Il Consiglio di Stato rinvia all'ANAC, per ulteriori approfondimenti, la bozza di Linee Guida in materia di in house providing

Esper Tedeschi
11 Ottobre 2021

La Sezione Consultiva del Consiglio di Stato, chiamata a pronunciarsi sullo schema di linee guida recanti “Indicazioni in materia di affidamenti in house di contratti aventi ad oggetto lavori, servizi o forniture disponibili sul mercato in regime di concorrenza ai sensi dell'articolo 192, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i.” ha rilevato che: 1) de iure condito, l'approvazione delle Linee Guida dovrebbe tener conto del mutato contesto normativo e delle implicazioni derivanti dal d.l. n. 77/2021 (normativa sul PNRR); 2) de iure condendo l'opportunità di emanare le Linee guida esaminate dovrebbe essere vagliata ulteriormente in ragione delle prossime possibili modifiche alla normativa degli appalti o degli ulteriori interventi normativi strumentali all'attuazione del PNRR.In conclusione, il Consiglio di Stato ha osservato che l'istituto dell'in house providing appare stabilizzato in ambito nazionale e comunitario. Piuttosto, prima di pronunciarsi sul merito della proposta, la Sezione ha ritenuto di domandare all'ANAC un'ulteriore riflessione sui predetti profili e sull'opportunità dell'intervento.
Premessa. Il quadro normativo e giurisprudenziale consolidato in materia di in house providing

Prima di passare all'analisi dello schema delle Linee Guida – rectius, alla valutazione dell'opportunità dell'intervento dell'ANAC – il Consiglio di Stato si sofferma, brevemente, sull'evoluzione giurisprudenziale e normativa che ha riguardato l'istituto dell'in house providing.

In particolare, la Sezione Consultiva osserva che in materia si è pronunciato spesso il Consiglio di Stato (si vedano, da ultimo, Sez. I, n. 1374 del 3 agosto 2021, e n. 1389 del 7 maggio 2019, nonché Sez. III, n. 1385 del 25 febbraio 2020), che ha sempre ribadito come la società in house sia equiparabile ad un “ufficio interno” dell'ente pubblico che l'ha costituita, sicché non sussiste tra l'ente e la società un rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale, ed è questa caratteristica l'unica a giustificare l'affidamento diretto, senza previa gara, di un appalto o di una concessione.

Sul tema non ha mancato di esprimersi, come noto, nemmeno la Corte di Giustizia, la quale, da ultimo, ha ritenuto conforme al diritto dell'Unione l'art. 192, d.lgs. n. 50/2016, che subordina la conclusione di un “contratto in house” all'impossibilità di procedere all'aggiudicazione di un appalto e, in ogni caso, alla dimostrazione, da parte dell'amministrazione aggiudicatrice, dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all'operazione interna, demandando in sostanza allo Stato membro la definizione di un punto di equilibrio tra i due valori da bilanciare, senza fornire indicazioni più concrete e specifiche (Sezione IX, ord. 6 febbraio 2020, C-89/19, C-90/19, C-91/19 – Rieco s.p.a.).

Sul tema della disciplina dell'in house, la Corte Costituzionale, con la sentenza 27 maggio, n. 100, ha respinto le censure di incostituzionalità sull'art. 192, codice dei contratti pubblici, non rivenendo né un eccesso di delega né la violazione del divieto di “goldplating”.

Anche il legislatore è recentemente intervenuto in materia inserendo, nella disciplina del PNRR di cui al d.l. n. 77/2021 conv con modificazioni in l. 108/2021, l'art. 10, rubricato “Misure per accelerare la realizzazione degli investimenti pubblici”, che ha, per un verso, ampliato l'area applicativa del ricorso all'in house providing, autorizzando le amministrazioni interessate – nell'ambito delle finalità del PNRR e segnatamente per accelerare gli investimenti pubblici (art. 10, co. 1) – ad avvalersi, mediante apposite convenzioni, “del supporto tecnico-operativo di società in house qualificate ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”, e, per l'altro verso, ha introdotto, nel comma 3, una disciplina ad hoc della motivazione del ricorso alla formula dell'in house in deroga al mercato, meno stringente di quella dell'art. 192, co. 2, d.lgs. n. 50/2016, non prevedendo alcun riferimento ai “benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”, bensì solo che “la valutazione della congruità economica dell'offerta ha riguardo all'oggetto e al valore della prestazione” e che la motivazione del provvedimento di affidamento dia conto “dei vantaggi, rispetto al ricorso al mercato, derivanti dal risparmio di tempo e di risorse economiche, mediante comparazione degli standard di riferimento della società Consip S.p.A. e delle centrali di committenza regionali”.

L'onere motivazionale “aggravato” per la scelta dell'in house providing nella bozza di Linee Guida ANAC

In tale contesto giurisprudenziale consolidato sul tema dell'in house providing, ma in piena evoluzione dal punto di vista legislativo, è intervenuta l'ANAC con l'adozione dello schema di Linee Guida sull'onere di motivazione ex art. 192, co. 2, codice dei contratti pubblici, col precipuo fine di fornire un'interpretazione estensiva del dato letterale del codice, ma comunque in linea con la ratio della disposizione.

In particolare, dalla nota di accompagnamento allo schema di linee Guida emerge la volontà di dell'Autorità di:

- allargare l'ambito applicativo dell'onere di motivazione anche agli appalti di lavori e di forniture, esclusi dal dato letterale dell'art. 192, co. 2, d.lgs. n. 50/2016;

- attribuire al termine “concorrenza” un significato “atecnico”, riferendosi alle prestazioni che siano svolte in modo alternativo sul mercato;

- ritenere escluse dall'applicazione della norma in esame le sole prestazioni che non sono al momento disponibili sul mercato e non potranno esserlo in futuro;

- invitare le P.A. alla pubblicazione della motivazione in anticipo rispetto al provvedimento di affidamento.

L'esigenza dell'ANAC trae origine dalla relazione AIR, che ha reso evidente la forte diffusione degli affidamenti diretti effettuati dagli enti territoriali in favore delle società partecipate (cfr. relazione 2021 della Corte dei conti, Sezione delle Autonomie), e dai dati pubblicati dal Ministero dello sviluppo economico relativi agli affidamenti dei servizi pubblici locali negli anni dal 2017 al 2020.

In concreto, l'ANAC ha anche osservato come le gli atti adottati dalle Amministrazioni ai sensi dell'art. 192, co. 2, codice dei contratti pubblici, mentre si dilungano notevolmente sulla sussistenza dei requisiti dell'in house sono molto sintetici nella parte dedicata alla vera e propria motivazione del mancato ricorso al mercato, dove vengono frequentemente utilizzate formule di stile che denotano l'assenza di una valutazione del caso.

Le conclusioni del Consiglio di Stato sulla (in)opportunità delle Linee Guida

Lo schema delle Linee Guida si inserisce in un contesto normativo dinamico – soprattutto sotto la spinta urgente dello sviluppo e dell'attuazione del PNRR, del Piano nazionale per gli investimenti complementari e del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, ma anche, più in generale, sotto la spinta della ripresa economica seguente alla pandemia da covid-19 – che riguarda più in generale tutto il settore degli appalti pubblici. A tal riguardo è di pochi mesi fa il disegno di legge AS 2330 di Delega al Governo in materia di contratti pubblici, presentato dal Governo al Senato in data 21 luglio 2021, con l'obiettivo (tra gli altri) di “assicurare il perseguimento di obiettivi di stretta aderenza alle direttive europee mediante l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione corrispondenti a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse” che potrebbe ulteriormente cambiare le prassi amministrative e gli equilibri oggetto dell'intervento dell'ANAC.

Peraltro, la materia dei contratti pubbliciè stata già oggetto di pesanti interventi legislativi succedutisi in brevissimo tempo, volti a garantire semplificazione e accelerazione delle procedure: si pensi al d.l. 18 aprile 2019, n. 32, conv. in l. 14 giugno 2019, n. 55, oppure al d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv. in l. n. 11 settembre 2020 e, da ultimo, al d.l. n. 77/2021 che reca un apposito Titolo IV dedicato ai Contratti pubblici.

Tutti questi elementi, secondo la Sezione Consultiva del Consiglio di Stato, devono essere presi in considerazione per l'esame delle Linee Guida proposte dall'ANAC.

In particolare, l'approvazione delle Linee Guida dovrebbe tenere in debito conto due aspetti:

- de iure condito, il menzionato art. 10, d.l. n. 77/2021 e il possibile impatto delle nuove prassi sugli effetti attesi dalla legge;

- de iure condendo, l'opportunità di emanare le linee guida in esame pur nella eventualità di una possibile, prossima, modifica del quadro legislativo con la riforma in itinere del codice dei contratti o con un altro degli interventi normativi strumentali all'attuazione del PNRR.

Ad ogni modo l'ANAC dovrebbe anche considerare l'impatto operativo per le P.A. delle Linee Guida proposte, in un contesto di ravvicinate modifiche normative a diverso livello e delle conseguenze in termini di stabilità, chiarezza e uniformità di applicazione.

Inoltre, come visto, l'intervento dell'Autorità si inserisce in un contesto giurisprudenziale sostanzialmente consolidato sia in ambito nazionale sia comunitario.

Sicché – conclude il Consiglio di Stato – prima ancora di valutare nel merito la proposta dell'ANAC, quest'ultima dovrebbe verificare l'opportunità di adottare le Linee Guida nel settore dell'in house provding e, dunque, analizzare i possibili incroci di interventi, normativi e non, e la loro reciproca compatibilità, in particolare in riferimento al contesto di attuazione del PNRR acquisendo eventualmente anche l'avviso sulle prossime prospettive de iure condendo del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e della Presidenza del consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi.

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