Sintesi della giurisprudenza in tema di cartelle di pagamento “digitali” dopo le modifiche apportate dal D.Lgs n. 159/2015

Massimo Romeo
Massimo Romeo
16 Settembre 2021

Il percorso di digitalizzazione, in generale, degli atti della Pubblica Amministrazione e, in particolare, la possibilità per gli Uffici tributari e per l'agente della riscossione di emettere e notificare con modalità informatizzata i propri atti impositivi nonché quelli tipici del procedimento di riscossione, non è rimasto indenne da “nuove” contestazioni mosse dai contribuenti che hanno adito il giudice sollevando vizi sia quanto alla forma degli atti che alla loro modalità di notifica.
Premessa

Il percorso di

digitalizzazione

, in generale, degli atti della Pubblica Amministrazione e, in particolare, la possibilità per gli Uffici tributari e per l'agente della riscossione di emettere e notificare con modalità informatizzata i propri atti impoesattivi nonché quelli tipici del

procedimento di riscossione

, non è rimasto indenne da “nuove” contestazioni mosse dai contribuenti che hanno adito il giudice sollevando vizi sia quanto alla forma degli atti che alla loro modalità di notifica. Tra gli interventi normativi si rammenta l'

art. 14 del d.lgs 24 settembre 2015 n. 159

con cui è stata semplificata la procedura di notifica della

cartella di pagamento

prevedendo la possibilità per l'agente della riscossione che la stessa possa essere eseguita”

con le modalità di cui al

d.P.R. 11febbraio 2005, n. 68

, a mezzo posta elettronica certificata, all'indirizzo del destinatario risultante dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell'INI-PEC, all'indirizzo dichiarato all'atto della richiesta. In tali casi, si applicano le disposizioni dell'

art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600

".

Sul vizio di sottoscrizione della cartella

Una delle eccezioni più frequentemente sollevate concerne la necessità o meno di apporre la firma digitale sul documento informatico, ovvero la cartella di pagamento notificata, secondo le prescrizioni del

d.lgs. 82/2005

(noto come il Codice dell'Amministrazione Digitale). Un primo filone giurisprudenziale ha accolto tale eccezione dei contribuenti (ex pluribus

CTP RE 204/2017

CTP MI 1023/2017

– CTP AR 264/2016 -

CTP LE 611/2016

CTP SP 420-2017

CTR Campania 9464/2017

-

CTR Liguria 1745/2017

-

CTP TV 93/2018

CTP SR 881/2018

) affermando il principio per cui non è valida la notifica della cartella avvenuta tramite Pec contenente il file della con estensione “.pdf ” anziché “.p7m” atteso che “l'integrità e l'immodificabilità del documento informatico nonché, per quanto attiene alla firma digitale, l'identificabilità del suo autore e la paternità dell'atto può essere garantita solo attraverso l'estensione del file .p7m” ovvero che “trattandosi di copia informatica dell'originale analogico l'assenza dell'attestazione di conformità all'originale (

ex art. 23-bis CAD

) rende la cartella priva dei requisiti di autenticità e conformità prescritti dalla disciplina di settore in materia di documento informatico
». In particolare la CTP siracusana (n. 881/2018) ha stabilito che l'Agente della Riscossione può certamente avvalersi del servizio di posta elettronica certificata ma a condizione che l'invio telematico abbia ad oggetto solo ed esclusivamente il documento informatico e non già una copia informatica; ciò in quanto “l'articolo 26, comma II, del d.P.R. n. 602/73, escludendo l'applicazione dell'

articolo 149-bis cpc

, non riconosce l'equipollenza tra documento informatico e copia (informatica) del documento cartaceo, per cui l'esattore può e deve trasmettere solamente il documento informatico”; oggetto della Pec, secondo i giudici siciliani, in base al

d.P.R. 68/2005

, non può essere altro che il documento informatico, il quale, ai sensi dell'

art. 20 del d.lgs. n. 82/2005

(

CAD

), a differenza della copia informatica, necessita di una firma digitale che lo rende immodificabile.

A tale iniziale indirizzo si è contrapposto quello espresso in altre pronunce (ex multis CTP BO 985/2017- CTP MI 353/2018CTR Lombardia 4754/2018 e, più di recente, CTR Lombardia n. 2723/2021) in cui si è affermato che:

  • la notifica della cartella di pagamento tramite Pec è valida in quanto la riconducibilità del documento al mittente è dimostrata sia dagli elementi propri dell'atto che dai dati di certificazione contenuti, con caratteri immodificabili, nelle buste di trasporto e nelle varie ricevute emesse e firmate dallo stesso gestore nonché dal dominio di posta elettronica dal quale il messaggio è stato inviato;
  • la trasmissione via Pec è da equiparare ad una raccomandata con avviso di ricevimento e, pertanto, la cartella allegata non è altro che il documento cartaceo di stampa del ruolo di cui l'agente della riscossione conserva la matrice e la ricevuta di spedizione e consegna;
  • non è richiesta dalla legge la sottoscrizione della cartella ai fini della validità della stessa qualora il contribuente sia in grado di individuare con certezza l'autorità di provenienza;
  • l'autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell'atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi dell'

    art. 25 del d.P.R. n. 602/1973

    , la cartella di pagamento va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell'esattore ma solo la sua intestazione" (cfr. anche Cass. n. 26053/2015);
  • l'invio via PEC della cartella esattoriale può essere qualificato come invio del documento informatico originale o al più di una sua copia informatica, per cui non è dovuta un'attestazione di conformità e diventa pertanto del tutto irrilevante anche l'estensione del file (.pdf), non essendo prevista la necessità del formato p7m. Il carattere immodificabile (. p7m) riguarda la diversa e specifica ipotesi di disciplina della procedura di notificazione degli atti giudiziari, che prevedono la necessità della firma digitale;
  • l'interposizione di uno o più gestori che garantiscono la regolarità del servizio fa sì che nessuna delle parti (mittente e destinatario) possa contestare l'inoltro o la ricezione del messaggio

    ,

    da ciò derivandone la non necessità della firma digitale da parte del mittente;
  • la sanzione di nullità della cartella di pagamento è collegata esclusivamente alla mancata indicazione del nominativo del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e formazione della stessa stante la presunzione generale di riconducibilità dell'atto amministrativo all'ente da cui promana.

Una recente sentenza della Ctr Lombardia (n. 162/2021) ha affermato che, in ogni caso, l'asserita irritualità della notificazione dell'atto impoesattivo, in ragione della avvenuta trasmissione di un file con estensione "pdf' anziché “. p7m", non può tout court condurre all'annullamento dell'atto stesso in virtù dell'applicazione dell'istituto della sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo ai sensi dell'

art. 156 c.p.c.

Sull'indirizzo PEC dell'Ufficio emittente

Altra eccezione sollevata è stata quella dell'

illegittimità dell'atto se notificato da un indirizzo Pec dell'Ufficio emittente non presente in alcuno degli elenchi pubblici all'uopo previsti dalla legge

.

Ad esempio, i giudici ambrosiani (cfr.

CTR Lombardia n. 4754/2018

e 2723/2021) hanno ricordato che la disciplina dell'

art. 26 del d.P.R. 602/1973

, specularmente a quanto disposto dall'

art. 60 del d.P.R. 600/1973

per gli avvisi di accertamento e gli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, si preoccupa unicamente di individuare l'INIPEC quale elenco pubblico a cui l'agente della riscossione può attingere per individuare l'indirizzo pec del destinatario della notifica, rinviando, allo stesso tempo, al

d.P.R. 68/2005

disciplinante l'uso della pec. In particolare, i giudici hanno ricordato che l'art. 3 stabilisce che l'atto trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella del destinatario messa a disposizione dal gestore, mentre l'art. 6 precisa che la ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio PEC è effettivamente pervenuto all'indirizzo elettronico del destinatario, così certificando il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione; la ricevuta di avvenuta consegna del messaggio Pec è rilasciata contestualmente alla consegna di posta elettronica messa a disposizione del destinatario dal gestore, indipendentemente dall'avvenuta lettura da parte del soggetto destinatario.

Vertendosi in un'ipotesi di notifica di atti esattoriali e non processuali

i giudici

rilevavano come per l'Ufficio emittente la notifica era avvenuta in conformità alla legge

; peraltro, proseguono i giudici, l'interposizione di uno o più gestori che garantiscono la regolarità del servizio, fa sì che nessuna delle parti (mittente e destinatario) possa contestare l'inoltro o la ricezione del messaggio, e proprio da tale sistema discende anche la non necessità della firma digitale da parte del mittente: è il

gestore che sottoscrive la busta di trasporto con propria firma elettronica avanzata

, basata su chiavi asimmetriche a coppia, e tale sistema garantisce la provenienza, l'integrità e l'autenticità del messaggio Pec.

In senso contrario, la Ctp di Milano con la sentenza n. 2555/2021 ha recentemente annullato una cartella di pagamento per vizio di motivazione derivante dall'inesistenza giuridica del prodromico avviso bonario in quanto notificato dall'Ufficio tributario, ai sensi dell'

art. 60 d.P.R. 600/1973

, da un indirizzo Pec non presente in alcuno dei registri pubblici: i giudici ambrosiani hanno reputato la notifica inesistente e, pertanto, non suscettibile di sanatoria

ex art. 156 cpc.

Nello stesso senso, i giudici milanesi, in altra composizione,

Sulla prova della notifica telematica

L'orientamento consolidatosi con riferimento alla prova in giudizio della notifica telematica degli atti della riscossione è quello secondo il quale il certificato di firma digitale e la ricevuta di accettazione sono presupposti per il buon esito del processo di notificazione a mezzo Pec, sicché, in mancanza di motivi specifici per disconoscere l'

autenticità delle ricevute di consegna

, l'

esibizione del certificato di firma digitale

e della

ricevuta di accettazione non hanno rilievo al fine dell'accertamento dell'avvenuta notificazione

. Per attestare il perfezionamento della notifica via pec le ricevute di avvenuta consegna (RAC) sono sufficienti a provare il perfezionamento del procedimento notificatorio, non richiedendo, fra l'altro, la lex specialis (

d.P.R. 68/2005

)
l'acquisizione di alcuna relazione di notificazione; all'uopo basta che il messaggio sia effettivamente pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario senza che altro possa essere richiesto ovvero l'effettiva apertura e presa visione dei documenti (inter alias

Ctr Lombardia n. 90/2019

e

1847/2019

).

Quanto alla produzione degli originali delle ricevute di notificazione l'insegnamento, in generale, della Corte di Cassazione è quello secondo cui le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia probatoria (

ex art. 2719 c.c.

) di quelle autentiche, non solo se la loro conformità all'originale è attestata dal pubblico ufficiale competente, ma anche qualora detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte; tuttavia, in base ad altra giurisprudenza di legittimità, il disconoscimento della conformità di una copia fotografica o fotostatica all'originale di una scrittura (

ex art. 2719 c.c.

)
non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata (

ex art. 215 c.c.

)
con la conseguenza che"l'avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all'originale, non vincola il giudice all'avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l'efficacia rappresentativa” (

Cass. nn. 9439/2010

-

2419/2006

-

23046/2016

).

In particolare, con riferimento alla procedura telematica, la S.C. (n. 9897/2019) ha precisato che

l'atto notificato tramite pec si considera perfezionato con la RAC sufficiente a provare il buon esito del procedimento di notificazione

,

fatta comunque salva la prova contraria

in quanto manca il carattere di “certezza pubblica” delle notifiche a mezzo del servizio postale , assistite da fede privilegiata; i giudici di legittimità hanno altresì precisato che per far valere la mancata rispondenza fra i documenti ricevuti e quelli indicati è necessario dimostrare l'incompletezza dei file (onere a carico del destinatario).

Sulla corrispondenza tra cartella notificata e quella depositata

La giurisprudenza maggioritaria ha affermato che le cartelle di pagamento , in formato pdf e notificate via PEC, sono l'elaborazione elettronica dei dati del ruolo e costituiscono il documento informatico notificato al contribuente; pertanto, il combinato disposto degli

artt. 1

e

20 del CAD

porta a dedurre che il documento informatico trasmesso (la cartella) “contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti" nonché che “ l'idoneità del documento informatico ( la cartella) a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio”.

L'invio con posta elettronica certificata della cartella esattoriale può essere qualificato come trasmissione del documento informatico originale o di una sua copia informatica non risultando pertanto dovuta alcuna attestazione di conformità; diventa altresì del tutto irrilevante anche l'estensione del file (.pdf) non essendo prevista la necessità del formato .p7m che invece riguarda la diversa e specifica ipotesi che disciplina la procedura di notificazione degli atti giudiziari (inter alias

CTR Lombardia n. 4754/2018

e

n. 90/2019

). Quanto all'onere di contestazione, la CTR della Puglia (sent. 744/2021) ha recentemente affermato che a fronte del mancato disconoscimento delle singole relate di notifica, con specifica e circostanziata indicazione dei profili di non conformità dedotti, la documentazione prodotta in copia dall'ufficio deve ritenersi del tutto conforme agli originali e può, pertanto, essere valutata ai fini della decisione. Nello stesso senso anche recente Ctr Lombardia (sent. n. 1762/2021) che ha affermato come in tema di notifica della cartella esattoriale, laddove l'agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell'avviso di ricevimento (recanti il numero identificativo della cartella) e l'obbligato contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell'

art. 2719 c.c.

, il giudice che escluda l'esistenza di una rituale certificazione di conformità agli originali, non può limitarsi a negare ogni efficacia probatoria alle copie prodotte, ma deve valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori disponibili, compresi quelli di natura presuntiva, attribuendo il giusto rilievo anche all'eventuale attestazione, da parte dell'agente della riscossione, della conformità delle copie prodotte alle riproduzioni informatiche degli originali in suo possesso.

Il differente contesto degli atti processuali

Per quanto concerne, invece, l'ambito degli

atti processuali e non impoesattivi

(c.d. sostanziali), vige una disciplina ad hoc scandita dal

D.M. Finanze n. 163/2013

(noto come il regolamento sul processo tributario telematico), richiamato esplicitamente dalla norma primaria (

art. 16-bis del d.lgs. 546/1992

), il quale, fra l'altro, prescrive all'art. 7, comma 5, che “per gli enti impositori, l'indirizzo di posta elettronica certificata…. è quello individuato dall'

articolo 47, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82

, pubblicato nell'

IPA

(Indice delle Pubbliche Amministrazioni), che tutti gli atti (processuali) debbano essere firmati digitalmente (D.D.G. 04 agosto 2015) nonché, ai sensi dell'art. 5 comma 2 dello stesso D.M. che “le comunicazioni e le notificazioni telematiche… si intendono perfezionate al momento in cui viene generata da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario la ricevuta di avvenuta consegna”.

In applicazione di tali speciali e differenti disposizioni, ad esempio, una recente sentenza della Ctp Milano (n. 563/2021) ha applicato la sanzione più grave (l'inammissibilità) del ricorso indirizzato contribuente ad un indirizzo Pec non presente nell'IPA.

In qualsiasi contesto, sostanziale o processuale, andrebbe tuttavia considerato quanto sancito dall'importante pronuncia delle Sez. U, 18 aprile 2016, n. 7665, secondo cui «L'irritualità della notificazione di un atto (nella specie, controricorso in cassazione) a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale.» (estratto da Ufficio del Massimario e del Ruolo).

(Fonte: Il Tributario)

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