Sulla dissociazione di un'impresa dalla condotta illecita contestata al suo amministratore

Diego Campugiani
31 Agosto 2021

Il giudizio di una stazione appaltante sulle misure c.d. di self cleaning adottate da un'impresa candidata assume una funzione essenzialmente prospettica, volta a legittimare, anche all'esito della commissione di gravi fatti di reato, alla conservazione dell'impresa all'interno del mercato, affinché l'eventuale temporanea sterilizzazione della sua capacità negoziale nel settore dei contratti pubblici, in ragione del grave errore professionale commesso, non si risolva, di fatto, in una definitiva espulsione dal settore.

Il caso. Il TAR ha accolto il ricorso avverso l'esclusione di un'impresa per pretesa insufficienza delle misure di self cleaning dalla stessa adottate prima della partecipazione alla gara in causa, atteso il coinvolgimento del suo amministratore - alla data non più in carica – nel contestato reato di turbativa d'asta ravvisato in accordi diretti a concordare l'aggiudicazione di lotti di una diversa gara da quella di interesse.

Il provvedimento impugnato aveva opposto all'impesa la necessità che il self cleaning dovesse presentare un triplice profilo: organizzativo, dissociativo e risarcitorio, così da integrare un effettivo c.d. ravvedimento operoso, solo a fronte del quale può ritenersi superata la valutazione di inaffidabilità correlata all'illecito riferibile all'impresa.

Sicché rispetto al profilo dissociativo, la stazione appaltante aveva ritenuto insufficiente che, al momento della presentazione dell'offerta, l'amministratore delegato della società avesse presentato le sue dimissioni e non svolgesse più alcuna funzione nella società, avendo peraltro ceduto integralmente le sue quote già da anni.

L'Amministrazione, aveva rilevato come il Consiglio avesse invitato con “rammarico” l'amministratore a rassegnare le sue dimissioni e che, una volta dimessosi, lo avesse ringraziato all'unanimità per il senso di responsabilità dimostrato.

Per tale ragione l'allontanamento del legale rappresentante era stato ritenuto “un atto adottato dalla società esclusivamente a titolo prudenziale, non dissociativo”, ossia teso “ad impedire che l'illecito professionale accertato a carico della stessa possa ostacolare l'attività aziendale”.

Parimenti, era stata negata valenza dissociativa alla riserva espressa dal Consiglio di amministrazione di proporre un'azione di responsabilità contro l'ex amministratore delegato, nel caso di condanna definitiva.

Inoltre rispetto alle misure organizzative collegate al personale, la stazione appaltante, pur riconoscendo che erano stati prodotti sia il Modello 231, sia il Codice Etico rivisti al fine di scongiurare in futuro condotte illecite degli amministratori, non le aveva ritenute adeguate perché, seppur indicate come comprese nel ravvedimento operoso posto in essere dalla società, non erano state integralmente attiviate.

In aggiunta, secondo la prospettazione dell'Amministrazione, particolare rilievo per sostenere l'inadeguatezza delle misure adottate dall'impresa, doveva assumere la circostanza che l'impresa non si era adoperata per l'eliminazione del danno subito dalla medesima Amministrazione, considerato che l'illecito era stato posto in essere in una procedura per l'affidamento di un contratto di servizio di rilievo per la stessa.

La disponibilità palesata dall'impresa di risarcire il danno una volta “quantificato in via giudiziale o stragiudiziale”, non era stato ritenuto sufficiente perché, secondo tale prospettazione, l'onere di farsi parte diligente senza rinviare il risarcimento ad un “momento futuro, incerto e non pertinente” non poteva integrare quanto previsto in proposito dalla norma.

Il TAR non condividendo la determinazione dell'Amministrazione, ha rilevato nell'esclusione impugnata uno sviamento dell'applicazione dell'art. 80, comma 7, del d.l.vo 2016 n. 50, che in tema di self cleaning, prevede che un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 5, compresa quella relativa alla commissione di un grave errore professionale, “è ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”.

La genesi della disposizione, infatti, va rinvenuta nell'art. 57 della direttiva n. 24/2014, che, al comma 6, prevede che un operatore economico, che si trovi in una delle situazioni che ne giustificherebbero l'esclusione, “può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità”.

Pertanto, le misure in esame “rispondono alla sola finalità di mantenere l'operatore economico sul mercato”, laddove abbia dimostrato di essere nuovamente affidabile come controparte contrattuale, tanto che esse possono assumere rilevanza solo pro futuro, ovvero solo relativamente alle gare indette successivamente alla loro adozione o, comunque, non oltre il termine fissato per la presentazione delle offerte, pena la violazione della par condicio dei concorrenti, sicché è “inimmaginabile un loro effetto retroattivo” (in tal senso, T.A.R. Lazio, sez. II, 7 dicembre 2020, n. 13120, già Consiglio di Stato, Sezione V, n. 2260/2020).

In conclusione, il TAR ha osservato che, al di là delle formule utilizzate e del rammarico rappresentato dal Consiglio di Amministrazione della ricorrente per le dimissioni dell'amministratore, a dover rilevare nella valutazione della stazione appaltante era la circostanza che: i) le dimissioni dell'amministratore erano state sollecitate ed immediatamente ottenute dal Consiglio di Amministrazione; ii) il medesimo organo si era espressamente riservato di avviare un'azione di responsabilità nei confronti dello stesso, per l'ipotesi in cui quest'ultimo dovesse essere riconosciuto responsabile della vicenda addebitatagli; iii) dopo pochi mesi, l'amministratore aveva ceduto la sua quota di partecipazione societaria, così recidendo ogni legame con la società; iv) la formulazione di un giudizio di disvalore sul piano etico o morale, da parte del Consiglio, costituiva un profilo estraneo alla norma, la cui attuazione va accertata sul piano oggettivo (e non soggettivo), in base alle misure organizzative adottate.

Né la rilevanza organizzativa di tali misure poteva essere ritenuta inficiata dal mancato esperimento immediato di un'azione di responsabilità nei confronti dell'ex amministratore che, infatti, avrebbe dovuto essere basata su basi concrete, dovendosi ritenere che il coinvolgimento in un'indagine penale dell'amministratore non rende esigibile l'immediata proposizione dell'azione di responsabilità.

Inoltre, quanto alla piena disponibilità a risarcire il danno subito dall'amministrazione, il TAR ha ritenuto che la normativa di riferimento, interna ed eurounitaria, attribuisce rilevanza espressamente non solo all'effettivo risarcimento, ma anche all'assunzione dell'impegno di risarcire il danno (anche la giurisprudenza ribadisce che l'esclusione può essere scongiurata dall'operatore con il risarcimento del danno o con l'impegno a risarcire il danno; cfr. ex multis T.A.R. Lazio, sez. II, 23 luglio 2018, n. 8288). Sicché nel caso di specie la piena disponibilità ad un risarcimento pronto ed integrale, ribadita dalla ricorrente in sede procedimentale con sollecitazione dell'amministrazione ad una quantificazione e liquidazione stragiudiziale, avrebbe dovuto essere ritenuta pienamente confacente alla previsione normativa.