Dichiarazione di stato di adottabilità in assenza di una C.T.U. sulle capacità genitoriali della madre
19 Ottobre 2021
Massima
In tema di dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore, ove i genitori facciano richiesta di una consulenza tecnica relativa alla valutazione della loro personalità e capacità educativa nei confronti del minore per contestare elementi, dati e valutazioni dei servizi sociali - ossia organi dell'Amministrazione che hanno avuto contatti sia con il bambino che con i suoi genitori - il giudice che non intenda disporre tale consulenza deve fornire una specifica motivazione che dia conto delle ragioni che la facciano ritenere superflua, in considerazione dei diritti personalissimi coinvolti nei procedimenti in materia di filiazione e della rilevanza accordata in questi giudizi, anche dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo. Il caso
La Corte di appello di Palermo ha rigettato l'appello proposto da A.M.G. e Ca.Ro., avverso la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Palermo, che aveva dichiarato lo stato di adottabilità dei minori C.D., Co.De., C.M. e C.S. La Corte di appello di Palermo, a sostegno della decisione impugnata, condividendo le statuizioni di primo grado, ha ritenuto che le risultanze istruttorie erano inequivoche e che sussisteva il rischio che lo sviluppo psicofisico dei minori potesse essere gravemente e irreversibilmente pregiudicato; che la relazione degli operatori della comunità (OMISSIS) aveva messo in evidenza che i minori provenivano da una ambiente familiare non tutelante e che, dopo un anno dall'inserimento in comunità, le difficoltà dei minori si erano lievemente attenuate. I giudici di secondo grado, inoltre, hanno affermato: - con specifico riferimento all' A., che la madre era incapace di prendersi cura dei propri figli e specificamente di accudire la più piccola, S., e che si relazionava con loro solo con il rimprovero, senza ascoltare i loro bisogni e mostrava un atteggiamento svalutante durante le visite, inficiando così il lavoro svolto dagli operatori sui minori e incidente sulla autostima della figlia De.; la stessa, oltre a squalificare il marito davanti ai figli, non si rendeva conto delle gravi crisi respiratorie delle figlia J.; la stessa, dopo la nascita di Cl. il (OMISSIS), avuta dalla relazione con il convivente Cr.Gi., non si era più presentata agli appuntamenti fissati dal Consultorio e nel riprendere i contatti, continuava a non ammettere le proprie carenze genitoriali; - con riguardo a Co.Ma. che lo stesso, inizialmente, si era reso irreperibile e che aveva dimostrato di non sapere instaurare con i figli un valido rapporto, tanto da non venire percepito come persona autorevole e che diverse volte non si era presentato alle visite, senza avvisare, con ciò confermando il suo disinteresse alla cura e all'assistenza dei bambini; egli non reagiva al comportamento della moglie, che lo squalificava davanti ai figli e nemmeno alle offese proferite dai figli stessi; - in relazione a Ca.Ro., nonna materna, che la stessa, oltre ad essere del tutto inconsapevole delle problematiche dei minori, come la figlia, non aveva mai manifestato una concreta disponibilità all'affidamento, limitandosi ad aderire alle iniziative della A.; - con riferimento a P.M., nonna paterna, che la stessa non aveva mai instaurato alcun legame affettivo con i nipoti, dando una disponibilità ad accoglierli e durante gli incontri i nipoti non manifestavano alcun piacere nel vederla e anche la P. rimaneva passiva e non faceva nulla per relazionarsi con loro. A.M.G., avverso la detta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione. con atto affidato a due motivi.
La questione
La questione che la Suprema Corte si trova a dover risolvere è se possa ritenersi legittima la decisione del Giudice di merito circa la dichiarazione dello stato di abbandono e della conseguente dichiarazione dello stato di adottabilità anche in assenza di una C.T.U. psicologica sulle capacità genitoriali della madre. Le soluzioni giuridiche
La soluzione fornita dalla Suprema Corte alla questione sopra prospettata è nel senso di ritenere legittima la sentenza dei Giudici di merito che avevano dichiarato lo stato di abbandono e la conseguente adottabilità dei minori. A tale conclusione i Giudici di legittimità pervengono mettendo in evidenza i plurimi elementi istruttori posti a fondamento della decisione impugnata: a) la relazione degli operatori della comunità, da cui emergeva come i minori, privi di regole, poco abituati ad una corretta igiene quotidiana e con atteggiamenti aggressivi e provocatori, provenivano da un ambiente familiare non tutelante; con specifico riferimento alla madre, la stessa era risultata incapace di prendersi cura dei propri figli e specificamente di accudire la più piccola, S., e che si relazionava con loro solo con il rimprovero, senza ascoltare i loro bisogni e mostrava un atteggiamento svalutante durante le visite, inficiando così il lavoro svolto dagli operatori sui minori e incidente sulla autostima della figlia De.; la madre, oltre a squalificare il marito davanti ai figli, non si rendeva conto delle gravi crisi respiratorie delle figlia J.; il tentativo della stessa di recuperare la propria capacità genitoriale, imponendo delle regole di comportamento, non era stato continuo e la stessa, dopo la nascita di Cl, avuta dalla relazione con il convivente Cr.Gi., non si era più presentata agli appuntamenti fissati dal Consultorio e nel riprendere i contatti, continuava a non ammettere le proprie carenze genitoriali, non riconoscendo neppure le problematiche della figlia neonata e, presso l'abitazione della stessa, sono state rilevate evidenti inadeguatezze strutturali; b) le dichiarazioni rese dalla psicologa del consultorio familiare e dal consulente tecnico d'ufficio nominato nel procedimento riguardante la minore Cr.Cl..A.; c) la relazione di consulenza svolta dalla Dott. L. in altro procedimento sulla capacità genitoriale della A.; d) l'audizione dei genitori e delle nonne, materna e paterna. La Suprema Corte ha, poi, richiamato la propria giurisprudenza in materia di C.T.U. nell'ambito dei procedimenti di adozione. In particolare, è stato affermato che, «in tema di dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore, ove i genitori facciano richiesta di una consulenza tecnica relativa alla valutazione della loro personalità e capacità educativa nei confronti del minore per contestare elementi, dati e valutazioni dei servizi sociali - ossia organi dell'Amministrazione che hanno avuto contatti sia con il bambino che con i suoi genitori - il giudice che non intenda disporre tale consulenza deve fornire una specifica motivazione che dia conto delle ragioni che la facciano ritenere superflua, in considerazione dei diritti personalissimi coinvolti nei procedimenti in materia di filiazione e della rilevanza accordata in questi giudizi, anche dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, alle risultanze di perizie e consulenze». Inoltre, nel procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore le relazioni degli assistenti sociali e degli psicologi costituiscono, nel quadro dei rapporti informativi, degli accertamenti e delle indagini da compiere in via sommaria e secondo il rito camerale, indizi sui quali il giudice può fondare il suo convincimento e la cui valutazione non comporta violazione dei diritti di difesa dei genitori, atteso che questi ultimi, nel successivo giudizio di opposizione alla dichiarazione di adottabilità (e oggi di impugnazione), hanno il diritto di prendere cognizione di dette relazioni, di controdedurre e di offrire prova contraria. Osservazioni
L'ordinanza in rassegna si segnala perché con essa la Suprema Corte conferma la decisione dei Giudici di merito che avevano dichiarato lo stato di abbandono e lo stato di adottabilità dei minori, pur senza espletare una C.T.U. psicologica sulle capacità genitoriali della madre, ma fondando il proprio convincimento unicamente su altri elementi raccolti nel corso dell'istruttoria, tra i quali, in particolare, la relazione dei Servizi Sociali. Due considerazioni meritano di essere svolte. La prima è che, accanto all'orientamento giurisprudenziale condiviso dall'ordinanza in rassegna, ve ne è un altro che impone «particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità, ai fini del perseguimento del suo superiore interesse, potendo tale diritto incontrare un limite solo nei casi in cui la sua famiglia non sia in grado di prestare, in via non transitoria, le cure necessarie, con conseguente configurabilità di un endemico e radicale stato di abbandono, in quanto i genitori irreversibilmente siano incapaci di allevare ed educare i figli per totale inadeguatezza a prendersene cura». In tema di adozione del minore, quindi, il giudice, nella valutazione della situazione di abbandono quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, deve decidere compiendo un'analisi concreta e attuale, basata su indagini e approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata. Infatti, solo un'indagine sulla persistenza e non solo sulla preesistenza della situazione di abbandono può condurre ad una corretta valutazione del parametro contenuto nell'art. 8 l. n. 184/1983, dovendosi tenere conto del diritto del minore a vivere nella propria famiglia di origine. Non basta tenere in considerazione le capacità del genitore, ma occorre anche osservare lo stato psicologico del minore, la sua evoluzione, il permanere di problematiche non superate e gli eventuali rischi di regressioni o peggioramenti (così Cass. 29 settembre 2017, n. 22933). Ci si potrebbe chiedere se una dichiarazione di stato di abbandono basata principalmente su elementi indiziari quali le relazioni dei Servizi Sociali possa ritenersi compatibile con gli elevati standard probatori richiesti in materia dall'orientamento giurisprudenziale più rigoroso. La seconda considerazione attiene alla C.T.U. sulla cosiddetta “capacità genitoriale”. È stato osservato in letteratura che, spesso, vengono demandate al C.T.U. indagini che prescindono da disturbi e disfunzionamenti in grado di produrre una compromissione delle capacità connesse alle funzioni genitoriali, ma che riguardano condotte e comportamenti non necessariamente derivanti da questo o quel tratto della personalità e quindi non soggetti ad una interpretazione "clinica". Tali condotte e tali comportamenti, più o meno rispettosi dei diritti e dell'interesse dei figli, non devono essere accertati solamente nell'ambito di una consulenza tecnica psicologica, ma devono essere ritenuti provati attraverso l'utilizzo dei mezzi di prova tipici (interrogatori, testimonianze, documenti, precedenti decisioni) e specifici della materia (ascolto del minore, relazioni dei servizi sociali e psicologici territoriali o delle aziende sanitarie). L'eccessiva estensione della CTU psicologica in senso "psicodiagnostico" rischia di spogliare il giudice delle sue prerogative e di allargare indebitamente l'ambito di indagine affidato all'esperto secondo discrezionalità interpretative in un ambito che invece richiede un ancoraggio a criteri valutativi più oggettivi (G. B. Camerini, Indagini e valutazioni cliniche sulla personalità nelle ctu in tema di famiglia: limiti e criticità,in Famiglia e Diritto, 2020, 10, 984). Riferimenti
G. B. Camerini, Indagini e valutazioni cliniche sulla personalità nelle ctu in tema di famiglia: limiti e criticità, in Famiglia e Diritto, 2020, 10, 984; S. Giuliano, Stato di abbandono e grave pregiudizio per lo sviluppo della personalità del minore nell'adozione "piena", in Famiglia e Diritto, 2020, 1, 107. |