Requisiti necessari per ritenere la volontà testamentaria coartata per effetto di dolo

Francesca Maria Bava
11 Ottobre 2021

Quali sono i requisiti per ritenere la volontà testamentaria coartata per effetto di dolo e quindi impugnabile ex art. 624 c.c.?
Massima

Il ruolo preminente della volontà testamentaria impone di non ritenere sufficienti – al fine di poter affermare che essa sia affetta da dolo o c.d. captatio benevolentiae – mere influenze psicologiche sul testatore, quali blandizie, richieste, suggerimenti o sollecitazioni, essendo invece necessario provare l'utilizzo di veri e propri mezzi fraudolenti tali da trarlo in inganno, suscitando nel medesimo false rappresentazioni e indirizzando la sua volontà in un senso in cui spontaneamente non si sarebbe orientata.

Il caso

La controversia, avente ad oggetto questioni di natura successoria che si intrecciano a vicende inter vivos, trae origine da due testamenti, uno del 1993 in cui la testatrice, coniugata con due figlie, attribuiva ad una figlia e al nipote la sua quota di proprietà di un negozio di ottica di cui era titolare con il marito, e l'altro del 2002, in cui istituiva eredi universali in quote uguali le sue due figlie.

Successivamente il marito, in proprio e in rappresentanza della moglie in forza di procura generale, vendeva ad un terzo l'intera proprietà del citato immobile, ma nelle more veniva proposto un giudizio penale volto a far dichiarare la falsità della procura.

Dopo il decesso della moglie, il coniuge e la figlia non beneficiaria del suddetto lascito hanno avviato un giudizio civile contro l'altra figlia e il nipote al fine di far accertare, tra l'altro, che l'attribuzione contenuta nel testamento del 1993 era da ritenersi revocata ex art. 686 c.c., stante la successiva vendita dell'immobile, o in subordine per far accertare che il suddetto testamento era frutto di violenza o dolo posti in essere nei confronti della testatrice dalla figlia beneficiata, sul presupposto che ella avrebbe preteso dalla madre la redazione di tale testamento in occasione di un viaggio dei genitori in Sud America, inveendo contro gli stessi e affermando che se essi non avessero assecondato la sua volontà il rapporto di parentela si sarebbe incrinato.

L'altra figlia e il nipote, convenuti in giudizio, hanno chiesto invece l'accertamento della falsità della procura in forza dei motivi posti alla base della querela di falso già da loro proposta, la conseguente nullità o annullabilità o inefficacia della compravendita del negozio di ottica e, quindi, la validità delle disposizioni contenute nel testamento del 1993, in relazione al quale hanno affermato non esservi prove di captazione.

La questione

Tra le varie questioni sollevate, si intende qui soffermarsi su una in particolare: quali sono i requisiti per ritenere la volontà testamentaria coartata per effetto di dolo e quindi impugnabile ex art. 624 c.c.?

Le soluzioni giuridiche

Con riferimento all'impugnazione per dolo o violenza del testamento ai sensi dell'art. 624 c.c., occorre anzitutto premettere che non vi è uniformità di vedute sul rapporto tra dolo e captazione, la quale può essere definita come comportamento volto a suggestionare una persona al fine di indurla a testare o a non testare a favore di determinate persone.

Secondo alcuni autori (L. Barassi, Le successioni per causa di morte, Milano, 1947, 253) la captazione sarebbe un vizio della volontà autonomo rispetto al dolo e alla violenza, caratterizzato da elementi di entrambi.

Altro orientamento (A. Trabucchi, Il dolo nella teoria dei vizi del volere, Padova, 1937, 300 ss.) sostiene, invece, che la captazione sarebbe da ritenersi equivalente al dolo testamentario.

Infine, la dottrina prevalente (G. Caramazza, Delle successioni testamentarie, in Comm. Teorico pratico cod. civ., dir. Da De Martino, Novara, 1982, 624) identifica la captazione con una forma attenuata di dolo.

Tuttavia, la distinzione dottrinale tra dolo e captazione non è condivisa dalla giurisprudenza (Cass. civ., sez. I, 12 maggio 1973, n. 1315; Cass. civ., sez. II, 4 ottobre 1976, n. 3246; 19 luglio 1999, n. 7668; Cass. civ., sez.II, 20 marzo 2001, n. 8047), per la quale la captazione è da ricondursi al dolo (con possibile pronuncia di indegnità ex art. 463 n. 4 c.c.).

Il Tribunale di Monza, nel caso in esame, ha aderito all'orientamento giurisprudenziale consolidato anche con riguardo ai requisiti necessari per la prova della captazione che, pur potendo essere presuntiva, «deve fondarsi su fatti che consentano di identificare e ricostruire l'attività captatoria e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore» (Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 2014, n. 824).

Il Tribunale pertanto non ha accolto l'impugnazione proposta, ritenendo troppo generiche le deduzioni attoree e mancanti degli elementi caratterizzanti la “undue influence”, quali una relazione di fiducia tra il testatore e chi esercita influenza su di lui, l'intervento di quest'ultima nella preparazione o nella redazione del testamento, la suscettibilità del testatore all'attività captatoria in ragione dell'età e delle sue condizioni mentali e fisiche ed infine una attribuzione “innaturale”, tanto più inaspettata quanto più suscettibile di essere frutto di una influenza indebita.

La sentenza in oggetto fa propri i principi posti alla base del citato orientamento di matrice anglosassone, in forza del quale l'influenza per essere rilevante deve essere indebita (“undue”) e sfociare in un abuso, non costituendo motivo di annullamento ingerenze meno incisive, come quella esercitata nel caso in esame nei confronti della madre dalla figlia beneficiaria del lascito.

A conferma della sussistenza della capacità testamentaria, il Tribunale ha sottolineato, inoltre, come il testamento olografo controverso sia stato depositato (e mai ritirato) presso un notaio, il quale nel riceverlo si era senz'altro accertato della capacità della testatrice (in linea con quanto sostenuto anche dalla Cass. civ., sez. II, 7 luglio 1978, n. 3411).

Conseguentemente è stata sancita l'efficacia del testamento del 1993 e qualificata l'attribuzione del negozio di ottica come legato in conto di legittima in applicazione anche dei criteri di interpretazione soggettiva, non potendosi detta disposizione intendersi revocata ai sensi dell'art. 686 c.c. stante la falsità della procura generale di vendita, come dichiarata nel parallelo procedimento penale, e la conseguente inefficacia della relativa compravendita.

Osservazioni

L'impugnabilità del testamento ai sensi dell'art. 624 c.c. richiede pertanto la prova della sussistenza di veri e propri mezzi fraudolenti, che siano idonei a trarre in inganno il testatore in considerazione dell'età e del suo stato di salute, “suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata” (ex multis, Cass. civ., sez. II, 22 gennaio 1985, n. 254).

L'influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore deve essere provata e fondarsi su fatti certi, diversi dalla mera piaggeria, blandizia, affettuosità (Cass. civ., sez. II, 11 aprile 2017, n. 9309).

Si sottolinea, tuttavia, come tale orientamento consolidato renda oltremodo difficile, se non impossibile, provare la coartazione determinata da pressioni esterne che, pur non integrando un comportamento fraudolento, incidono comunque sulla volontà del testatore.

Si potrebbe pertanto discutere se tale interpretazione restrittiva dell'art. 624 c.c., confinato ai casi più estremi di frode, sia idonea ad assicurare in toto una libera manifestazione di volontà testamentaria che di fatto potrebbe essere minata anche da apparentemente semplici richieste, sollecitazioni, blandizie o se, invece, sia auspicabile un'estensione del suo ambito applicativo.

Riferimenti

G. Capozzi, Successioni e donazioni, tomo I, Giuffrè, 2015, 740 ss.;

A. Spatuzzi, Le ultime volontà del testatore anziano e vulnerabile, in Il corriere giuridico, 2/2020, 209 ss.;

M. Girolami, Libertà testamentaria e captazione nel pensiero di Alberto Trabucchi, in Rivista di diritto civile, 5/2017;

V. Brizzolari, Annullamento del testamento per dolo e incapacità naturale: uno sguardo comparatistico, in NGCC 5/2018;

G. Cian, Sui vizi del volere nella dichiarazione testamentaria, in Rivista di diritto civile 5/2017.

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marzo

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n. 6396

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Cass. civ., sez.

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28 maggio 2008, n. 14011

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Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 201

4, n. 824

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