Ascolto del minore e capacità genitoriale

Paola Silvia Colombo
01 Ottobre 2021

Dopo l'ascolto del minore in sede di udienza presidenziale e l'intervento degli assistenti sociali, è possibile richiedere un nuovo ascolto del minore e/o una CTU sullo stesso e sulla capacità genitoriale del genitore non collocatario anche in sede di memoria istruttoria?

Dopo l'ascolto del minore in sede di udienza presidenziale e l'intervento degli assistenti sociali, è possibile richiedere un nuovo ascolto del minore e/o una CTU sullo stesso e sulla capacità genitoriale del genitore non collocatario anche in sede di memoria istruttoria?

Il minore, dopo che il padre è scomparso dalla vita dello stesso e si è riavvicinato solo a seguito della notifica del ricorso e dell'intervento dei servizi sociali, nuovamente si rifiuta di frequentare la casa del padre dopo un iniziale riavvicinamento. Ad oggi non vuole più recarsi dal padre che gli impone la presenza sgradita dei nonni.

Il diritto del minore ad essere ascoltato dal Giudice nelle procedure che lo riguardano è stato originariamente previsto, a livello di normativa sovranazionale, nella Convenzione di New York del 1989 (l. n. 176/1991), che ha affermato il diritto del fanciullo, capace di discernimento, di esprimere la propria opinione su qualsiasi questione lo riguardi, con possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerna.

Nella normativa nazionale, l'audizione del minore ha trovato una sua generale consacrazione nell'art. 315-bis c.c. con riguardo ai rapporti genitori-figli, nell'art. 336-bis c.c. che ne disciplina le modalità di ascolto e nell'art. 337- octies c.c.

L'ascolto del minore costituisce una modalità, tra le più importanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato, ad esprimere le proprie opinioni nonché a partecipare attivamente ai procedimenti che lo riguardano.

Nel disporre tale misura, il Giudice perseguirà senza ombra di dubbio sempre il reale interesse del minore, ma dovrà altresì capirne i bisogni profondi e disporre quanto è possibile per tutelarne una crescita serena ed equilibrata.

L'ascolto del minore è utilizzato, infatti, non solo per dare voce ai desideri dei figli, ma anche al fine di comprendere se tali desideri discendano da scelte consapevoli e mature.

Non bisogna trascurare che, salvo ragioni di particolare gravità, il Giudice tenderà sempre a preservare il rapporto genitori-figli e altresì nonno-nipoti, nell'ottica del riavvicinamento così come previsto dall'art. 316- bis c.c.

In ogni caso, sarà il Tribunale a valutare se la soddisfazione dei desideri espressi dal minore corrisponda davvero al suo interesse (Cass. civile, sez. I, 17 maggio 2012, n. 7773 e cfr. Trib. Pavia, 7 novembre 2016) e, nel caso di specie, se la presenza dei nonni paterni sia stata “imposta” dal padre e sia tanto malsana da pregiudicare il benessere del minore.

Tuttavia, il Giudice, qualora decidesse di disporre una nuova audizione del minore, non potrà non tener conto, ai fini della sua decisione, del parere emesso dai Servizi Sociali già precedentemente da lui incaricati.

Ritengo che, nel caso in esame, tenuto conto della sua complessità, lo strumento più utile per il Giudice, al fine di comprendere meglio la attuale situazione familiare, sia la consulenza tecnica.

La consulenza tecnica mira, infatti, oltre che a valutare le capacità genitoriali, a fotografare la condizione psicologica e relazionale della famiglia in generale evidenziandone i punti di fragilità, di forza, le aree di criticità e le risorse utili per attuare cambiamenti evolutivi in senso positivo.

L'esame della consulenza tecnica, nel caso in oggetto, potrebbe coinvolgere anche il rapporto tra il minore e i nonni, visto che uno degli elementi di disagio per il minore nel rapporto con il padre è proprio la presenza dei nonni stessi.

Il Giudice può disporre la consulenza tecnica (d'ufficio o su richiesta delle parti) in qualsiasi momento del processo.

Sul punto, infatti, è intervenuta la Suprema Corte che, con la sentenza Cass. n. 5422/2002 ha esplicato, con riferimento alla consulenza tecnica d'ufficio, che quest'ultima non costituisce un mezzo di prova, ma è finalizzata all'acquisizione, da parte del giudice del merito, di un parere tecnico necessario, o quanto meno utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze. La nomina del consulente rientra, dunque, a tutti gli effetti nel potere discrezionale del giudice. Ne consegue che«tale richiesta non può mai considerarsi tardiva, anche se formulata solamente in sede di precisazione delle conclusioni, nè generica, poiché è sempre il giudice che, avvalendosi dei suoi poteri, delimita l'ambito dell'indagine da affidare al consulente tecnico d'ufficio».