Revoca dell’assegno divorzile e sua decorrenza: irripetibilità delle somme già versate
14 Ottobre 2021
Massima
La riduzione reddituale dell'ex coniuge obbligato al versamento dell'assegno divorzile, la capacità lavorativa del beneficiario titolare di fonte di reddito unitamente alla sussistenza di una relazione affettiva stabile e duratura di quest'ultimo, giustificano la revoca dell'assegno divorzile con decorrenza dalla pronuncia del provvedimento che dispone l'esclusione dell'assegno divorzile; ciò comporta che le somme già versate non vadano restituite. Il caso
Il Tribunale di Busto Arsizio dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da F.D. e P.O. prevedendo, per il mantenimento della moglie, la corresponsione da parte del marito di un assegno mensile di € 1000,00 e prevedendo l'impegno della moglie a versare e corrispondere la quota rata di mutuo mensile di € 500,00 circa relativo all'acquisto dell'immobile destinato a casa coniugale. Successivamente il marito, a seguito delle proprie modificate condizioni lavorative che ne hanno determinato una diminuzione del reddito, adiva il Tribunale di Busto Arsizio affinché revocasse l'assegno in favore della moglie; il predetto Tribunale disponeva la riduzione dell'assegno divorzile in favore della moglie da € 1000,00 a € 500,00 mensili con decorrenza da giugno 2019. Avverso tale decreto il marito proponeva reclamo e chiedeva la revoca integrale dell'assegno divorzile, mentre la moglie instava per il relativo rigetto e, in via subordinata, per il ristabilimento dell'entità del mantenimento nella misura di € 1000,00 mensili. La questione
Le questioni affrontate dalla Corte di Appello di Milano sono le seguenti: quando è possibile revocare l'assegno divorzile? da quando decorre la revoca dell'assegno? le somme già versate sono ripetibili o irripetibili? Le soluzioni giuridiche
La spettanza dell'assegno divorzile in favore del coniuge debole è stata ed è oggetto di un vivace dibattito ed evoluzione giurisprudenziale affinché vi fosse adeguatezza delle norme al vissuto dei soggetti ed alle loro esigenze concrete. La previsione di un assegno periodico in favore del coniuge che non ha mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni oggettive è prevista dall'art. 5, comma 6, l. n. 898/1970. La giurisprudenza consolidatasi dagli anni novanta - integrando la predetta normativa piuttosto sintetica - stabiliva che i presupposti per concedere l'assegno fossero volti alla conservazione del tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio. Tale interpretazione, che creava - di fatto - rendite ingiustificate, è stata superata drasticamente dalla sentenza della Cassazione n. 11504/2017 (c.d. sentenza Grilli) che, di segno opposto, ha negato il riconoscimento dell'assegno divorzile al richiedente che fosse economicamente autosufficiente. Questo contrasto giurisprudenziale ha indotto la Cassazione ad intervenire a Sezioni Unite con la sentenza Cass. n. 18287/2018 che ha riconosciuto all'assegno divorzile una funzione assistenziale a tutela del coniuge più debole ed una funzione compensativa e perequativa al fine di remunerare le rinunce professionali fatte dal coniuge richiedente nel corso della vita matrimoniale e di valorizzarne l'apporto fornito alla vita familiare; tutto ciò in ossequio al principio di solidarietà post coniugale nel pieno rispetto degli artt. 2 e 29 della Costituzione. Pertanto, l'importo del contributo dell'assegno divorzile deve essere quantificato tenendo conto di tutte e tre le predette funzioni. Secondo il principio posto a fondamento di tutte le statuizioni adottate in materia di diritto di famiglia - quello del rebus sic stantibus - qualora nel tempo sopraggiungano giustificati motivi, le medesime possono essere modificate o revocate da parte del Tribunale; tanto accade anche per l'assegno divorzile, come espressamente previsto dall'art. 9 l. n. 898/1970, per adattare il predetto assegno ai modificati assetti esistenti tra gli ex coniugi. Nel decreto in commento l'assegno divorzile in favore della ex moglie, ridimensionato in sede di modifica, viene revocato dalla Corte di Appello sul duplice riscontro da un lato del mutamento degli equilibri reddituali posti a fondamento del riconoscimento dell'assegno e dall'altro della non contestata relazione stabile della richiedente. L'ex marito ha dimostrato che, a seguito della mutata posizione lavorativa, è intervenuta conseguentemente una riduzione della propria capacità reddituale; per contro è emerso che l'ex moglie, avendo capacità lavorativa, disponeva già di una fonte di reddito da lavoro che comportava il venir meno della ricorrenza delle finalità assistenziali, perequative e compensative della corresponsione dell'assegno. Nel caso in esame non si riscontra, pertanto, una inadeguatezza dei mezzi del richiedente né l'impossibilità a procurarseli per ragioni oggettive tali da giustificare una conferma dell'assegno divorzile in suo favore; la richiedente, vieppiù, aveva una relazione affettiva connotata dai caratteri della stabilità e della durata pur in mancanza della comune residenza e della effettiva convivenza continuativa. La Corte ha, pertanto, aderito al nuovo orientamento giurisprudenziale che ancora la revoca dell'assegno divorzile non più alla sussistenza della coabitazione ma all'esistenza di una stabile e consolidata relazione affettiva con il partner che comporti, di fatto, un incremento delle risorse economiche dell'ex coniuge. Accertata, pertanto, la necessità di revocare l'assegno divorzile la Corte di Appello di Milano ha ritenuto che la predetta decorra dal momento di pubblicazione del provvedimento con la consequenziale non ripetibilità delle somme già versate dal soggetto onerato; tanto partendo dall'assunto secondo cui i provvedimenti presidenziali ex art. 708 c.p.c., o meglio tutti i provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici fra i coniugi, assicurano il diritto al mantenimento del coniuge debole fino alla eventuale esclusione e/o al ridimensionamento della sua entità cristallizzati in un provvedimento di carattere sostanziale e definitivo con possibilità di stabilire diverse decorrenze a seguito del verificarsi dei cambiamenti. La Corte, pertanto, in ossequio al principio di disponibilità delle prove e di quello della domanda, ha accolto il reclamo proposto dal marito ritenendo che la revoca, volta alla necessità di adeguare il caso concreto alle reali attuali condizioni dei due ex coniugi, decorra dal momento di pubblicazione del proprio decreto. Dalla revoca dell'assegno divorzile con decorrenza dalla pubblicazione del decreto della Corte di Appello discende che le somme o le maggiori somme già versate a tale titolo dall'ex marito in favore dell'ex moglie sono da considerarsi irripetibili. La problematica della decorrenza della revoca dell'assegno divorzile è oggetto di dibattito e di contrasto giurisprudenziale; infatti la presente pronuncia della Corte di Appello di Milano è in contrasto con l'orientamento maggioritario che, in caso di revoca dell'assegno divorzile a seguito di richiesta di modifica, fa decorrere la predetta revoca dalla data della domanda e non da quella della decisione su di essa (Cass. civ. ord. n. 22108/2018). Di segno opposto alla decisione presa dai giudici milanesi ed in linea con l'orientamento consolidatosi nel tempo è la decisione della Corte di Appello di Bari, prima sezione, sentenza del 4/2/2021. Doveroso precisare che l'efficacia dell'assegno divorzile, nella sua originaria quantificazione, “decorre dal momento della formazione del titolo in forza del quale è dovuto, cioè dal passaggio in giudicato della sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio”, mentre la variazione dell'entità dell'assegno, disposta in esito a procedimento di revisione ex art. 9 l. n. 898/1970, può “decorrere dalla data della domanda di revisione, non da quella della decisione su di essa”, (Cass. civ. n. 4415/1986; Cass. civ. n. 3080/1985; Cass. civ. n. 19057/2006). Il provvedimento di modifica dell'assegno divorzile produce i suoi effetti dalla data della relativa domanda rimanendo intoccabile il diritto connesso al periodo precedente la domanda e corrispondente al giudicato che si è già formato ed è così entrato a far parte del patrimonio dell'ex coniuge. Altresì il momento in cui sono maturati i presupposti per la modifica o la revoca dell'assegno è irrilevante con la conseguenza che il provvedimento di revisione non può decorrere dal momento dell'accadimento del fatto posto a fondamento della domanda ma decorre sempre dalla data della domanda di modifica (Cass. civ. sent., n. 11913/2009, Cass. civ. sent., n. 16173/2015). Ed ancora, poiché un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio, prevale l'orientamento inteso a far decorrere la revoca dalla data della relativa domanda. Analogo ragionamento vale anche per l'assegno di mantenimento reso in sede di separazione che decorre anch'esso dal momento della domanda in quanto si vuole tutelare la parte debole del rapporto riconoscendo il beneficio economico sin dal principio del giudizio evitando, in tal modo, che i tempi del processo possano essere di nocumento. Osservazioni
La decisione della Corte di Appello di Milano induce a riflessioni sulla sorte che hanno le somme già versate a titolo di assegno divorzile e su come la previsione di ripetibilità o meno delle stesse sia un profilo di fondamentale importanza per i soggetti coinvolti. Basti solo considerare come, con la disposta revoca, la restituzione delle somme già percepite possa incidere negativamente sul soggetto percettore dell'assegno che sarà obbligato ad un esborso che difficilmente potrà sopportare. Al fine di evitare una siffatta situazione di pregiudizio la giurisprudenza maggioritaria ritiene che l'assegno divorzile non vada restituito “solo se le obbligazioni abbiano […] carattere sostanzialmente alimentare” e “nei soli limiti in cui […] possono ritenersi dirette ad assicurare unicamente i mezzi economici necessari per far fronte ad esigenze di vita, così da essere normalmente consumate per adempiere a tale destinazione”. La decisione della Corte di Appello di Milano è certamente condivisibile quando afferma la non ripetibilità delle somme già versate che sgrava l'ex coniuge debole da onerose restituzioni di somme delle quali, di fatto, l'onerato si è già privato e sulle quali lo stesso non fa più affidamento per il proprio sostentamento e che, in concreto, si rivelerebbero quali inaspettati incrementi economici.
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