La valutazione dello stato d'insolvenza delle società in liquidazione

Andrea Didone
19 Ottobre 2020

Lo stato di insolvenza delle società in liquidazione, destinate non a permanere nel mercato ma solo a soddisfare i creditori sociali, si valuta raffrontando il totale dell'attivo liquidabile con l'ammontare totale dei debiti?

Lo stato di insolvenza delle società in liquidazione, destinate non a permanere nel mercato ma solo a soddisfare i creditori sociali, si valuta raffrontando il totale dell'attivo liquidabile con l'ammontare totale dei debiti?

Caso pratico - E' stato domandato dal Pubblico ministero il fallimento di una società (Tribunale di Catania), esponendo un debito erariale contabilizzato dall'agente della riscossione superiore a € 2.000.000,00, senza che il debitore avesse mai aderito a progetti di rateizzazione, depositato atti di pianificazione strategica con riguardo alla liquidazione dell'attivo o un piano di ristrutturazione che consentisse un serio e credibile prospetto di recupero di flussi finanziari.

Si è costituita la società intimata la quale, in via pregiudiziale, ha eccepito l'omessa notifica del ricorso introduttivo in quanto con la posta elettronica certificata sarebbe stato inviato il solo provvedimento di designazione del giudice delegato, la violazione del termine di difesa, nonché la illegittimità del provvedimento dichiarativo di urgenza, in deroga alla sospensione dei termini ai sensi dell'art. 83 DL n. 18/2020.

Eccepiva, inoltre, l'omessa indicazione, in ricorso, dello stato di liquidazione della società convenuta e, quindi, la sua non corretta identificazione, nonché la improcedibilità del ricorso sulla scorta di una “moratoria generale” per le istanze depositate anche prima dell'8.3.2020.

Nel merito, ha contestato l'esistenza del debito erariale, rilevando che sia stato prodotto un mero estratto di ruolo non idoneo a formare la prova del debito e, infine, ha contestato lo stato di insolvenza rilevando che la società, messa in liquidazione nel 2011, presentava un attivo di quasi 3 milioni di euro a fronte di debiti erariali inferiori e parzialmente prescritti.

Il Tribunale, preliminarmente, rigettava le istanze avanzate in via pregiudiziale, rilevando come nessun diritto di difesa risultasse compromesso dalla mancata indicazione dello stato di liquidazione della società nell'istanza di fallimento.

Sulle altre censure pregiudiziali, rilevava che la società si è costituita due giorni prima dell'udienza, con ciò sanando l'eventuale vizio afferente l'instaurazione del contraddittorio per il raggiungimento dello scopo e potendo, in tal modo, prendere effettiva visione del contenuto del ricorso.

Inoltre, poiché il Giudice delegato aveva rinviato la prima udienza, concedendo alle parti termini per memorie, riteneva il Tribunale che siano stati comunque rispettati i termini minimi a difesa e garantito l'esercizio di tutti i diritti a difesa.

Esaminato il merito della questione, il Tribunale, ritenuta la propria competenza, concludeva per la sussistenza dei presupposti per la declaratoria di fallimento.

Spiegazioni e conclusioni - Ai sensi dell'art. 5 L.F., lo stato d'insolvenza, presupposto oggettivo ai fini della dichiarazione di fallimento per l'imprenditore che esercita un'attività commerciale - si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Ciò premesso, ci si domanda se, qualora una società sia posta in liquidazione, possa ritenersi di per sé insolvente e quindi essere dichiarata fallita.

Come confermato da un costante indirizzo giurisprudenziale, al quesito deve darsi risposta negativa, in quanto la società che si trova in liquidazione non può, solo per questo, essere ritenuta automaticamente insolvente e quindi dichiarata fallita.

Del resto, la procedura di liquidazione è fisiologicamente destinata alla cessazione dell'attività d'impresa ed al pagamento dei debiti, sicché lo stato di insolvenza, nei termini di cui all'art. 5 L.F., va comunque verificato in concreto.

Inoltre, è principio consolidato quello secondo cui “nelle società in liquidazione, poiché l'unico obiettivo è quello del soddisfacimento delle ragioni dei creditori, lo stato di insolvenza va accertato con riferimento allo sbilancio fra attività e passività, non rilevando più la capacità dell'impresa di restare sul mercato” (Cass., 6 settembre 2006, n. 19141).

Più nello specifico, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, cui la sentenza in commento aderisce, “quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell'applicazione della L. Fall., art. 5, deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto - non proponendosi l'impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori previa realizzazione delle attività, ed alla distribuzione dell'eventuale residuo tra i soci - non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte" (cfr. Cass., 3 agosto 2017, n. 19414).

Conseguentemente, da ciò discende l'onere, a carico della società in liquidazione, di dimostrare la sussistenza di beni, attività o disponibilità finanziarie sufficienti al soddisfacimento dei propri creditori, impedendo così l'accoglimento dell'istanza di fallimento.

Nel caso di specie, la società fu messa in liquidazione quasi dieci anni prima della declaratoria di fallimento, mancando peraltro un piano di ristrutturazione funzionale alla soddisfazione del ceto creditorio.

Sicché, sostiene correttamente il Tribunale di Catania che sebbene la valutazione del giudice, qualora si tratti si società in liquidazione, debba essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, è tuttavia necessario tener conto anche delle concrete possibilità di realizzo e della relativa tempistica, non essendo questione secondaria il ritardo spropositato nella realizzazione del credito (in questo senso Cass., 7 ottobre 2019, n. 24948).

Facendo applicazione dei suddetti principi, il Tribunale di Catania ha dichiarato il fallimento della società convenuta, ritenendo sussistenti i relativi presupposti ai sensi degli artt. 1 e 5 L.F.

Normativa e giurisprudenza

  • Art. 1 L.Fall.
  • Art. 5 L. Fall.
  • Cass., 7 ottobre 2019, n. 24948
  • Cass., 3 agosto 2017, n. 19414
  • Cass., 6 settembre 2006, n. 19141

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