Assicurazione vita o infortuni: designazione di beneficiario generica e con riferimento solo agli eredi
27 Settembre 2021
Assicurazione a favore di terzo e designazione di beneficiario
Al momento in cui si verifica l'evento previsto nel contratto l'assicuratore, in presenza di tutte le condizioni di operatività del contratto stesso, provvede ad eseguire la sua prestazione, prestazione che per le assicurazioni vita od infortuni si concreta nel pagamento, agli aventi diritto, dell'indennità assicurativa. E che tale pagamento, possa venir effettuato ad un soggetto diverso dal contraente e dall'assicurato consegue all'espressa validità dell'assicurazione vita a favore di un terzo prevista dal comma 1 dell'art. 1920 c.c. con evidente richiamo all'art. 1411 c.c. e ss. (per richiami ed approfondimenti in argomento si rinvia a Digesto voce Vita (Assicurazione sulla) di A. Polotti di Zumaglia) Tanto comporterà anche la conseguente possibilità di attribuire ad un soggetto terzo il beneficio rappresentato dal diritto ad avvalersi delle prestazioni contrattuali. La questione che si pone al momento del sinistro consiste quindi nell'individuazione del soggetto cui è dovuta l'indennità, soggetto che è appunto colui a favore del quale l'assicurazione viene stipulata che è di fatto il beneficiario le cui caratteristiche sia pur sinteticamente si intendono qui evidenziare. Tale operazione è indubbiamente facilitata nel caso in cui il beneficiario dell'indennità sia stato indicato nominativamente.
È appena il caso di rilevare, in via generale, che se il beneficiario venisse a decedere prima del verificarsi dell'evento previsto in polizza, il suo diritto passerà ai suoi eredi, salvo diverse indicazioni in contratto, sempreché il beneficio non sia stato revocato, e ciò in applicazione del comma 2 dell'art 1412 c.c. applicabile anche alle assicurazioni vita come ribadito dalla Suprema Corte (v. Cass. Civ. Sez. III, 15/4/2021 n. 9948 che in applicazione di tale principio ha cassato la sentenza della Corte che aveva invece ritenuto che in tale situazione il diritto alla prestazione assicurativa non si trasferisse agli eredi del beneficiario premorto ma restasse nel patrimonio dello stipulante). Di conseguenza l'indennità spettante al beneficiario premorto non potrà cumularsi con le altre previste a favore dei restanti beneficiari.
Nel caso, invece, che sia il contraente a decedere prima del verificarsi dell'evento, i suoi eredi subentreranno nella contraenza del contratto ma, come si vedrà in seguito, non potranno revocare il beneficio.
In ogni caso, laddove siano indicati più beneficiari, l'indennità andrà ripartita tra gli stessi in parti uguali, sempre salvo ovviamente diversa indicazione da parte del contraente. Tanto consegue al fatto che per il comma 3 dell'art. 1920 c.c. il terzo, per effetto della designazione, acquista un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione che è quindi un diritto autonomo che trova fondamento nel contratto e non deriva da quello del contraente. Il fatto che il beneficiario acquisti un diritto autonomo che trova la sua causa nel contratto, comporterà anche che tale diritto è condizionato anzitutto dall'esistenza e validità del contratto contenente la designazione e sarà subordinato alle condizioni tutte ivi previste, per cui l'assicuratore potrà opporre al beneficiario tutte le eccezioni consentitegli dalle clausole contrattuali. (Cass Civ. Sez. III 28/10/2009 n. 22809).
A ciò consegue anche che il diritto ad invocare il contratto con azione diretta contro l'assicuratore spetta al beneficiario mentre il contraente potrebbe solo intervenire adesivamente in un giudizio così proposto od eventualmente chiedere l'esecuzione del contratto a favore del beneficiario. (Cass. Civ. SS.UU. 2/4/2007 n. 8095). Se si considera che il diritto del beneficiario è conseguente solo ad una disposizione contrattuale si finisce per superare anche ogni questione che si volesse porre in tema di assicurazioni infortuni caso morte laddove si intendesse inquadrare tale tipo di contratto nell'ambito delle assicurazioni danni e non nelle assicurazioni vita come invece prospettato in dottrina con precise argomentazioni (v. M. Rossetti – Il diritto delle assicurazioni – Vol II Le assicurazioni contro i danni – Padova, 2012 p. 582 e ss.)
È chiaro che inquadrando l'assicurazione infortuni caso morte nell'ambito delle assicurazioni danni si giustificherebbe anche l'applicazione ad essa di uno stretto principio indennitario con la conseguenza che in caso di infortunio riconducibile al comportamento di un terzo sarebbe applicabile il principio della compensatio lucri cum damno, mentre a tanto non si potrebbe giungere applicandosi solo le norme dell'assicurazione vita. A ciò conseguirebbe che in caso di infortunio con responsabilità di un terzo con l'applicazione del principio della compensatio lucri cum damno si menomerebbe gravemente il diritto del beneficiario visto che il terzo responsabile potrebbe eccepire che se deve risarcire solo il danno realmente provocato e tale danno è stato tacitato totalmente o solo parzialmente con la polizza infortuni esso responsabile nulla dovrebbe più pagare se non, al massimo, la differenza tra tale danno e l'indennità assicurativa percepita dal beneficiario proprio in virtù di tale principio. E sempre invocando la compensatio l'assicuratore potrebbe a sua volta affermare, anche laddove abbia rinunciato al diritto di surroga, che non deve più intervenire se il suo danno è già stato tacitato dal responsabile. Ed allora si potrebbe anche ritenere che la polizza infortuni venga in tal caso stipulata a vantaggio del responsabile del sinistro oppure che l'assicuratore possa intervenire solo quando l'infortunio sia dovuto a colpa dello stesso assicurato od a caso strettamente fortuito come un colpo di fulmine.
Occorre però considerare che tale diritto è invece sempre e solo conseguente alla predetta disposizione contrattuale non derivando dal patrimonio del contraente rispetto al quale mantiene una perfetta autonomia, tanto è vero che a favore dei creditori e degli eredi del contraente sono fatte salve le disposizioni relative alla revocazione degli compiuti in pregiudizio dei creditori e quelle relative alla collazione, all'imputazione ed alla riduzione delle donazioni, ma solo limitatamente ai premi pagati, come previsto dal comma 2 dell'art. 1923 c.c. .
A fronte delle opposte posizioni assunte sia in dottrina che in giurisprudenza in ordine alla questione relativa alla possibilità di applicazione del principio indennitario all'assicurazione contro gli infortuni e della conseguente possibilità di applicazione della compensatio lucri cum damno all'indennità da essa prevista sono state assunte varie posizioni dalla Suprema Corte che si possono così sinteticamente ricordare: 1) le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno anzitutto affermato che mentre alle assicurazioni infortuni non mortali, soggette al principio indennitario proprio dell'assicurazione danni, si applica l'art. 1910 co.1 e 2 c.c., alle assicurazioni contro gli infortuni mortali non è applicabile la tutela del principio indennitario e quindi non è applicabile la disposizione che prevede, in caso di omissione dolosa di avviso della stipulazione di diverse polizze per il medesimo rischio, il venir meno del diritto all'indennità e ciò perché beneficiario dell'indennizzo non è l'assicurato ma un terzo; ( Cass. Civ. S.S.U.U 10/4/2002 n. 5119)
2) successivamente sempre a fronte delle diverse posizioni assunte in dottrina e giurisprudenza in ordine alla possibilità o meno di applicazione del principio della compensatio lucri cum damno anche alle varie forme di assicurazione contro gli infortuni si è giunti al deposito di numerose ordinanze interlocutorie con le quali si è posto il dubbio sulla possibilità di cumulo in diverse situazioni, nonché, in particolare, sulla possibilità di cumulo tra risarcimento del danno e indennità ottenute da assicuratori (in tal senso Cass.Civ. Sez. III, ord. 22/6/2017 n. 15534 in Foro.it, 2017, 7-8,1, 2242; per ulteriori richiami ed approfondimenti si rinvia ad A. Polotti di Zumaglia - Le assicurazioni contro i danni alla persona – Milano 2019 p. 89 e ss.);
3) le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno risposto alle varie ordinanze interlocutorie con quattro sentenze depositate il 22/5/2018; in particolare con la sentenza n. 12565 si è precisato che in presenza di assicurazione danni (non caso morte) quando il danneggiato, prima di percepire l'indennizzo assicurativo, ottiene il risarcimento integrale da parte del responsabile, cessa l'obbligo di indennizzo dell'assicuratore; se è invece l'assicuratore ad indennizzare per primo l'assicurato, quando il risarcimento da parte del responsabile non ha ancora avuto luogo, l'assicuratore a sensi dell'art. 1916 c.c. è surrogato fino all'ammontare dell'indennità corrisposta nel diritto dell'assicurato verso il terzo medesimo ed il subingresso si produce automaticamente in virtù del mero pagamento dell'indennità;
4) in sostanza, secondo tale giurisprudenza la regola sarebbe quella della non possibilità di cumulo tra indennizzo e risarcimento ma il beneficio assicurativo non potrà invece essere detratto dal risarcimento quando trovi la sua fonte in altra causa o meglio derivi da un titolo diverso ed indipendente dall'illecito e questo si ponga solo come un coefficiente causale;
5) in linea con tale impostazione la Suprema Corte ha così riconosciuto successivamente che mentre la compensatio lucri cum damno, conseguendo al principio indennitario proprio dell'assicurazione danni, è applicabile all'assicurazione infortuni non mortali, altrettanto non può dirsi per l'assicurazione contro gli infortuni mortali che è assimilabile all'assicurazione vita per cui l'indennità si cumula con il risarcimento sottraendosi alle regole della compensatio perché si è di fronte ad una forma di risparmio posta in essere dall'assicurato che sopporta l'onere di premi mentre l'indennità si pone come vera e propria contropartita di quei premi; tale forma di assicurazione svolge di fatto una funzione diversa da quella risarcitoria ed è corrisposta per un interesse che non è quello di beneficiare il danneggiante (v. Cass. Civ. Sez. III, 8/4/2021 n. 9380). Riguardo le modalità attraverso le quali viene indicato il beneficiario si deve far riferimento al comma 2 dell'art. 1920 c.c. per il quale la designazione dello stesso può essere fatta nel contratto, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all'assicuratore o per testamento ed è efficace anche se il beneficiario è indicato solo genericamente. E sempre con tali modalità la designazione di beneficiario può anche essere revocata come previsto dall'art. 1921 c.c., con la precisazione che la revoca non può essere effettuata dopo la morte del contraente dai suoi eredi, né dopo che verificatosi l'evento il beneficiario abbia dichiarato di voler profittare del beneficio. Da ciò deriva anche che la modifica del beneficio effettuata con un testamento successivo alla stipula del contratto, nella quale pur senza dichiarare di revocare il beneficio in precedenza indicato, si indica altro beneficiario della polizza, potrà rappresentare una revoca implicita della predetta originaria designazione. Il contraente può anche rinunciare per iscritto, al potere di revoca.
In ordine alla natura della dichiarazione del contraente con la quale, successivamente alla stipula del contratto è designato o sostituito il beneficiario se ne è affermata la natura di negozio unilaterale per cui non richiederebbe per la sua validità che la comunicazione pervenga all'assicuratore mentre l'assicurato è ancora in vita. Proprio perché l'indicazione di beneficio può essere fatta con dichiarazione successiva al contratto si può rilevare che al momento della stipula dello stesso il contraente potrebbe anche non indicare alcun beneficiario provvedendovi poi in un secondo tempo. Nulla parrebbe quindi impedire di predisporre una dichiarazione scritta depositata presso un notaio od anche consegnata all'assicuratore contenente l'indicazione di beneficio, dichiarazione che verrà esaminata solo dopo il verificarsi del sinistro, indipendentemente dal fatto che a quel momento il contraente sia pienamente capace. Ciò che invece è rilevante è il fatto che il contraente, al momento dell'indicazione di beneficio, ne abbia la piena capacità.
Per quanto riguarda la capacità del beneficiario è chiaro che essa verrà ad avere rilevanza essenzialmente al momento del sinistro e cioè quando esso beneficiario dovrà incassare l'indennità, cui eventualmente si dovrà provvedere con l'osservanza delle norme sugli incapaci. In punto, è appena il caso di ricordare che in presenza di un beneficiario minore, oltre all'usuale documentazione viene di norma richiesto anche un decreto del giudice tutelare che autorizzi il pagamento dell'indennità ed esoneri l'assicuratore da responsabilità in ordine al reimpiego delle somme spettanti al minore. Tanto si giustifica anche con riferimento al comma 4 dell'art. 320 c.c. che prevede che i capitali non possano essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare che ne determina l'impiego (in tal senso v. A.Polotti di Zumaglia – Le assicurazioni contro i danni alla persona – Milano 2019 p.153) Per quanto riguarda la designazione di beneficio con testamento si dovrebbe richiedere la validità del medesimo anche se una designazione in un testamento nullo per vizi di forma potrebbe pur sempre essere assimilata ad una dichiarazione successiva alla stipula del contratto. Decadenza dal beneficio
Per l'art 1922 c.c. la designazione di beneficio anche se irrevocabile non ha effetto qualora il beneficiario attenti alla vita dell'assicurato; se la designazione è irrevocabile ed è stata fatta a titolo di liberalità può essere revocata per ingratitudine o per sopravvenienza i figli come previsto dall'art. 800 c.c. cui la predetta norma fa espresso richiamo. È appena il caso di rilevare che per l'art. 1900 c.c. l'assicuratore non è tenuto in via generale, al pagamento dell'indennità in presenza di dolo o colpa grave del contraente, dell'assicurato o del beneficiario, salvo patto contrario per i casi di colpa grave, mentre dovrà provvedere al pagamento nel caso in cui l'azione dolosa sia imputabile a persona diversa da quelle indicate nella norma. ( v. Cass. Civ. Sez. III, 21/11/2 1966 n. 2779). Si può quindi osservare che gli artt.1900 e 1922 c.c. pongono un divieto assoluto all'ipotesi che il beneficiario possa vantare un diritto sull'indennità assicurativa in presenza di azione delittuosa dolosa. E' stato così rilevato che l'art. 1922 c.c., eliminando dal novero dei beneficiari colui che attenta alla vita del contraente è una norma di ordine pubblico interno e dunque imperativa, pertanto in alcun modo derogabile dalle parti né nell'ipotesi in cui i contraenti convengano la copertura di un tale rischio, né nell'ipotesi in cui non vi sia da parte del beneficiario la previa conoscenza della polizza al tempo dell'evento da esso causato. (v. Trib. Roma Sez. XII, 21/3/2011 Ga.Al e altri c. As. Ge.s.p.a.).
Occorre peraltro rilevare che le situazioni prese in considerazione dalle due norme presentano differenze di rilievo. Infatti l'art. 1900 c.c. prevedendo che l'assicuratore non sia obbligato per i sinistri dolosamente cagionati da determinati soggetti finisce per rendere oggettivamente inoperante il contratto, in presenza del fatto doloso commesso da determinati soggetti. L'art. 1922 c.c. rende invece inefficace la designazione del beneficiario che attenti alla vita dell'assicurato che quindi decade dal beneficio riservatogli essendosene rivelato indegno, restituendo così al contraente la libertà di una nuova designazione anche nel caso in cui detta designazione divenuta inefficace fosse irrevocabile.
Si tratta di situazione in cui la sanzione della decadenza è il solo strumento possibile dato che non essendosi verificato il sinistro rappresentato dalla morte dell'assicurato cui si ricollega il pagamento della somma assicurata, ciò che può venire in questione non è l'obbligo dell'assicuratore, ma unicamente il rapporto di fiducia tra lo stipulante ed il terzo beneficiario per il quale a cagione appunto dell'indegna condotta diventa inefficace la designazione che lo favoriva. Ma ciò non incide sull'obbligo contrattuale dell'assicuratore che, al verificarsi poi dell'evento dovrà eseguire la prestazione cui è tenuto, o nei confronti di un nuovo beneficiario, laddove lo abbia designato in luogo di quello decaduto, o, nel caso di più beneficiari, nei confronti di coloro che non furono partecipi dell'attentato o, in mancanza, nei confronti degli eredi del contraente. (v. La Torre A. Le assicurazioni. Le assicurazioni nei codici – Le assicurazioni obbligatorie. Milano 2000 p. 326).
Nel caso in cui invece di semplice attentato si venga ad avere un omicidio consumato ad opera di un beneficiario si avrà una situazione diversa da quanto previsto dall'art.1922 c.c. in quanto il dolo del beneficiario rientra nella fattispecie prevista dall'art. 1900 c.c. rendendo così inoperante il contratto perché si tratta di rischio inassicurabile. Posto che detta norma è prevista tra le disposizioni generali sul contratto di assicurazione non vi sarebbe infatti motivo per non applicarla anche alle assicurazioni vita. Di conseguenza, l'assicuratore sarà esonerato dall'obbligo di pagare l'indennità non solo al beneficiario omicida, ma anche agli altri beneficiari estranei all'omicidio, come pure agli eredi del contraente. (V. L. Bugiolacchi – L'assicurazione vita - in Le assicurazioni private a cura di G.Alpa. Tomo III Assago (MI) 2006 p. 2599). Come già accennato l'art. 1922 c.c. prevede anche che se la designazione di beneficio è irrevocabile ed è stata fatta a titolo di liberalità può essere revocata nei casi previsti dall'art. 800 c.c. e cioè per ingratitudine o per sopravvenienza di figli. Al fine di chiarire cosa intenda per ingratitudine o per sopravvenienza di figli si deve far riferimento agli artt. 801 e 463 n.ri 1-3 ed 803 c.c. visto che l'art 1922 c.c. fa riferimento all'art 800 c.c. che prevedendo le cause di revocazione, fa espresso riferimento a dette norme.
I casi di ingratitudine del beneficiario che consentono la revoca della designazione sono quindi: 1) il tentato omicidio o l'omicidio in danno del coniuge o di un discendente od un ascendente dell'assicurato, purché non ricorra una delle cause che escludono la punibilità a norma della legge penale; 2) il compimento in danno di una delle persone predette di un fatto al quale la legge penale dichiari applicabili le disposizioni sull'omicidio; 3) la denuncia calunniosa o la falsa testimonianza nei confronti di una di dette persone per reato punibile con l'ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni di reclusione; 4) essersi reso colpevole di ingiuria grave verso il contraente o aver dolosamente arrecato grave pregiudizio al suo patrimonio, o avergli rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti per legge.
L'ingiuria grave che a sensi dell'art. 801 c.c. consente la revocazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all'onore e al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, che deve dimostrare un durevole sentimento di disistima delle qualità morali del donante e mancare di rispetto alla dignità del donante.(Cass. Civ. Sez. II Ord 10/10/2018 n. 24965 in Giur. It. 2019, 12, 2628 con nota) In altra occasione la Suprema Corte aveva specificato che l'ingiuria grave qui in esame consiste in un comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale sentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva (Cass. Civ. Sez. II, Ord. 24/9/2018 n. 22447).
Per quanto riguarda la sopravvenienza di figli occorre far riferimento, come già accennato, all'art. 803 c.c. la cui ratio deve essere individuata nell'esigenza di consentire al donante di riconsiderare l'opportunità dell'attribuzione già disposta a fronte della sopravenuta nascita di un figlio o della sopravvenuta conoscenza della sua esistenza (Cass. Civ. Sez. II, 2/3/2017 n. 5345). La designazione generica
Come già si è accennato la designazione di beneficio è efficace anche se il beneficiario è indicato solo genericamente, restando però inteso che il terzo beneficiario dovrà comunque poter essere individuato chiaramente al momento dell'evento, mentre al momento della designazione potrebbe anche non essere ancora venuto ad esistenza. Ad ogni buon conto si può osservare che si avrà una designazione generica quando è indicato non un soggetto ben identificabile, ma una categoria di persone individuate in base ad una qualità o condizione personale, soggetto che comunque deve poter essere chiaramente individuato posto che se così non fosse, la designazione potrebbe essere nulla per indeterminatezza dell'oggetto per gli artt. 1324 e 1346 c.c. Pertanto, una designazione che faccia riferimento solo “ai miei amici “senza altre specificazioni, potrebbe risultare inefficace.
La designazione con la quale vengano indicati “i miei figli” riguarda ovviamente sia i figli nati in costanza di matrimonio, che quelli adottivi, che quelli nati al di fuori del matrimonio.
In caso di un beneficio attribuito con la frase “a mia moglie” si potrebbe porre il dubbio sul soggetto legittimato ad essere considerato beneficiario laddove si abbia a verificare la premorienza della moglie in vita al momento della designazione ed il vedovo si sia risposato con la presenza quindi di una seconda moglie al verificarsi del sinistro. Tenuto conto della volontà del contraente che intendeva far riferimento, al momento della stipula del contratto, alla moglie in vita al momento della designazione, non conoscendone nè potendo individuarne altre in allora, è chiaro che ad essa si dovrà far riferimento (e quindi ai suoi eredi) e non a quella eventualmente presente al momento del sinistro, salvo ovviamente diverse indicazioni del contraente stesso in un testamento od in una dichiarazione successiva. In caso di designazione generica ai figli, ai fratelli si dovrebbe invece far riferimento proprio in considerazione della genericità della designazione, ai figli od ai fratelli esistenti al momento dell'evento. Beneficio attribuito agli eredi
La designazione generica che consente di attribuire il beneficio agli eredi o agli eredi legittimi o testamentari, è indubbiamente quella che ha creato più discussioni particolarmente in relazione alle modalità di ripartizione dell'indennità prevista in contratto. Anzitutto, si deve osservare come l'individuazione dei beneficiari-eredi vada effettuata attraverso l'accertamento della qualità di erede secondo i modi tipici di delazione dell'eredità.
Si può poi rilevare essere stato ritenuto, in un primo tempo, da una corrente giurisprudenziale che la ripartizione tra gli eredi delle quote dell'indennità, in mancanza di uno specifico criterio di ripartizione, deve venir effettuata in parti uguali, non applicandosi la disciplina codicistica in materia di successione con le relative quote. Tanto conseguirebbe al fatto che per il comma 3 dell'art. 1920 c.c. il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione che trova fondamento nel contratto, è autonomo e non è derivato dal diritto del contraente, per cui la clausola che designa beneficiari gli eredi è idonea a far acquistare agli stessi i diritti nascenti dal contratto a loro favore (Cass. Civ. Sez. I, 10/11/1994 n. 9388). Altra corrente giurisprudenziale, che potrebbe peraltro definirsi minoritaria, ha invece ritenuto che con la clausola che designa il beneficio a favore degli eredi le parti abbiano voluto non solo individuare con riferimento alle concrete modalità successorie i destinatari dei diritti nascenti dal contratto, ma anche determinare l'attribuzione dell'indennizzo in misura proporzionale alla quota in cui ciascuno è succeduto posto che in mancanza di diverse precisazioni lo scopo dello stipulante sarebbe quello di assegnare il beneficio nella stessa misura regolata dalla successione e non in parti uguali. (Cass. Civ. Sez. III, 29/9/2015 n. 19210). Successive decisioni hanno peraltro ripreso la precedente impostazione precisando che il riferimento alla categoria degli eredi non vale ad assoggettare il rapporto alle regole della successione ereditaria, trattandosi di una mera indicazione del criterio per individuare i beneficiari. (Cass. Civ. Sez. VI Ord. 15/10/2018 n. 25635; nella giurisprudenza di merito v. Trib. Torino 17/7/2019 da Leggi d'Italia Rep.; per ulteriori richiami si rinvia a A. Polotti di Zumaglia - Le assicurazioni contro i danni alla persona, cit. p. 153; nonché con completo aggiornamento a A. Polotti di Zumaglia Vita (Assicurazioni sulla) in Digesto Agg. 2021) A fronte delle opposte posizioni così delineatesi la questione venne devoluta alle Sezioni Unite della Suprema Corte con ordinanza interlocutoria (v. Cass. Civ. Sez. III, Ord 16/12/2019 n. 33195) E le Sezioni Unite hanno risolto la questione con un'articolata sentenza con la quale, dopo aver richiamate le opposte argomentazioni, si è anzitutto ribadito che in caso di designazione a favore degli eredi ciascuno di essi, acquista, in virtù dell'art. 1920 c.c., un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione e ciò indipendentemente dalla rinuncia o dall'accettazione dell'eredità. Viene quindi stabilito il principio per il quale la designazione generica degli eredi quali beneficiari, in difetto di una inequivoca diversa volontà del contraente, non comporta la ripartizione dell'indennizzo tra gli aventi diritto secondo la proporzione della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori una quota uguale dell'indennizzo il cui pagamento ciascuno potrà esigere dall'assicuratore nella rispettiva misura. (Cass. Civ. Sez. Unite 30/4/2021 n. 11421)
La questione relativa alla ripartizione dell'indennizzo assicurativo tra i beneficiari- eredi risulta così definitivamente risolta in aderenza a quella corrente che risultava maggioritaria. Detta sentenza afferma, peraltro, anche un altro principio di diritto precisando che allorché uno dei beneficiari premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione alla quota che sarebbe spettata a quest'ultimo. Detti eredi subentrano, infatti, per rappresentazione, a sensi del comma 2 dell'art 1412 c.c. nei diritti del beneficiario premorto e proprio perché il loro diritto trova la sua causa nella successione, non essendo un diritto proprio come era invece quello del soggetto al quale succedono basato sull'art. 1920 c.c., sarà soggetto alle regole della successione ereditaria per cui l'indennità verrà divisa tra detti eredi non più in parti uguali ma secondo le regole del codice civile.
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