Processo amministrativo: sì alle udienze da remoto (ma solo in casi eccezionali)

Redazione scientifica
07 Ottobre 2021

Nel regime introdotto dall'art. 7-bis dl. n. 105/2021 non è possibile la discussione della causa da remoto se non ricorrono i casi eccezionali previsti dalla stessa norma.

Un avvocato depositava istanza di discussione da remoto ai sensi dell'art. 7-bis d.l. n. 105/2021, deducendo di avere interesse alla discussione orale e adducendo un duplice impedimento, personale e professionale, ad essere presente fisicamente in udienza.

I giudici amministrativi hanno chiarito che l'art. 7-bis d.l. n. 105/2021 ha inteso prevedere la discussione c.d. da remoto, quale alternativa al rinvio della causa, in ipotesi del tutto eccezionali legate a provvedimenti della pubblica autorità adottati in connessione con la pandemia da COVID-19 durante lo stato di emergenza nazionale, e non ha invece inteso in alcun modo regolare gli altri casi di impedimento personale o professionale del difensore.

L'art. 7-bis, infatti, fa riferimento a «situazioni eccezionali non altrimenti fronteggiabili e correlate a provvedimenti assunti dalla pubblica autorità per contrastare la pandemia di COVID-19»: la norma, in quanto eccezionale, è di stretta interpretazione e non può essere estesa analogicamente, essendo peraltro inesistente un caso analogo alla pandemia da COVID-19 che costituisce un unicum storico.

Nello specifico, il Presidente del plesso giudiziario, per autorizzare la discussione da remoto, è tenuto a verificare rigorosamente:

- che esistano provvedimenti assunti dalla pubblica autorità per contrastare la pandemia;

- che la situazione non sia altrimenti fronteggiabile;

- che la situazione sia eccezionale. L'eccezionalità deve ritenersi riferita sia alla gravità dell'andamento pandemico che impedisce la partecipazione del difensore, sia alla preponderante urgenza e importanza della causa per cui viene chiesta la discussione da remoto, tale da non tollerare rinvii o un passaggio in decisione senza discussione orale. «Mentre il secondo e terzo presupposto fattuale devono essere verificati caso per caso, con riferimento alla singola causa» – proseguono il C.g.a. - «il primo presupposto consente alcune considerazioni esegetiche di ordine generale».

In particolare, i provvedimenti della pubblica autorità che costituiscono il presupposto fattuale per autorizzare le udienze da remoto possono consistere:

​​​​​- in misure che vietino la circolazione delle persone su tutto o parte del territorio nazionale, così impedendo a un difensore di recarsi presso l'ufficio giudiziario;

- in misure sanitarie ad personam che impongano al singolo difensore un periodo di quarantena o isolamento che gli impedisce di raggiungere l'udienza.

«L'onere della prova dell'esistenza di un siffatto tipo di provvedimento» - concludono i Giudici - «è a carico del difensore che chiede la discussione da remoto».

Per questi motivi, il C.g.a. respinge l'istanza di rinvio.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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