Riduzione dei costi aziendali? È comunque ingiusto profitto

10 Settembre 2021

Ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 452-quaterdecies, c.p., l'ingiusto profitto può consistere non soltanto in un ricavo patrimoniale, ma anche nel vantaggio conseguente dalla mera riduzione dei costi aziendali o nel rafforzamento di una posizione all'interno dell'azienda, ed è "ingiusto" in quanto la condotta posta in essere abusivamente, oltre che anticoncorrenziale, può essere produttiva di conseguenze negative...

Ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 452-quaterdecies, c.p., l'ingiusto profitto può consistere non soltanto in un ricavo patrimoniale, ma anche nel vantaggio conseguente dalla mera riduzione dei costi aziendali o nel rafforzamento di una posizione all'interno dell'azienda, ed è "ingiusto" in quanto la condotta posta in essere abusivamente, oltre che anticoncorrenziale, può essere produttiva di conseguenze negative, in termini di pericolo o di danno, per l'integrità dell'ambiente e impedisce, comunque, il doveroso controllo, da parte dei soggetti preposti, sull'intera filiera dei rifiuti, che la legge impone dalla produzione alla destinazione finale.

Lo ha stabilito la Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33098/2021, depositata il 7 settembre, annullando con rinvio la decisione impugnata.

Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Il reato previsto dall'art. 452-quaterdecies c.p., in quanto necessariamente caratterizzato da una pluralità di condotte, alcune delle quali, se singolarmente considerate, potrebbero costituire reato, ha natura di reato abituale proprio e si consuma, pertanto, con la cessazione dell'attività organizzata, finalizzata al traffico illecito. Mentre, con riguardo all'apprezzamento circa la soglia minima di rilevanza penale della condotta, questo va effettuato non soltanto attraverso il mero dato numerico delle condotte poste in essere (secondo alcuni, almeno due), ma anche considerando gli ulteriori riferimenti, contenuti nella norma incriminatrice a "più operazioni" e all'"allestimento di mezzi e attività continuative organizzate" finalizzate all'abusiva gestione di ingenti quantità di rifiuti. A tal proposito, spetta al giudice valutare la sussistenza in concreto della sostanziale pianificazione e strutturale organizzazione della condotta che la norma richiede. Al fine di superare agevolmente eventuali margini di incertezza circa la rilevanza penale del fatto, la suprema Corte ha aggiunto che i requisiti della condotta indicati dalla legge – compimento di più operazioni e allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, attività di cessione, ricezione, trasporto, esportazione, importazione, o comunque gestione abusiva di rifiuti, quantitativo ingente di rifiuti e finalità di ingiusto profitto – debbano essere considerati unitariamente e non singolarmente.

Peraltro, secondo la giurisprudenza di legittimità, l'ingente quantitativo dei rifiuti, necessario a configurare il delitto di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, già previsto dall'art. 260 d.lgs. n. 152/2006 ed attualmente disciplinato dall'art. 452-quaterdecies c.p., introdotto dall'art. 3 d.lgs. n. 21/2018, recante disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale, deve riferirsi al quantitativo complessivo di rifiuti trattati attraverso la pluralità delle operazioni svolte, anche quando queste ultime, singolarmente considerate, possono essere qualificate di modesta entità.

E se viene esercitata un'attività lecita? La sentenza in commento appare particolarmente interessante, nella parte in cui specifica che il reato in parola richiede una preparazione e un allestimento di specifiche risorse, anche del tutto rudimentale, purché idonea e adeguata a realizzare l'obiettivo criminoso, anche quando essa non sia destinata, in via esclusiva, alla commissione di attività illecite, con la conseguenza che il reato si realizza anche quando l'attività criminosa sia marginale o secondaria rispetto all'attività principale lecitamente svolta.

Traffico illecito di rifiuti: un esempio. In tema di reati ambientali, la Suprema Corte ha stabilito che costituisce attività di gestione di rifiuti - soggetta, pertanto, ad autorizzazione ai sensi degli artt. 208 e ss. d.lgs. n. 152/2006, - l'accumulo nell'arco degli anni di un'enorme quantità di rocce e terre da scavo utilizzate per il riempimento di un sito in cui era stata coltivata una cava.

Misure cautelari reali: i presupposti. Il caso in commento origina da una richiesta misura di sequestro preventivo. Come noto, detta misura soggiace ai medesimi principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, dettati dall'art. 275 c.p.p. per le misure cautelari personali. Detti criteri devono costituire oggetto di valutazione preventiva e non eludibile da parte del giudice nell'applicazione delle cautele reali, al fine di evitare un'esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata. Secondo la giurisprudenza di legittimità, qualora detta misura trovi applicazione, il giudice deve motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato della misura cautelare reale con una meno invasiva misura interdittiva.

Inoltre, il provvedimento di sequestro preventivo non deve essere inutilmente vessatorio, ma deve essere limitato alla cosa o alla parte della cosa effettivamente pertinente al reato ipotizzato, e deve essere disposto nei limiti in cui il vincolo imposto serve a garantire la confisca del bene o ad evitare la perpetuazione del reato.

Fonte: Diritto e Giustizia

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