Caso Regeni: la Corte d'Assise annulla la declaratoria di assenza e il decreto che dispone il giudizio

Redazione Scientifica
19 Ottobre 2021

Si pubblica l'ordinanza del 14 ottobre 2021 con cui la Corte d'Assise di Roma ha dichiarato la nullità della declaratoria di assenza e del conseguente decreto che dispone in giudizio, adottati nei confronti degli imputati per l'omicidio di Giulio Regeni all'udienza preliminare del 25 maggio 2021 dal GUP e ordinato la restituzione degli atti.

Si pubblica l'ordinanza del 14 ottobre 2021 con cui la Corte d'Assise di Roma ha dichiarato la nullità della declaratoria di assenza e del conseguente decreto che dispone in giudizio, adottati nei confronti degli imputati per l'omicidio di Giulio Regeni all'udienza preliminare del 25 maggio 2021 dal GUP e ordinato la restituzione degli atti.

Il GUP aveva ritenuto integrata un'ipotesi di volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento, sulla base di alcuni indici fattuali da cui ricavare in via indiziaria l'effettiva conoscenza da parte degli imputati del procedimento a loro carico. In particolare:

  • durante le indagini preliminari gli imputati sono stati sentiti più volte, acquisendo dunque conoscenza di un procedimento sulla morte di Giulio Regeni e di elementi che ne determinavano il loro coinvolgimento;
  • la copertura mediatica del caso, tale da poter essere considerata “notoria” anche con riferimento alla loro qualità di imputati;
  • la conoscenza delle indagini e dell'esito del procedimento italiani da parte degli apparati investigativi egiziani, di cui gli imputati hanno fatto parte con ruoli apicali;
  • la circostanza che gli indagati sono stati reiteramente invitati, sia per via diplomatica che rogatoriale, a eleggere domicilio in Italia ai sensi dell'art. 169 c.p.p.

La Corte d'assise, invece, ha sostenuto che gli elementi considerati dal GUP non possono assurgere al rango di prova certa della conoscenza da parte degli imputati della pendenza di un processo a loro carico nei termini imposti dalle garanzie costituzionali e convenzionali, a tutela del diritto di difesa, indispensabili ai fini della dichiarazione di assenza. Si legge in motivazione che «Si è in presenza, infatti, di dati presuntivi dai quali può inferirsi, in termini di ragionevole certezza, soltanto la conoscenza da parte degli imputati, dell'esistenza di un procedimento penale a loro carico avente ad oggetto gravi reati ai danni del ricercatore Giulio Regeni, ma non certo quella più pregnante conoscenza, che rileva ai fini della instaurazione di un corretto rapporto processuale, relativa alla vocatio in iudicium davanti al GUP (e poi davanti a questa Corte), con riferimento alla specifiche imputazioni elevate a loro carico, afferenti a plurime fattispecie di reato, una soltanto delle quali ascritta a tutti gli imputati, caratterizzate dunque da specifici e distinti ruoli. […]
la sola generica conoscenza della pendenza del procedimento non basta per presumere sic et simpliciter la conoscenza certa del processo e non può soprattutto ritenersi dimostrato che ciascun imputato abbia avuto concreta e piena conoscenza delle specifiche accuse mosse a suo carico in un provvedimento formale di citazione a giudizio.

Se, alla luce di queste circostanze, non è possibile affermare che sia stato dimostrato con ragionevole grado di certezza che gli imputati avevano una conoscenza sufficiente dell'azione penale e delle accuse a loro carico, non si può neanche concludere che essi abbiano tentato di sottrarsi alla giustizia o che abbiano rinunciato in maniera non equivoca al loro diritto di partecipare al giudizio, come affermato dalla Corte EDU negli arresti citati».