La direttiva europea sulla presunzione di innocenza e i provvedimenti cautelari

27 Ottobre 2021

Esiste una sostanziale differenza tra la presunzione di innocenza prevista dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e la non presunzione di colpevolezza contemplata dalla Costituzione. Nondimeno, tanto l'una quanto l'altra vietano affermazioni anticipate di colpevolezza nel corso del processo. Nei provvedimenti cautelari il rispetto...
Abstract

Esiste una sostanziale differenza tra la presunzione di innocenza prevista dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e la non presunzione di colpevolezza contemplata dalla Costituzione. Nondimeno, tanto l'una quanto l'altra vietano affermazioni anticipate di colpevolezza nel corso del processo. Nei provvedimenti cautelari il rispetto del divieto esige che oggetto della prova sia la probabile colpevolezza, anziché la colpevolezza, fermo restando lo standard probatorio rappresentato dalla regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio.

Presunzione di innocenza e non presunzione di colpevolezza

Nella discussione che si è aperta per l'attuazione della direttiva europea sulla presunzione di innocenza (2016/343/Ue), vi sono due aspetti su cui vale la pena soffermarsi. Il primo riguarda il rapporto tra l'art. 27 comma 2 della Costituzione, secondo cui «l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva», e l'art. 6 par. 2 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo secondo cui «ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata».

Premesso che considerare e presumere sono sinonimi, si è soliti affermare che la nostra Costituzione si limita a fissare una presunzione di non colpevolezza (v., da ultimo, in questo senso L. Violante [2021], secondo cui «il testo europeo si riferisce alla presunzione d'innocenza, l'articolo 27 della nostra Carta parla di presunzione di non colpevolezza. Sono cose un po' diverse»). Posto in questi termini, il discorso appare viziato per la semplice ragione che presunzione (o considerazione) di innocenza e presunzione (o considerazione) di non colpevolezza' sono formule del tutto equivalenti: il non colpevole è l'innocente e viceversa, come d'altronde sottolinea l'etimo della parola ‘in-nocente'.

La realtà è che la Costituzione non prevede alcuna presunzione o considerazione, né di innocenza né di non colpevolezza. Lungi dall'obbligare a considerare o a presumere alcunché, l'art. 27 comma 2 Cost. vieta, invece, di considerare o di presumere l'imputato colpevole. Tale il senso della formula «l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva»: come si può agevolmente constatare, ciò che si nega non è la qualifica di colpevole, ma il verbo considerare, equivalente a presumere. In altri termini, si è in presenza di una ‘negazione passiva' (l'imputato non è considerato colpevole), dove il non precede il verbo; ben distinta dalla ‘negazione attiva' nella quale il non precede la qualifica di ‘colpevole' (l'imputato è considerato non colpevole). Il divieto di presumere è agli antipodi dell'obbligo di presumere; e convertire il primo nel secondo richiede quanto meno la consapevolezza dell'ardito passo logico che si sta compiendo (sulla distinzione tra negazione attiva e negazione passiva, di particolare rilevanza nell'ambito dei verbi epistemici, v. P. Ferrua [2017], 56 s.).

Dopodiché, si può discutere quale tra le due formule sia più appropriata. Supponendo che si voglia ricercare un significato di finzione, né banale né iperbolico, alle due formule, penso che la formula della Convenzione sia più adatta a tutto il corso del giudizio di primo grado; quella della Costituzione sia preferibile in sede di impugnazione (appello e ricorso in cassazione), quando vi sia stata condanna in primo grado. Sarebbe del tutto ovvio e banale non considerare colpevole chi non ha subito alcuna condanna, così come sarebbe iperbolico considerare innocente chi è già stato condannato e, quindi, ritenuto colpevole. La ragionevole finzione sta dunque nel presumere innocente chi non è ancora stato condannato (e che in realtà non può dirsi né colpevole né innocente); e, nell'astenersi dal ritenere colpevole chi è stato condannato in primo grado con sentenza soggetta a impugnazione (e che in realtà dovrebbe ritenersi colpevole).

I provvedimenti cautelari e il divieto di affermazioni anticipate della colpevolezza

Il secondo aspetto riguarda la compatibilità dei provvedimenti cautelari e, soprattutto, della custodia cautelare con la presunzione di innocenza o con la non presunzione di colpevolezza. Lo «schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (285)» aggiunge al codice di procedura penale l'articolo 115-bis (Garanzia della presunzione di innocenza) che così dispone:

«1. Salvo quanto previsto dal comma 2, nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell'imputato, la persona sottoposta a indagini o l'imputato non possono essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. Tale disposizione non si applica agli atti del pubblico ministero volti a dimostrare la colpevolezza della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato.

2. Nei provvedimenti che presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza, diversi dalle decisioni indicate al comma l, l'autorità giudiziaria limita i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l'adozione del provvedimento» […].

Inutile chiedersi quale comma, in questo sibillino testo di pessima lega, alluda ai provvedimenti cautelari. Si può indifferentemente ritenere che siano contemplati nel primo o nel secondo comma o in entrambi, sperando che in sede di formulazione definitiva il dubbio sia sciolto e il testo migliorato. Tuttavia, a prescindere dal significato della disposizione, il problema resta quello di evitare che i provvedimenti relativi alle misure coercitive si risolvano in giudizi anticipati sulla colpevolezza; problema essenzialmente linguistico perché, in definitiva, ciò che vieta la direttiva europea sono proprio le imprudenti affermazioni di colpevolezza prima della condanna.

Come noto, i presupposti dei provvedimenti cautelari nel vigente codice sono il fumus boni iuris, rappresentato dai gravi indizi di colpevolezza (art. 273 c.p.p.) e i pericula libertatis, costituiti dal pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e della commissione di gravi delitti (art. 274 c.p.p.). La maggioranza degli autori ritiene che nel processo sussistano almeno due diversi standard probatori: quello, più elevato, dell'oltre ogni ragionevole dubbio, previsto per le sentenze di condanna dall'art. 533 c.p.p. e quello inferiore, per lo più identificato nel criterio del ‘più probabile che non', operante nel processo civile e, in sede penale, per l'appunto nei provvedimenti cautelari (F. Caprioli [2009], 77 s.; Id. [2008], 111 s.; G. Pierro [2011], 43 s.; D. Vigoni [2017], 378 s.; più di recente, J. Ferrer Beltran [2021], 2214 s.; G. Garofalo [2020], 3892 s.).

Non condivido questa prospettiva, essendo dell'opinione che nel processo sussista un solo standard probatorio, rappresentato dalla regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio, che esprime il livello massimo e al tempo stesso minimo perché una qualsiasi proposizione possa dirsi provata. ‘Massimo', perché il livello superiore della prova oltre ogni dubbio interviene solo nella logica deduttiva dove, se le premesse sono vere, lo è anche necessariamente la conclusione; ‘minimo', perché, se si ritiene che qualcosa possa dirsi ‘provato' anche quando sussistano ragionevoli dubbi, si entra gradualmente, ma inevitabilmente, nella zona delle ipotesi, delle illazioni e dei sospetti (P. Ferrua [2021], 557 s.; Id. [2020], 2639 s.; ma v. anche M. Daniele, [2017], 2017 e P. Paulesu [2009], 228 s.).

Quali conseguenze derivano dalle due diverse prospettive sul terreno dei provvedimenti cautelari? L'operazione probatoria si compone di tre elementi: le prove, ossia l'evidenza disponibile, lo standard probatorio e la proposizione da provare. Secondo i sostenitori della possibilità di ‘provare' secondo un duplice standardprobatorio, nei provvedimenti cautelari le prove sarebbero costituite dai gravi indizi di colpevolezza, lo standard probatorio dalla regola del più probabile che non e la proposizione da provare dalla colpevolezza. Il risultato è che, seguendo questo schema, nei provvedimenti cautelari si dovrebbe ritenere provata e, quindi, affermata la colpevolezza dell'imputato, in pieno contrasto con la presunzione di innocenza della Convenzione europea e con la non presunzione di colpevolezza della Costituzione.

Non così se si ritiene che l'oltre ogni ragionevole dubbio sia lo standard necessario per ritenere provata una qualsiasi proposizione. In tal caso, riflettendo sul senso dell'espressione gravi indizi di colpevolezza, si giunge agevolmente alla conclusione che essa stia ad indicare la ‘probabile colpevolezza'. A questo punto la triade in cui consiste l'operazione probatoria nei provvedimenti cautelari può essere così ricostruita: le prove sono l'evidenza disponibile, lo standard probatorio è, come sempre, la regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio, e la proposizione da provare è la ‘probabile colpevolezza' (esattamente come sul versante dei pericula libertatis la proposizione da provare è il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o della commissione di gravi delitti); prevedere come oggetto di prova la probabile colpevolezza, anziché direttamente la colpevolezza, appare compatibile con il precetto costituzionale dell'art. 27 comma 2 Cost. e con la direttiva europea sulla presunzione di innocenza.

Tutti riconoscono che i gravi indizi di colpevolezza e i pericula libertatis rappresentino i presupposti dei provvedimenti cautelari, allo stesso modo in cui la colpevolezza è il presupposto della condanna. Ora, se i pericula libertatis sono pacificamente oggetto di prova, devono simmetricamente considerarsi oggetto di prova anche i gravi indizi di colpevolezza, traducendo questa espressione nell'equivalente della probabile colpevolezza.

Non è, forse, più coerente e limpido dire che nei provvedimenti cautelari ‘si prova la probabile colpevolezza', anziché dire che ‘si prova la colpevolezza', salvo poi dover puntualizzare che qui il ‘provare' assume un significato semplicemente probabilistico, diverso da quello contemplato per la condanna ai sensi dell'art. 533 c.p.p.? Anche dal punto di vista linguistico, riesce assai più agevole e meno artificioso collocare il ‘probabile' nell'ambito della proposizione da provare (si prova la probabile colpevolezza), che non situarlo come standard del ‘provare' (si prova nella modalità probabilistica la colpevolezza).

Qualcuno dirà che alla lunga non cambia molto tra l'una e l'altra soluzione. Ma, considerato che la direttiva europea si risolve in un'esortazione a non cadere in imprudenti affermazioni della colpevolezza prima della condanna, proponendo così un tema essenzialmente di educazione linguistica, il solo modo per ottemperarvi è di non assumere la colpevolezza come oggetto di prova nei provvedimenti che la precedono.

Per di più, il rischio della teoria dei diversi standard probatori non è soltanto quello del contrasto con la presunzione di innocenza o con la non presunzione di colpevolezza. Essendo la regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio imposta dall'art. 533 c.p.p. solo per la condanna, il giudice potrebbe ritenersi autorizzato, in ogni altro contesto, a seguire la regola del più probabile che non; si aprirebbe così la porta al regno delle illazioni, delle ipotesi e dei sospetti, ovunque, pur essendovi qualcosa da provare, il legislatore non abbia avvertito l'esigenza di menzionare il canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio.

In conclusione

Il rispetto della presunzione di innocenza stabilita dalla Convenzione europea e della non presunzione di colpevolezza contemplata dalla Costituzione esige che nei provvedimenti cautelari oggetto di prova sia la probabile colpevolezza, anziché la colpevolezza, fermo restando lo standard probatorio dell'oltre ogni ragionevole dubbio.

Guida all'approfondimento

Busetto M.L. [2009], Il contraddittorio inquinato, Cedam, Padova, 2009, 173;

Caprioli F. [2009], L'accertamento della responsabilità penale “oltre ogni ragionevole dubbio”, in Riv. it. dir. proc. pen., 2009, 77 s.;

Id. [2008], voce “Condanna (dir. proc. pen)”, in Enc. dir., Annali, vol. II, 1, Giuffrè, Milano, 2008, I, 111 s;

Daniele M. [2017], voce Indizi (diritto processuale penale), in Enc. dir., Annali, X, Giuffrè, Milano, 2017, 511 s.;

Di Bitonto M.L. [2019], La tutela cautelare, in AA.VV., Fondamenti di procedura penale, Cedam, Padova, 2019, 820 s.;

Ferrer Beltran J. [2021], Verso una teoria degli standard probatori, in Cass. pen., 2021, 2214 s.;

Ferrua P. [2021], Il concetto di “provare” e di “provato”, in Diritto penale e processo, 2021, 557 s.;

Id. [2020], Onere della prova, regola di giudizio e standard probatorio: alla ricerca della perduta proposizione da provare, in Cass. pen., 2020, 2639 s.;

Id. [2017], La prova nel processo penale, I, Struttura e procedimento, II ed., Giappichelli, Torino, 2017, 92 s.;

Garofalo G. [2020],Un dialogo giusfilosofico sulla necessità degli standard di prova, in Cass. pen., 2020, 3892 s.;

Paulesu P. [2009], La presunzione di non colpevolezza dell'imputato, II ed., Giappichelli, Torino, 2009, 228 s.;

Pierro G. [2011], Accertamento del fatto e colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio, Aracne, Roma, 2011, 43 s.;

Vigoni D. [2017], Giudizi prognostici e ragionevole dubbio, in AA.VV., Giudizio penale e ragionevole dubbio, a cura di A. Incampo e A. Scalfati, Cacucci, Bari, 2017, 378 s.;

Violante L. [2021], «Stretta inevitabile sulle indagini-show, ora i media siano più sobri», in Il Dubbio, 22 ottobre 2021.

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