Anche nelle società di persone la responsabilità degli amministratori ha natura contrattuale
01 Settembre 2021
Massima
La responsabilità degli amministratori sociali per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale, sicché la società (o il curatore, nel caso in cui l'azione sia proposta ex art. 146 l.fall.) è tenuta ad allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri, come pure a provare il danno e il nesso di causalità tra la violazione e il danno, mentre spetta agli amministratori provare, con riferimento agli addebiti contestatigli, l'osservanza dei predetti doveri. Il caso
Una società in nome collettivo conveniva in giudizio il socio amministratore revocato, per ottenere la restituzione di somme ritenute indebitamente sottratte alla società per oltre 700.000,00 euro; questi si difendeva eccependo il fatto che tali somme corrispondevano agli utili maturati nel corso degli anni, nonché ai compensi per l'attività di amministratore svolta a favore delle società. La società replicava producendo in giudizio i bilanci relativi alle ultime tre annualità di riferimento, dai quali non emergevano tali crediti. La domanda di restituzione della s.n.c. veniva accolta sia in primo grado, che in appello. L'amministratore, quindi, ricorreva per Cassazione osservando, tra l'altro, come la pretesa restitutoria della società non potesse giustificarsi attraverso l'esame solo parziale della situazione contabile della società. La mancata emersione dei crediti dagli ultimi tre bilanci, in particolare, non escludeva che i crediti medesimi potessero trovare riscontro nella precedente contabilità. Peraltro – osservava l'amministratore – il socio di s.n.c. ha diritto di percepire la sua parte di utili, dopo l'approvazione del rendiconto, senza che sia a tal fine necessaria una delibera assembleare di approvazione della ripartizione degli utili stessi. Era, inoltre, errato ritenere che spettasse all'amministratore la prova di aver correttamente adempiuto ai propri obblighi e di aver maturato, nel corso degli anni, crediti nei confronti della società in misura corrispondente alle somme di cui si era appropriato. Tale impugnazione non era condivisa dai Giudici di Legittimità, i quali con l'Ordinanza in commento stabilivano che, se è vero che nelle società di persone ildiritto del singolo socio a percepire gli utili è subordinato, ai sensi dell'art. 2262 c.c. , allaapprovazione del rendiconto , è altrettanto vero chegravava sull'amministratore fornire la prova dell'approvazione di rendiconti che dessero ragione del maturarsi di tale diritto (e, in conseguenza, della legittimità dei corrispondenti prelievi).Analoghe considerazioni possono formularsi con riguardo al diritto al compenso, giacché, anche sul punto, era l'odierno ricorrente a dover dimostrare che lo storno attuato trovava giustificazione nell'esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile di pari ammontare. Tale conclusione discende dalla natura contrattuale della responsabilità dell'amministratore sia in presenza di società di capitali, sia con riferimento allesocietà di persone .La questione giuridica
La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se in tema di responsabilità dell'amministratore di società di persone, a fronte di disponibilità patrimoniali pacificamente fuoriuscite dall'attivo della società, questa, nell'agire per il risarcimento del danno nei confronti dell'ex amministratore, possa limitarsi ad allegare l'inadempimento, consistente nella distrazione delle dette risorse. Le soluzioni
Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in disamina. A mente dell'art. 2260 c.c. gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società per l'adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale . Tuttavia la responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa.Si tratta di una responsabilità di natura contrattuale, che investe solidalmente tutti gli amministratori, anche in presenza di un regime di amministrazione disgiuntiva. In caso di pluralità di amministratori, la responsabilità incombe su tutti in modo solidale, con la sola esclusione dell'amministratore che dimostri di essere esente da colpa (art. 2260, comma 2, c.c.) Dovendo coordinare il principio della responsabilità solidale con quello dell'amministrazione disgiuntiva, emerge l'esistenza di un dovere di vigilanza di ogni amministratore. Ne consegue, pertanto, che non sarà sufficiente per l'amministratore addurre a scusante la mera ignoranza del fatto dannoso compiuto da altro amministratore, ma per essere esente da colpa dovrà dimostrare di non aver potuto conoscere, pur usando la normale diligenza. A titolo meramente esemplificativo, nel caso di amministrazione congiuntiva a maggioranza, la prova liberatoria consiste nella dimostrazione del voto contrario, ma non nella mera astensione dal voto. Per ciò che attiene alla legittimazione attiva, secondo parte della giurisprudenza, l'azione di responsabilità può essere esperita solo dai legali rappresentanti della società (v. App. Napoli, n. 1354/2016): ciò comporta la necessità di revocare per giusta causa gli amministratori e di nominare un nuovo amministratore. Secondo altra parte della giurisprudenza, la legittimazione all'esercizio dell'azione di responsabilità ex art. 2260 c.c. è riconosciuta al singolo socio (v. Trib. Novara, 21.04.2010). A norma dell'art 2262 c.c. ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l'approvazione del rendiconto. L'utile è rappresentato dall'effettiva eccedenza che si verifica nel patrimonio sociale rispetto ai conferimenti iniziali e che si determina per effetto della gestione sociale. L'eccedenza del patrimonio sociale rispetto ai conferimenti iniziali (= capitale) deve essere effettiva. Gli utili, infatti, sono soltanto gli incrementi che derivano dall'attività economica della società: non rientrano in tale categoria le donazioni o gli incrementi che derivano da altre fonti, come la svalutazione monetaria. L'utile ripartibile è accertato in sede di rendiconto alla chiusura dell'esercizio. Esso non va riferito, tuttavia, al singolo esercizio concluso, ma comprende l'intero risultato della attività della società, sicché si può parlare di incremento effettivo del patrimonio sociale solo nel caso in cui le eventuali perdite verificatesi nei precedenti esercizi siano colmate. Laddove in un determinato esercizio si siano realizzati degli utili, ma questi vengano assorbiti dalle perdite di esercizi precedenti, verrà meno ogni possibilità di distribuzione degli utili stessi. Nelle società di persone, il socio ha diritto alla percezione degli utili solo se effettivamente conseguiti (v. art. 2303 c.c.), ed è legittimo il comportamento dell'amministratore di una società di persone (in accomandita semplice) che, nella formazione del rendiconto annuale, secondo la disciplina del bilancio delle Spa, procede all'accantonamento di un importo a fronte della concreta possibilità dell'insorgere di un debito risarcitorio della società. Tuttavia anche per la validità della deliberazione di accantonamento degli utili è necessaria l'unanimità. Se il prelievo di somme dalle casse sociali da parte dei soci non trova corrispondenza in utili effettivamente realizzati, si verifica il sorgere del relativo diritto della società alla ripetizione delle somme distribuite (v. Cass. n. 6028/2021). Ciascun socio ha diritto di percepire una parte degli utili effettivamente conseguiti dalla società in seguito all'approvazione del rendiconto da effettuare con il consenso unanime dei soci. Preme sottolineare che il socio può rinunziare a riscuotere quanto di sua spettanza ed è ammissibile un accordo consensuale tra i soci stessi al fine di finanziare ulteriormente l'impresa sociale. Il diritto del socio a percepire gli utili ed a reagire ad una decisione maggioritaria di accantonamento degli stessi è soggetto a prescrizione quinquennale ed ha la natura dicredito di valuta. Ciò comporta che se tale diritto rimane insoddisfatto, esso non comporta automatico adeguamento per effetto della svalutazione monetaria, salvo restando l'eventuale risarcimento del danno. Ciò detto e tornando al caso in premessa, la società in nome collettivo conveniva in giudizio l'amministratore revocato della società, per sentirne dichiarata la responsabilità discendente dall'arbitraria sottrazione dalle casse sociali di circa 700.000,00 euro. Tale domanda era accolta dal Giudice di merito calabrese, sia di primo che di secondo grado. Avverso la sentenza della Corte di Appello calabra era proposto ricorso per Cassazione, non condiviso dal Giudice di Legittimità. Conclusioni
Secondo le Suprema Corte in materia di responsabilità degli amministratori di società (sia di persone, sia di capitali) per compimento di atti di mala gestio, “la responsabilità degli amministratori sociali per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale ”.Tenuto conto di detto principio, la società è tenuta ad “allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri (v. Cass. n. 16952/2016), come pure a provare il danno e il nesso di causalità tra la violazione e il danno.Spetta agli amministratori provare, con riferimento agli addebiti contestatigli, l'osservanza dei predetti doveri” (v. Cass. n. 17441/2016, su cui si veda: Cossu, La responsabilità civile degli amministratori privi di deleghe, in questo portale). Tuttavia, nel grave caso di “disponibilità patrimoniali pacificamente fuoriuscite dall'attivo della società, questa, nell'agire per il risarcimento del danno nei confronti dell'amministratore, può dunque limitarsi ad allegare l'inadempimento, consistente nella distrazione delle dette risorse, mentre compete allo stesso amministratore la prova del suo adempimento, consistente nella destinazione delle attività patrimoniali all'estinzione di debiti sociali (come quelli eventi ad oggetto gli utili di esercizio e i compensi spettantigli) o il loro impiego per lo svolgimento dell'attività sociale”.
(Fonte: Il Societario) |