Minore nato all'estero da GPA: sì alla rettifica dell'atto di nascita con l'indicazione del padre intenzionale
20 Ottobre 2021
Massima
È ammessa la rettifica, presso il Comune di residenza del padre biologico, dell'atto di nascita di due minori, nati a seguito di gestazione per altri (GPA), con l'indicazione del padre quale ulteriore genitore “intenzionale”, stante la necessità di effettuare sempre nell'interesse del minore, il bilanciamento tra il diritto del minore all'identità personale e le norme pubblicistiche che sanzionano la gestazione per altri. L'istituto dell'adozione in casi particolari, ex art. 44, lett. d), l. 184/1983 non può essere considerato strumento idoneo alla protezione dell'interesse del minore, in quanto pur tutelando il suo diritto alla vita familiare, non garantisce una piena legittimazione del suo status filiationis, come avviene nell'ipotesi di trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero. Il caso
A seguito del rigetto del Tribunale di Bari di accogliere l'istanza presentata da Tizio e Caio volta ad ottenere la rettifica da parte del Comune degli atti di nascita dei figli minori – formatisi in California e già trascritti con la sola indicazione del genitore biologico e il doppio cognome – al fine di indicare quale genitore anche quello non biologico, Tizio e Caio hanno proposto reclamo, ex art. 739 c.p.c., alla Corte d'Appello di Bari affinché modificasse o revocasse il decreto di rigetto del Tribunale perché iniquo, ingiusto e gravemente pregiudizievole sia per i genitori, sia per i minori. Dopo l'intervento del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica che, in udienza, ha formulato parere favorevole all'accoglimento del reclamo, con decreto del 9 ottobre 2020, la Corte d'Appello di Bari ha accolto il reclamo così disponendo la rettifica degli atti di nascita dei minori, prevedendo l'indicazione di Caio quale ulteriore genitore, nonché ha ordinato all'Ufficiale di Stato Civile di provvedere a tale rettifica. La questione
Chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del rigetto del Tribunale di Bari di accogliere la richiesta di rettifica dell'atto di nascita, con riferimento alla possibilità di indicare quale genitore anche il padre “intenzionale”, la Corte d'Appello ha ritenuto prioritario accertare la sussistenza di un eventuale contrarietà tra la richiesta di rettifica e l'ordinamento e l'ordine pubblico, nonché una eventuale discrasia – per effetto del diniego del Tribunale –tra la situazione di fatto e la sua riproduzione negli atti dello stato civile. Le soluzioni giuridiche
Prima di affrontare nel merito la questione, dopo un'attenta ricostruzione dell'orientamento giurisprudenziale in materia, i giudici della Corte d'Appello hanno rilevato, in primis, la complessità della materia in esame, caratterizzata da elementi di novità, anche collegati all'evoluzione del costume sociale, sottolineando come la stessa necessiti dell'intervento mirato del legislatore al fine di garantire maggiore tutela al bambino nato a seguito di gestazione per altri. Nello specifico, i giudici hanno evidenziato che la funzione degli atti dello stato civile è quella di attestare la veridicità dei fatti menzionati nei relativi registri e che la finalità del procedimento di rettifica ai sensi dell'art. 95, d.P.R. n. 396/2000, è proprio quella di eliminare una difformità tra la situazione di fatto – quale è o dovrebbe essere nella realtà secondo la legge – e come, invece, risulta dall'atto dello stato civile, a seguito di un vizio originato nel procedimento di formazione dell'atto. A dire della Corte, pertanto, in casi come quello in esame, il giudice è tenuto ad effettuare una doppia verifica: i) verificare se il diniego relativo alla richiesta di indicare anche il genitore non biologico sull'atto di nascita abbia determinato una discrasia tra la situazione di fatto e la sua riproduzione negli atti dello stato civile, così non rispecchiando fedelmente la situazione di fatto stessa; ii) accertare che la richiesta di rettifica sia conforme o in contrasto all'ordine pubblico. In relazione a tale ultimo aspetto, i giudici baresi hanno effettuato un excursus delle recenti pronunce più rilevanti sul punto e hanno, in particolare, richiamato i principi già enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con pronuncia n. 12193/2019 e applicati, altresì, dal Tribunale di Bari. Con la sentenza n. 12193, la Suprema Corte ha evidenziato come la valutazione della contrarietà all'ordine pubblico internazionale dell'atto straniero vada fatta non solo con riferimento ai principi costituzionali, ma altresì a quelli espressi nelle fonti sovranazionali e internazionali e al modo in cui gli stessi sono stati recepiti nel diritto interno, come ad esempio la tutela del “superiore interesse del minore” che in fattispecie come quella in oggetto va contemperato con la tutela di altri valori considerati essenziali nell'ordinamento, quali l'interesse alla verità biologica e la tutela della dignità della donna. Tali principi sono stati considerati dalla Cassazione prevalenti rispetto al diritto del nato alla conservazione dello status filiationis legittimamente acquisito all'estero, che è destinato ad affievolirsi in caso di ricorso alla surrogazione di maternità, considerato che il disvalore per tale pratica rappresenta un ostacolo per la tutela degli interessi in gioco, tra i quali l'interesse del minore alla tutela della sua identità personale. Lo stesso disvalore penale alla gestazione per altri è stato riconosciuto anche dalle autorità francesi che nei casi Mennesson e Labassee, nel 2011, avevano negato la trascrizione degli atti di nascita di bambini nati con GPA negli Stati Uniti nei registri di stato civile, in riferimento sia al genitore intenzionale, sia a quello biologico, sul presupposto che tali trascrizioni avrebbero legittimato l'accordo di maternità surrogata, da considerarsi nullo in quanto contrastante con l'ordine pubblico. Sul punto, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, chiamata a pronunciarsi sull'eventuale violazione dei principi della CEDU, ha ravvisato come le autorità francesi abbiano violato l'art. 8 della Convenzione con riferimento al rispetto per la vita privata del minore, nonché superato il margine di apprezzamento consentito agli Stati. La CEDU è poi tornata a pronunciarsi sul tema della GPA nel recente parere pubblicato il 10 aprile 2019, su sollecitazione della Court de Cassation francese, con il quale ha evidenziato come il rispetto della vita privata del minore, con riferimento al riconoscimento del legame di filiazione con il genitore “intenzionale” – e quindi privo di alcun vincolo biologico – non si concretizzi necessariamente con la trascrizione dell'atto di nascita straniero nei registri dello stato civile, risultando sufficienti anche altre modalità di riconoscimento di tale legame (come l'adozione del minore da parte del genitore intenzionale), purché sia assicurata una procedura tempestiva e efficace, che possa così salvaguardare la relazione tra il minore e chi lo ha voluto mettere al mondo. La Corte barese ha, dunque, evidenziato come nella fattispecie in esame il conflitto sorga tra l'identità personale del minore, comprensiva del diritto al riconoscimento dei suoi legami personali e familiari e la dignità della gestante, i principi sull'adozione e il divieto di gestazione per altri, qualificabili come limite all'ordine pubblico. Nell'evidenziare la rilevanza del “superiore interesse del minore”, i giudici d'appello hanno, altresì, richiamato il decreto n. 187 del 28 gennaio 2020 della Corte d'Appello di Firenze che nell'analizzare il concetto di ordine pubblico internazionale, in una prospettiva di bilanciamento con principi di pari rango, ha ritenuto come in casi simili, il riconoscimento dell'atto vietato (nello specifico l'atto di nascita) potrà essere negato in quanto contrario all'ordine pubblico internazionale solo nel caso in cui i rimedi alternativi offerti dal diritto interno siano adeguati e non cagionino intollerabile sacrificio o compromissione dell'interesse del minore. E così, ai fini della decisione, i giudici pugliesi si sono interrogati sulla possibilità di identificare, nell'ordinamento italiano, adeguati strumenti di protezione volti a garantire e tutelare l'identità personale dei minori e la loro risposta è stata negativa. Infatti, la Corte ha dapprima rilevato come la normativa vigente – la legge 40 del 2004 – e l'interpretazione giurisprudenziale non siano idonee a garantire un pieno riconoscimento alternativo alla genitorialità intenzionale in forma effettiva e rapida, così come indicato dalla Corte EDU nel parere di aprile 2019 in precedenza richiamato, neppure con il ricorso all'istituto dell'adozione in casi particolari prevista dall'art. 44, comma 1, lett. d), l. 184/1983. Non solo. I giudici della Corte barese hanno poi evidenziato come l'ordinamento italiano non legittimi la genitorialità omosessuale sotto il duplice aspetto della procreazione medicalmente assistita (PMA), nonché quello dell'adozione. Infatti: i) l'accesso alle tecniche di PMA in Italia è, ai sensi dell'art. 5, l. 40/2004, esclusivamente consentito a coppie di sesso diverso, con esclusione, pertanto, dei single e delle coppie same-sex; ii) pur dichiarando applicabili all'istituto dell'unione civile le stesse disposizioni vigenti in relazione all'istituto del matrimonio, la l. 76/2016 esclude la possibilità di applicare alle coppie unite civilmente le norme del codice civile non richiamate espressamente dalla legge stessa, né le disposizioni previste dalla legge n. 184/1983, per l'adozione in casi particolari. Tra l'altro, la Corte d'Appello ha evidenziato come l'istituto dell'adozione risponda a una finalità – quella di garantire l'inserimento del minore in un nucleo familiare già formato ed estraneo alla sua nascita –, diversa rispetto all'esigenza di protezione dell'interesse del minore perseguita nei casi di specie, che si attuerebbe solo eliminando una mera difformità tra la situazione di fatto sussistente all'interno del nucleo familiare e la relativa rappresentazione nei corrispondenti atti dello stato civile, con indicazione anche del genitore intenzionale quale ulteriore genitore. Infatti, il minore ha diritto: i) di essere riconosciuto figlio di entrambi i soggetti che in una relazione affettiva hanno concorso alla sua nascita; ii) che entrambi i genitori esercitino la piena responsabilità genitoriale consapevolmente e congiuntamente assunta, tramite la manifestazione del consenso alla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA); iii) che entrambi i genitori adempiano ai doveri nei suoi confronti. È, dunque, sulla base di tali osservazioni che la Corte pugliese ha ritenuto di accogliere il reclamo, in quanto, rispetto alla «mera trascrizione nel registro dello stato civile del certificato di nascita legalmente costituito all'estero», l'alternativa offerta dall'ordinamento italiano ai fini del riconoscimento del legame parentale e familiare effettivo tra il genitore cosiddetto “intenzionale” e i due minori, figli biologici del suo partner, è da ritenersi inadeguata a conferire rilievo al rapporto genitoriale, complessivamente inteso, con conseguente danno per l'interesse dei minori. I giudici di secondo grado deducono, pertanto, la non contrarietà all'ordine pubblico della trascrizione richiesta da Tizio e Caio, trascrizione che dovrà essere effettuata dall'ufficiale di stato civile sull'atto di nascita dei due minori. Osservazioni
È apprezzabile osservare come la Corte d'Appello abbia riformato la decisione di primo grado, al fine di garantire la tutela del superiore interesse dei minori a vedere riconosciuta la propria identità personale e familiare ai sensi dell'art. 8 CEDU, la cui protezione ai fini del riconoscimento del rapporto con il genitore intenzionale – secondo il ragionamento della Corte – non poteva essere sufficientemente assicurata con il ricorso allo strumento dell'adozione in casi particolari. Tale decreto si pone, pertanto, nella stessa direzione già tracciata dalla precedente sentenza della Suprema Corte di Cassazione Cass. n. 8325/2020 che ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 6, l. 40/2004, degli artt. 18, d.P.R. 396/2000 e 64, comma 1, lett. g) l. 218/1995, laddove non consentono, secondo l'interpretazione attuale del diritto vivente, che possa essere riconosciuto e dichiarato esecutivo, per contrasto con l'ordine pubblico, il provvedimento emesso da un'autorità giudiziaria straniera diretto ad accertare il rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero a seguito di un procedimento di gestazione per altri (GPA) – ivi legalmente intrapreso – e il genitore intenzionale non biologico, nonché il diritto di quest'ultimo di essere inserito nell'atto di nascita straniero. Ciò perché negare il rapporto di filiazione con riferimento al genitore intenzionale non biologico comporta la violazione delle norme poste a tutela della vita familiare, tutelate dall'art. 8 della CEDU, delle quali il principio di bigenitorialità e uguaglianza tra i genitori è espressione. Il decreto della Corte barese è, pertanto, l'esempio di come, in assenza di un adeguato intervento del legislatore – seppur da ultimo espressamente sollecitato anche dalla Corte Costituzionale – i giudici riconoscono già ora, con le loro pronunce, adeguata tutela ai figli delle coppie same-sex applicando soluzioni interpretative delle norme attualmente vigenti. |