Tempestività del deposito telematico anche in caso di rifiuto dell'atto da parte della cancelleria

08 Settembre 2021

Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. Diversa è invece la funzione della terza e quarta ricevuta trasmesse via PEC, riguardanti, rispettivamente, l'esito dei controlli automatici e di quelli manuali effettuati dalla cancelleria dell'ufficio giudiziario, controlli da cui non dipende la perfezione dell'effetto giuridico di deposito dell'atto, ma solo il caricamento di esso nel fascicolo telematico e la sua visibilità dalle altre parti del processo.
Massima

Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. Diversa è invece la funzione della terza e quarta ricevuta trasmesse via PEC, riguardanti, rispettivamente, l'esito dei controlli automatici e di quelli manuali effettuati dalla cancelleria dell'ufficio giudiziario, controlli da cui non dipende la perfezione dell'effetto giuridico di deposito dell'atto, ma solo il caricamento di esso nel fascicolo telematico e la sua visibilità dalle altre parti del processo. Ne deriva che l'eventuale esito negativo dei successivi controlli telematici e manuali non fa venir meno tale effetto, ma determina al più la necessità di rinnovare la trasmissione delle buste telematiche contenenti l'atto stesso o i suoi allegati.

Il caso

Il caso scrutinato dalla Corte di Cassazione concerne il ricorso di un cittadino bengalese che proponeva ricorso innanzi al Tribunale di Salerno avverso la decisione della locale Commissione territoriale, che aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale.

Il Tribunale dichiarava inammissibile il ricorso e osservava come l'istante avesse evidenziato di aver proposto tempestivo gravame entro il termine di scadenza (18 aprile 2019) ma di aver ricevuto un rifiuto di accettazione da parte della cancelleria, rifiuto che asseriva essere sorretto da motivazione illegittima e incomprensibile (nello specifico, “depositare presso il tribunale civile").

Il richiedente aveva quindi chiesto di essere rimesso in termini ma l'istanza era stata rigettata in quanto il Giudice rilevava che la documentazione offerta a supporto del ricorso (ovvero la terza e la quarta PEC inviata dalla cancelleria) era stata depositata in formato cartaceo e non in modalità informatica; il ricorrente non aveva provveduto al deposito di tali documenti neppure a seguito della concessione di apposito termine da parte del giudicante.

L'istanza veniva perciò ritenuta sfornita di adeguata e conseguentemente rigettata.

Il ricorso per Cassazione veniva però accolto e il procedimento veniva rinviato al Tribunale di Salerno.

La questione

La questione esaminata dalla Corte di Cassazione è importante perché offre una nuova occasione per riflettere su di un tema assai dibattuto in dottrina e giurisprudenza e cioè quale sia il ruolo delle varie ricevute PEC recapitate all'avvocato ai fini della tempestività del deposito telematico.

Come noto, infatti, ai sensi dell'art. 16-bis, settimo comma, D.L. n. 179/12, convertito in legge n. 221/12, come modificato dall'art. 51, comma 2, lett. a) e b), D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia e il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza.

Sennonché, l'effettivo inserimento dell'atto all'interno del fascicolo informatico è subordinato al regolare ricevimento delle PEC attestanti il superamento dei controlli automatici da parte dell'infrastruttura ministeriale (cosiddetta terza PEC) e l'effettiva accettazione del deposito da parte della cancelleria (cosiddetta quarta PEC).

Oggetto di riflessioni in dottrina e in giurisprudenza è il rapporto tra tali certificazioni e segnatamente cosa succeda in caso di rifiuto del deposito dopo il regolare e tempestivo recapito della ricevuta di avvenuta consegna.

Invero, laddove si consideri il flusso informativo a valle della seconda PEC come necessaria conferma dell'esito del deposito preannunciato dalla ricevuta di consegna si deve propendere per una fattispecie “a formazione progressiva” in cui il deposito telematico può definirsi perfetto e regolare solo dopo il positivo ricevimento della terza e quarta PEC.

Laddove, invece, si consideri tale flusso come meramente funzionale all'inserimento del deposito all'interno del fascicolo informatico, ci si orienta verso una visione secondo la quale unica ricevuta rilevante è la cosiddetta seconda PEC mentre il flusso documentale che segue non ha alcuna rilevanza ai fini della tempestività del deposito.

A seconda di quale tesi si sposi le conseguenze sono rilevanti laddove il deposito venga rigettato e sia spirato il termine per assolvere all'incombente processuale per il quale esso venne effettuato. Se si propende per la prima tesi si sarà in presenza di un (nuovo) deposito tardivo per il quale occorrerebbe chiedere eventualmente la rimessione in termini, se si propende per la seconda tesi, invece, il deposito dovrà semplicemente essere ripetuto per popolare il fascicolo informatico, essendo la tempestività dello stesso già assicurata dal recapito della seconda PEC entro il termine di scadenza dell'atto processuale.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in commento, sposa la seconda tesi e infatti afferma che la funzione della terza e dalla quarta ricevuta trasmesse via PEC e riguardanti, rispettivamente, l'esito dei controlli automatici e di quelli manuali effettuati dalla cancelleria dell'ufficio giudiziario, non condiziona la perfezione dell'effetto giuridico di deposito dell'atto, ma solo il caricamento di esso nel fascicolo telematico e la sua visibilità dalle altre parti del processo. Da ciò deriva che l'eventuale esito negativo dei successivi controlli telematici e manuali non fa venir meno tale effetto, ma determina al più la necessità di rinnovare trasmissione delle buste telematiche contenenti l'invio dell'atto stesso o dei suoi allegati.

Le implicazioni di tale pronuncia, che riprende un orientamento ad oggi proprio solo di alcuni giudici di merito, sono evidenti soprattutto in termini di semplificazione del quadro processuale: il deposito è effettuato con il ricevimento della seconda PEC e tutte le imperfezioni a valle non influiscono su tale circostanza.

Pertanto, eventuali difficoltà di accettazione da parte della cancelleria o financo il deposito su un ruolo errato (esempio: volontaria giurisdizione invece che contenzioso) non hanno alcun riflesso sulla tempestività del deposito stesso, che al più va ripetuto.

Osservazioni

Le risposte date dalla Corte di Cassazione appaiono meritevoli di approfondimento.

In primo luogo, si osserva come i giudici dichiarino di seguire un orientamento costante in sede di legittimità ma poi se ne discostino in maniera significativa. In chiusura dell'ordinanza si afferma infatti espressamente che il principio di diritto secondo cui “il deposito telematico degli atti processuali si perfeziona quando viene emessa la seconda PEC, vale a dire la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, come disposto dall'art. 16-bis, comma 7, del D.L. n. 179 del 2012”, si pone in linea di continuità con altre pronunce precedenti, in particolare la n. 28982/2019.

L'asserzione è però solo parzialmente vera, stante che in siffatta pronuncia si era sostenuto che “la cd. Ricevuta di consegna, attesta che l'invio è intervenuto con consegna nella casella di posta dell'ufficio destinatario e rileva ai fini della tempestività del deposito che si considera perfezionato in tale momento (D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-bis, comma 7, (convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221), introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 19, (Legge di stabilità 2013; D.M. n. 44 del 2011, art. 13), il tutto con effetto anticipato e provvisorio rispetto all'ultima PEC, cioè subordinatamente al buon fine dell'intero procedimento di deposito, che è quindi fattispecie a formazione progressiva”.

È facile comprendere come in realtà si affermino principi differenti: con l'ordinanza in commento la Suprema Corte abbandona in realtà la tesi della fattispecie a formazione progressiva e sposa la tesi dell'istantaneità del momento perfezionativo del deposito (al momento del recapito della seconda PEC).

Tali principi non sono peraltro destinati ad essere confinati ad una discussione meramente accademica ma hanno evidenti risvolti pratici; ad esempio, sposando la seconda tesi, si giungerebbe alla conclusione che l'eventuale rifiuto di un deposito telematico da parte della cancelleria non influirebbe sulla tempestività dello stesso e dunque non occorrerebbe alcuna istanza di rimessione in termini laddove esso dovesse essere ripetuto a termine perentorio ormai spirato.

Lungi dunque dal seguire orientamenti già consolidati, con siffatta pronuncia, semmai, la Suprema Corte sposa tesi emerse nelle giurisprudenza di alcuni giudici di merito secondo le quali l'accettazione dell'atto da parte della cancelleria (con conseguente invio della quarta PEC) sortisce solamente l'effetto di rendere l'atto visibile alle controparti e al giudice, con evidente riflesso sull'applicazione dell'istituto della rimessione in termini, che viene giudicato inappropriato per la fattispecie per una serie di meditate considerazioni.

In particolare, si considera che l'errore che porta all'impossibilità di accettare il deposito sarebbe imputabile alla parte. Si tratterebbe, certamente, di un errore "non grave" (o, se si preferisce, di un "mero errore materiale" o di una "svista"), ma indiscutibilmente ascrivibile alla parte. In tali fattispecie, se si trattasse di deposito in forma cartacea, un errore come ad esempio il deposito in un fascicolo errato non ingenererebbe alcuna conseguenza, se non quella di una rettifica ("correzione a mano") dell'atto in fase di deposito, qualora il cancelliere registrasse e segnalasse la svista. Nel regime dei depositi telematici invece, qualora il cancelliere non intervenisse per forzare l'accettazione (o non potesse intervenire per motivi tecnologici), questo errore lieve produrrebbe effetti rilevanti, perché l'atto, non essendo inserito nel fascicolo telematico, rimarrebbe non visibile alla controparte e al giudice.

In base a tale ragionamento l'opzione preferibile da seguire viene considerata quella di ordinare un'accettazione forzata alla cancelleria o comunque quella di concedere alla parte di ripetere sic et simpliciter il deposito.

Quanto poi alla tutela del diritto di difesa della controparte, qualora l'accettazione tardiva (o il deposito ripetuto) ne comportasse un pregiudizio, sarebbe possibile disporre la rimessione in termini della parte pregiudicata o, più semplicemente, riallineare la decorrenza dei termini di deposito (in tali termini si veda Trib. Torino, 8/11/19, ord., G.I. dott. Ciccarelli).

Conclusione

La decisione della Corte di Cassazione appare importante perché costituisce il primo pronunciamento di legittimità con il quale si afferma che il deposito telematico si perfeziona con il ricevimento della cosiddetta seconda PEC e non è invece una fattispecie a formazione progressiva in cui il buon esito del deposito può dirsi raggiunto solo con il regolare ricevimento della terza e quarta PEC (fatta ovviamente salva la data di deposito, che retroagisce al momento della generazione e recapito della ricevuta di consegna).

Un orientamento simile, meritevole di attenzione ed analisi, avrebbe indubbiamente il merito di semplificare il quadro processuale, evitando le lungaggini procedurali connesse all'eventuale necessità di depositare un'istanza di rimessione in termini o evitando ingiuste decadenze in caso di meri errori materiali commessi dall'avvocato; tuttavia potrebbe salvare dalla decadenza anche fattispecie ascrivibili ad errori procedurali e non semplici sviste.

Se non si tratterà di precedente isolato sarà comunque evidente la volontà della Corte di Cassazione di superare aspetti formalistici che possano pregiudicare la parte processuale, con evidente vantaggio in termini di garanzie di effettività del diritto di difesa.