima, oggetto di unificazione delle pene [...]».

L'indirizzo più restrittivo. Una prima corrente di pensiero, in virtù proprio dell'autonomia delle distinte richieste – e delle correlate valutazioni dell'Autorità Politica – ritiene di escludere l'efficacia espansiva di condizioni inerenti la mancata applicazione dell'ergastolo espressamente apposte ad una sola delle autorizzazioni concesse (a sostegno di tale impostazione, si cita Cass., Sez. I Pen., 11/10/2016, n. 47935). A contrario, infatti, la giurisdizione si arrogherebbe prerogative proprie di altro potere di uno Stato estero.

L'approccio sostanzialista. Secondo una linea differente, invece, relegare l'esclusione della pena perpetua ai soli casi nei quali trovi espressa menzione nell'ordinanza di estradizione vanificherebbe, di fatto, il requisito di compatibilità delle conseguenze dell'autorizzazione con il prisma delle garanzie che circondano l'imputato nello Stato richiesto e, dunque, dovrebbe divenire operativa con riguardo “alla pena complessiva risultante dall'unificazione dei titoli relativi a fatti anteriori alla consegna, per la cui concessione è stata concessa l'estensione dell'estradizione pur senza la reiterazione della condizione” (milita in questo senso, tra le altre, Cass., Sez. I Pen., 24/1/2019, n. 12655).

Conclusioni. Al termine del proprio scrutinio le Sezioni Unite convengono intorno al principio di diritto per il quale: «La commutazione dell'ergastolo in attuazione di una condizione apposta in un provvedimento di estensione dell'estradizione [...] esplica i suoi effetti soltanto in relazione alla pena oggetto della condizione, nell'ambito della relativa procedura di estensione, senza operare con riguardo ad altra pena dell'ergastolo – oggetto di cumulo con la prima [...]». L'approdo finale è giustificato valorizzando, per un verso, le peculiarità del cumulo giuridico tra ergastoli comminati all'esito di distinti processi di cognizione e, per l'altro, i connotati dell'estradizione suppletiva, introdotta da autonoma domanda che non mutua l'assetto consolidato per la prima procedura. Si tratta di un punto di equilibrio che, pur forte di argomenti dogmatici robusti, si scontra con la diffusa percezione, nella cultura giuridica europea, dell'intollerabilità della pena perpetua, la cui compatibilità convenzionale è già stata più volte messa in dubbio e che non è escluso potrà condurre ad ulteriori verifiche sovranazionali.

Fonte: Diritto e Giustizia

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