Da terrazza a veranda: per il Consiglio di Stato le opere caratterizzate da temporaneità non richiedono il permesso di costruire

Benedetta Valcastelli
07 Agosto 2021

Con una recente sentenza, il Consiglio di Stato fissa importanti principi in tema di permesso di costruire in relazione a interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia.La controversia trae origine dal ricorso di una società proprietaria di un compendio immobiliare a ridosso dell'arenile demaniale...

Con una recente sentenza, il Consiglio di Stato fissa importanti principi in tema di permesso di costruire in relazione a interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia.

La controversia trae origine dal ricorso di una società proprietaria di un compendio immobiliare a ridosso dell'arenile demaniale, sul quale insiste un ristorante-bar di proprietà di un'altra società e che, secondo le doglianze, sarebbe stato oggetto nel tempo di numerosi abusi edilizi e paesaggistici. In particolare, il proprietario del ristorante-bar aveva realizzato una serie di opere (soprattutto la trasformazione di una terrazza in veranda) in forza di una mera comunicazione di inizio lavori.

In primo grado, il TAR Veneto, Sez. II, 10 gennaio 2017, n. 24, ha escluso che le opere realizzate in forza della comunicazione di inizio lavori possano essere qualificate come un intervento di nuova costruzione in quanto, contrariamente a quanto dedotto dalla società ricorrente, non vi è riscontro dell'esistenza della chiusura con infissi dell'intero perimetro della terrazza, di talché non può dirsi che tali lavori abbiano dato luogo alla realizzazione di un nuovo volume e di nuova superficie.

Avverso tale decisione viene proposto ricorso in secondo grado, con cui la società appellante contesta la ricostruzione del TAR ritenendo che le opere realizzate, non avendo carattere di “temporaneità”, necessitavano di un espresso titolo edilizio.

Secondo l'appellante, infatti, gli abusi contestati si compendiano nella realizzazione di una “nuova e diversa copertura della preesistente terrazza aperta da tre lati, sostituendo la vecchia tenda in p.v.c. con materiali da costruzione stabile e realizzando chiusure per tutta l'altezza sui lati precedentemente aperti - e precisamente i lati est, ovest e sud, verso mare, quando il lato nord era già chiuso perché corrispondente al bar e zona cucina - così ricavando una veranda”.

Secondo l'appellante, questa nuova veranda sarebbe tale da integrare un locale rilevante sotto il profilo edilizio, paesaggistico e volumetrico.

Le opere realizzate, si contesta, sia per consistenza strutturale, per conformazione, che per i materiali impiegati, per le funzione cui sono adibite, per la stabilità e non temporaneità delle esigenze alle quali sono asservite nonché per l'impatto sul contesto paesaggistico tutelato, non potevano essere assentite quali fossero opere edilizie “liberalizzate”, ma necessitavano di un espresso titolo edilizio che, peraltro non sarebbe stato neppure rilasciabile, tenuto conto delle previsioni recate dagli strumenti urbanistico edilizi regolanti le costruzioni nell'area in questione e, ancora meno, per il contesto paesaggistico nel quale esse sono incastonate.

Insomma, secondo l'appellante le opere realizzate costituiscono una vera e propria nuova costruzione, trasformando un terrazzo coperto in una veranda con creazione di nuova cubatura, e pertanto si presentano fortemente modificative rispetto al manufatto preesistente, autorizzato con la concessione edilizia e non assumono, come affermato dal TAR, le caratteristiche delle temporaneità e della precarietà che avrebbero potuto ammetterne la costruzione con mera comunicazione.

Il Consiglio di Stato respinge l'appello, sulla base delle seguenti considerazioni.

L'intervento edilizio per il quale l'appellante pretendeva l'esecuzione solo in seguito al rilascio di apposito titolo edilizio, non essendo a suo dire sufficiente la mera comunicazione (o denuncia di inizio attività non equiparabile a permesso di costruire), è costituito dalla esecuzione di opere interne nell'ambito di un'area terrazzata precedentemente coperta con tenda, il rifacimento della pavimentazione della terrazza esterna, la sostituzione dei parapetti, il rivestimento in pvc della copertura con lastroni rimovibili, l'apposizione di lastre di vetro decorative e di fioriere.

In particolare, per quel che si legge nella comunicazione di inizio lavori si tratta di interventi non stabili, ma di “lastroni rimovibili”, di “parapetti rimovibili” e di “pannelli rimovibili”.

Ciò sulla base di quanto disposto dalla normativa di riferimento e, in particolare: - l'art. 10 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante il testo unico edilizia (nel testo in vigore all'epoca dei fatti), stabilisce che: “1. Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni. (...)”.

Inoltre, l'art. 22, comma 1, del Testo unico edilizia dispone che: “Sono realizzabili mediante la segnalazione certificata di inizio di attività di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente: a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), qualora riguardino le parti strutturali dell'edificio; b) gli interventi di restauro e di risanamento conservativo di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), qualora riguardino le parti strutturali dell'edificio; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), diversi da quelli indicati nell'articolo 10, comma 1, lettera c. (...)”.

Ancora, l'art. 31 d.P.R. 380/2001, commi 1 e 2, dispone quindi che: “1. Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planivolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile”.

Sulla base delle norma indicate nonché dall'esame della documentazione acquisita agli atti ed in ragione dell'esito del sopralluogo effettuato dalla Polizia municipale del Comune, quindi, il Consiglio di Stato evince che le opere in questione, realizzate dalla società appellata, non sono opere realizzate ex novo ma si pongono in continuità con quelle preesistenti e realizzate sulla scorta della concessione edilizia a suo tempo rilasciata e, di conseguenza, ben potevano essere realizzate con la presentazione di una semplice comunicazione di inizio attività.