È possibile modificare le condizioni patrimoniali, già previste in sede di separazione consensuale dei coniugi, in occasione del successivo ricorso per divorzio congiunto?

Federico Colangeli
06 Agosto 2021

È possibile, in sede di ricorso per il divorzio congiunto tra le parti, modificare le condizioni patrimoniali, originariamente previste con la separazione consensuale e ottenerne il riconoscimento nella successiva sentenza di scioglimento del matrimonio civile o di cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso? Nel caso ciò non fosse possibile, come procedere?

È possibile, in sede di ricorso per il divorzio congiunto tra le parti, modificare le condizioni patrimoniali, originariamente previste con la separazione consensuale dei coniugi ed ottenerne il riconoscimento nella successiva sentenza di scioglimento del matrimonio civile o di cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso? Nel caso ciò non fosse possibile, come si potrebbe pervenire, dal punto di vista giuridico, alla modifica sopra richiesta?

La separazione consensuale è normativamente disciplinata dagli artt. 158 c.c. e 711 c.p.c.

Il comma 2 della prima norma sopra citata fissa un limite all'accordo tra i coniugi, nell'interesse preminente della prole (di età minore o economicamente non autosufficiente, N.d.A.), che il giudice dell'omologazione della predetta intesa deve, in ogni caso, salvaguardare, oltre gli specifici interessi delle parti ricorrenti.

L'u.c. della richiamata norma processuale stabilisce, invece, che: «Le condizioni della separazione consensuale sono modificabili a norma dell'articolo precedente(art. 710 c.p.c.)».

Quest'ultimo articolo codicistico delinea uno strumento processuale che consente, fra i vari aspetti rilevanti, di ottenere la revisione dei precedenti provvedimenti giudiziali, in grado di incidere sui rapporti patrimoniali tra i coniugi.

Su questo particolare punto, la giurisprudenza e la dottrina hanno, tuttavia, chiarito che la modifica delle condizioni patrimoniali in origine pattuite con la separazione consensuale presuppone l'esistenza di nuove e sopravvenute circostanze in fatto e in diritto oppure di circostanze già preesistenti, delle quali, però, le parti non hanno tenuto in debito conto nel precedente giudizio.

Sulla stessa linea del procedimento di cui agli artt. 158 c.c. e 711 c.p.c., il divorzio congiunto, caratterizzato da una condivisa base consensuale dei coniugi già separatisi ed introdotto dall'art. 4, comma 16, l. n. 898/1970, consente ai ricorrenti di regolare i propri rapporti patrimoniali, subordinando, anche in questo caso, tale assetto alla piena corrispondenza con gli interessi dei figli e delegando tale controllo al tribunale adito.

Ciò premesso sotto profilo dell'inquadramento teorico degli istituti processuali in questa sede rilevanti, è necessario ora soffermarsi sulla natura degli accordi presi nella fattispecie esaminata, con riferimento, dapprima, alla procedura della separazione consensuale.

A tal proposito, si rileva che alla moglie viene attribuito e riconosciuto il diritto di esclusiva proprietà dell'abitazione coniugale/familiare, mentre, relativamente a tutti gli altri rapporti economico – patrimoniali tra i coniugi, questi ultimi dichiarano di non aver nulla a pretendere e a regolamentare.

Per contro, in occasione della trattativa per addivenire al divorzio di comune accordo, il marito, fatta comunque salva la proprietà della casa di famiglia in favore della moglie, domanda che quest'ultima gli corrisponda l'importo di € 50.000,00, a titolo parzialmente compensativo delle somme dal predetto elargite in corso di matrimonio per il mutuo e per la ristrutturazione dell'immobile de quo.

In argomento, è opportuno richiamare un autorevole indirizzo giurisprudenziale di legittimità, che configura la separazione consensuale come un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale ed un contenuto eventuale (si veda da ultimo, Cass. civ., sez. I, sent., 19 agosto 2015, n. 16909).

Del primo gruppo fanno parte il consenso reciproco a vivere separati, l'affidamento dei figli, l'assegno di mantenimento e l'assegnazione della casa familiare, nell'altro gruppo, invece, rientrano tutti quegli accordi di contorno, connessi occasionalmente alla separazione e rimessi alla piena autonomia negoziale delle parti.

La Suprema Corte ha assoggettato questi ultimi al principio di efficacia del contratto ex art. 1372 c.c., laddove i patti, ricadenti nel contenuto essenziale della separazione consensuale, possono essere rivisti attraverso gli strumenti processuali di cui all'art. 710 c.p.c. o del ricorso per divorzio giudiziale.

In considerazione di tutto ciò, lo scrivente considera che la nuova pattuizione, oggetto di trattativa in sede di divorzio, potrà essere, di certo, inserita nel relativo ricorso congiunto, poiché non incidente sul contenuto essenziale della separazione consensuale ma sottoposta all'autonomia negoziale delle parti, purché non pregiudizievole del preminente interesse della prole, secondo le disposizioni di legge già menzionate.

In alternativa alla soluzione di cui sopra, i coniugi potranno stipulare un accordo scritto, precedente o contestuale alla presentazione del ricorso ex art. 4, comma 16, l. n. 898/1970.

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