Spetta al genitore convivente richiedere il mantenimento del figlio maggiorenne?
26 Ottobre 2021
In caso di procedimento di separazione giudiziale, qualora vi siano figli maggiorenni, non autosufficienti e conviventi con uno dei genitori, a chi compete la legittimazione processuale attiva, al fine di richiedere il contributo al mantenimento dei medesimi? In particolare, può agire, iure proprio, il genitore convivente, in via concorrente ai figli oppure solo questi ultimi hanno la possibilità di agire in via esclusiva, eventualmente tramite l'ordinario rito di cognizione?
La separazione giudiziale è normativamente disciplinata dagli artt. 151 ss. c.c. e 706 ss. c.p.c. Tuttavia, l'art. 155 c.c., rubricato “Provvedimenti riguardo ai figli”, dispone, a seguito di modifica apportata dall'art. 5, d.lgs. n. 154/2013, che: “In caso di separazione, riguardo ai figli, si applicano le disposizioni contenute nel Capo II del titolo IX”. In particolare, l'art. 337–septies c.c., intitolato “Disposizioni in favore dei figli maggiorenni”, trasponendo il contenuto dell'abrogato art. 155-quinquies c.c., stabilisce, al suo comma 1, che: «Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salva diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto». In forza di tale previsione normativa, la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto la legittimazione ad agire in favore del figlio maggiore d'età, ma non autosufficiente dal punto di vista economico (Cfr., ex pluribus, Cass. civ., sent. n. 18844/2007; conf. da Cass. civ., sez. I, sent. n. 23590/2010). I giudici della Suprema Corte hanno, peraltro, opportunamente precisato che non è necessario che l'avente diritto agisca esclusivamente tramite apposita domanda proposta secondo il rito ordinario, ben potendo, invece, quest'ultimo intervenire direttamente nel giudizio di separazione o di divorzio pendente tra i propri genitori. Con riferimento a quest'ultima fattispecie, in dottrina e in giurisprudenza si è invocato il principio giuridico del simultaneus processus, a mente del quale il figlio maggiorenne può esperire la propria richiesta di mantenimento nell'ambito dei procedimenti familiari, volti a regolare i rapporti giuridici ed economici tra i genitori del predetto. D'altro canto, magistrati e studiosi del diritto si sono confrontati sulla facoltà, in capo al coniuge e genitore convivente con il figlio maggiore d'età, ma non autonomo sotto il profilo economico, di domandare all'altro genitore il versamento dell'assegno di mantenimento periodico a beneficio dell'avente diritto, nell'ipotesi in cui quest'ultimo non intenda agire direttamente per conto proprio. La soluzione, percorsa dall'orientamento maggioritario della giurisprudenza di cassazione, è in senso pienamente favorevole al coniuge-genitore convivente con i figli in età maggiore, non ancora economicamente indipendenti (V., fra le tante, Cass. civ., sez. I, sentenze nn. 359/2014 e 921/2014; conf. da Cass. civ., sez. VI, ord. n. 1805/2014). La Suprema Corte ha, infatti, chiarito nelle predette pronunce che sussiste in capo a quest'ultimo la legittimazione ad agire iure proprio, in via alternativa e concorrente a quella del figlio. Nell'argomentare a sostegno di tale attribuzione processuale, gli ermellini hanno evidenziato che il genitore, il quale convive con l'avente diritto ex art. 337 - septies c.c., è direttamente legittimato ad agire per ottenere l'adempimento dell'obbligo di mantenimento della prole, poiché «titolare, nei confronti dell'altro genitore obbligato, di un'autonoma pretesa basata sul comune dovere nei confronti del figlio ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c.». (Si richiama nello specifico, Cass. civ., sez. I, sent. n. 25300/2013; conf. da Cass. civ., sentenza n. 35629/2018). |