Genitore sociale: sì alla trascrizione dell'atto straniero di riconoscimento di un minore da parte della madre intenzionale
28 Ottobre 2021
Massima
In presenza di una valida unione civile tra donne, la mancanza di un legame biologico tra il minore nato all'estero a seguito del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo ed una di esse non impedisce la trascrizione dell'atto di nascita in Italia, risultando determinanti, ai fini della costituzione del rapporto genitoriale, il consenso prestato all'utilizzazione delle predette tecniche e l'esigenza di tutelare l'interesse del minore, la quale esclude che l'identità di sesso tra i genitori possa giustificare un trattamento deteriore per il figlio, in assenza di elementi di contrarietà all'ordine pubblico. L'accertamento della verità biologica e genetica dell'individuo non costituisce valore di rilevanza costituzionale assoluta, tale da sottrarsi a qualsiasi bilanciamento con gli altri interessi coinvolti, in particolare con l'interesse del minore alla conservazione dello status filiationis; tale bilanciamento non può effettuarsi, tuttavia, in caso di maternità c.d. surrogata. Il caso
Una coppia di donne, formata da una cittadina italiana, residente all'estero, e da una straniera, unite civilmente, aveva fatto ricorso all'estero alla fecondazione eterologa, con donatore anonimo. Una delle due donne non aveva fornito alcun apporto biologico alla fecondazione, configurandosi come mero genitore d'intenzione. All'estero veniva formato l'atto di nascita del minore, nel quale figurava una doppia genitorialità femminile. Le due genitrici richiedevano, in seguito, la trascrizione di quell'atto, nei registri di nascita, tenuti presso il Comune di Bari e l'Ufficiale di Stato Civile nulla opponeva. Il Procuratore della Repubblica presso il locale Tribunale aveva, invece, a proporre ricorso ai sensi dell'art. 95 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, chiedendo disporsi la cancellazione della trascrizione dell'atto di nascita. Il Tribunale, prima, e la Corte d'appello poi respingevano la domanda. Il Ministero dell'Interno adiva allora la Suprema Corte che, per quanto qui rileva, ha confermato la piena legittimità della trascrizione dell'atto di nascita di un minore, nato all'estero, secondo un progetto omogenitoriale approvato dall'ordinamento straniero. La questione
Può darsi luogo alla trascrizione dell'atto di nascita straniero del minore nato da PMA di tipo eterologo, nel quale figurino come genitori due donne? Le soluzioni giuridiche
L'ordinanza della Suprema Corte in esame legittima un orientamento, ormai costante nella giurisprudenza di merito, a tenore del quale non risulta contrario all'ordine pubblico interno la trascrizione dell'atto di nascita di un minore, nato all'estero da due madri. Detto orientamento si pone, peraltro, in continuità con il recente pronunciamento delle Sezioni Unite, di cui alla sentenza n. 9006/2021, a tenore del quale non costituisce elemento ostativo alla trascrizione il fatto che il nucleo familiare del figlio minore adottivo sia omogenitoriale, ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione (Cfr. Mazzotta V., Il provvedimento straniero che dichiara l'adozione del minore da parte di coppia omoaffettiva è trascrivibile in Italia, in IlFamiliarista). Come noto, tuttavia, alcune recenti ordinanze della Corte di Cassazione, tra le quali la n. 8029/2020 (cfr. Figone, A., Atto di nascita con due mamme: ancora un no dalla Suprema Corte,in IlFamiliarista), di segno opposto rispetto a quella in commento, avevano escluso la trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero di un minore, nato grazie all'accesso a tecniche di PMA e secondo un progetto omogenitoriale di due donne. Detti pronunciamenti ribadivano che la disciplina interna vigente, contenuta nell'ordinamento dello stato civile e di quello anagrafico della popolazione residente, presupponesse che nell'atto di nascita solo una persona abbia diritto di essere menzionata come madre, secondo il disposto dell'art. 269 c.c., che individua il ruolo di madre in colei che partorisce. La Corte Costituzionale, del resto, aveva ancora piuttosto recentemente respinto la questione di costituzionalità sollevata a proposito del divieto di accesso, in Italia, alla procreazione medicalmente assistita per le coppie omosessuali femminili, ritenuto che dette pratiche fossero riservate alle coppie eterosessuali con problemi di sterilità e/o infertilità (Corte cost n. 221/2019; cfr. Marino G., Il divieto per le coppie omosessuali di accedere alla procreazione assistita non viola la Costituzione in IlFamiliarista). Sottoposta all'attenzione della prima sezione della Corte di Cassazione è nuovamente la vicenda di due donne, delle quali una italiana, ma residente all'estero, che avevano dato vita ad un progetto genitoriale, realizzato fuori dall'Italia; formato nel Paese estero l'atto di nascita con l'evidenza di due madri, ne richiedevano la trascrizione in Italia. L'Ufficiale di Stato Civile accoglieva detta richiesta, senza nulla opporre. Il Procuratore della Repubblica aveva impugnato detta trascrizione, richiedendone la cancellazione, muovendo da due diversi presupposti: che, da un lato, dovesse ripristinarsi lo stato di fatto, che non consentiva l'annotazione nell'atto di nascita di una doppia genitorialità femminile, siccome il minore era stato concepito grazie all'apporto di un donatore di seme anonimo e, dall'altro, che non avrebbe potuto darsi luogo al riconoscimento di un simile legame in Italia, perché contrario all'ordine pubblico interno e/o internazionale, che impediva il riconoscimento di una genitorialità diversa da quella biologica o naturale. La Corte di Cassazione, dopo aver chiarito la natura del procedimento azionato ai sensi dell'art. 95 del d.P.R. n. 396/2000, evidenziandone la diversità rispetto all'azione di stato, volta all'accertamento della verità biologica della discendenza del figlio, ha peraltro sottolineato la non contrarietà all'ordine pubblico internazionale della trascrizione, risultando determinanti, ai fini della costituzione del rapporto genitoriale, il consenso prestato dal genitore d'intenzione all'utilizzazione delle tecniche di PMA e, dall'altro lato, ritenuta l'esigenza di salvaguardare l'interesse del minore, a prescindere dall'appartenenza ad un sesso diverso di ciascuno dei genitori. Nell'enunciare tali assunti, la Suprema Corte ha compiuto un'attenta disamina della fattispecie in esame, chiarito che la nozione di ordine pubblico, rilevante ai fini della l. n. 218/1995, artt. 64 e ss., richiede che la compatibilità tra l'atto e/o il provvedimento straniero con l'ordinamento italiano debba essere valutata alla stregua dei principi fondamentali della Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, nonché del modo in cui detti principi sono stati sintetizzati dal diritto vivente, dal quale non può prescindersi nella ricostruzione della nozione di ordine pubblico, quale insieme dei valori fondanti dell'ordinamento in un determinato momento storico. Allo stesso modo la Cassazione ha considerato, con evidente minor disvalore, il progetto di genitorialità, fondato sul ricorso alla fecondazione eterologa, rispetto a quello fondato sull'utilizzo della surrogazione di maternità, che, invece, è disapprovata nel nostro ordinamento. Nella specie, pur riconoscendo operante nel nostro ordinamento il principio di favore per la conformità dello status di figlio alla realtà procreativa, la Corte ha affermato che tale principio non costituisce un valore di rilevanza costituzionale assoluta, sicché non può sottrarsi a qualsiasi bilanciamento con gli altri interessi coinvolti, in particolare con quello del minore alla conservazione dello status filiationis. Nel concludere come sopra, la Corte ha, poi, compiuto una distinzione tra la fattispecie in esame e quelle, simili, oggetto delle sue più recenti pronunce, che avevano negato la trascrizione dell'atto formato all'estero ove risultava una doppia genitorialità femminile, all'interno di una coppia unita civilmente. Secondo la Corte, si trattava in quei casi di legittimare una fattispecie regolata, ai sensi della l. n. 218/1995, art. 33, dalla sola legge italiana, non presentando la stessa alcun elemento di estraneità con il nostro ordinamento, sicché in esse non operava il raffronto con i principi regolatori dell'ordine pubblico internazionale, bensì con quelli di ordine pubblico interno, caratterizzato da una maggiore estensione, siccome corrispondente al complesso dei principi informatori dei singoli istituti vigenti nel nostro ordinamento. Nel caso in esame, infatti, il minore risultava, cittadino straniero, in quanto nato all'estero da una cittadina britannica, sicché il riconoscimento del rapporto di filiazione con la genitrice c.d. intenzionale, risultante dall'atto di nascita, doveva essere necessariamente subordinato alla verifica della compatibilità con i più “ristretti” principi di ordine pubblico internazionale. Osservazioni
La questione è nota: nel nostro ordinamento la genitorialità omosessuale è senz'altro osteggiata, richiedendosi un intervento del legislatore in materia. Non è consentito, in forza di quanto prevede la legge 40 del 2006, nonché della più recente l. n. 76/2016, che una coppia, benché unita civilmente, come quella di specie, possa dar vita ad un progetto di genitorialità, anche solo nella forma adottiva. Sempre più di frequente, tuttavia, le coppie omosessuali si recano all'estero, in ordinamenti di maggior favore, per realizzare un desiderio di genitorialità, che la legge in Italia non consente di assecondare. Accade, allora, che si formino atti di nascita stranieri, dove risulta la presenza di due genitori del medesimo sesso: ciò avviene sia perché il figlio è nato da procreazione assistita di tipo eterologo, con fecondazione dell'ovulo femminile da parte di un donatore anonimo, sia perché, come accade per la coppia maschile, il bambino è nato da una madre, che abbia accettato, per conto della coppia gay, di portare avanti la gravidanza, rinunciando in seguito ad ogni legame di filiazione con il neonato. Da tempo la giurisprudenza, per colmare il vuoto normativo, con orientamento ormai costante e maggioritario, ha individuato nell'adozione in casi particolari, di cui all'art. 44, lett. d) l. n. 183/1984, il rimedio offerto dall'ordinamento interno alle coppie omosessuali per preservare e legittimare il rapporto tra il loro figlio e il genitore non biologico, detto genitore d'intenzione o sociale. Secondo quell'ordinamento, peraltro ora da ritenersi superato, si trattava di offrire, più che una tutela in favore della coppia omoaffettiva, riconoscendole un diritto ad essere genitori, una garanzia normativa del diritto del minore a mantenere rapporti con la famiglia con cui è cresciuto. Le critiche a detto orientamento si sono moltiplicate, tanto da chi è rimasto fermo su posizioni, per così dire tradizionali e/o normative, rifiutando ogni riconoscibilità in Italia della genitorialità di coppia omoaffettiva, come da quella parte del diritto vivente, invece più aperta ad offrire garanzie di legge per le c.d. “famiglie arcobaleno”. Rimane tuttavia un vuoto normativo, in presenza del quale la genitorialità omoaffettiva non potrà ancora trovare piena legittimazione nel nostro ordinamento. Il limite non può essere superato dalla giurisprudenza, anche costituzionale, ove si consideri che di recente la Consulta, con la sentenza n. 32/2021, ha evidenziato detto vuoto di tutela dell'interesse del minore, preso atto della tangibile insufficienza del ricorso all'adozione in casi particolari, per come attualmente regolato, resa impraticabile proprio nelle situazioni più delicate per il benessere del minore. Secondo il Giudice delle leggi, il legislatore «dovrà provvedere a una riscrittura delle previsioni in materia di riconoscimento, ovvero dell'introduzione di una nuova tipologia di adozione, che attribuisca, con una procedura tempestiva ed efficace, la pienezza dei diritti connessi alla filiazione, con l'avvertenza che non sarebbe più tollerabile il protrarsi dell'inerzia legislativa, tanto è grave il vuoto di tutela del preminente interesse del minore, riscontrato in questa pronuncia». Nel frattempo, si moltiplicano i pronunciamenti, anche della giurisprudenza di legittimità, come quello in commento, ove, preso atto della nascita di un minore all'interno di un contesto omogenitoriale, si afferma che l'identità di sesso tra i genitori non possa giustificare un trattamento deteriore per il figlio, in assenza di elementi di contrarietà all'ordine pubblico. Accade, tuttavia, che con l'affermare la sola contraddittorietà all'ordine pubblico, anche internazionale, della gestazione per altri, le coppie maschili subiscano inequivocabilmente una discriminazione a danno di quelle femminili. Ecco perché, allora, non può prescindersi da un intervento sistematico del Legislatore, volto a colmare un vuoto normativo evidentemente esistente. Detto vuoto pare ancora più grave perché determina discriminazioni di genere anche all'interno delle stesse coppie omosessuali. La coppia femminile infatti in più occasioni, ivi compresa proprio la presente, ha visto poter coronare, nella pienezza, il progetto genitoriale condiviso, tanto più quando la genitrice intenzionale abbia messo a disposizione un proprio ovulo, impiantato dopo la fecondazione in vitro, nell'utero dell'altra (Cass. 19599/2016). La coppia maschile, per ragioni fisiologiche non è in grado di partorire e, dunque, deve far necessariamente ricorso alla surrogazione di maternità, che la l. n. 40/2004 vieta tassativamente. Al compagno del genitore biologico può essere in oggi riconosciuta solo la possibilità di adozione del minore ex art. 44 lett. d.) l. n. 184/1983, con l'attribuzione di una genitorialità attenuata. Ciò ben si evince dalla stessa decisione delle Sezioni Unite n. 9006/2021 in precedenza richiamata, relativo ad un minore statunitense, adottato da un coppia di uomini con l'assenso dei genitori biologici e previo provvedimento del giudice (con esclusione quindi di qualsiasi surrogazione di maternità). Un capitolo a parte merita la filiazione adottiva, nel quale, ad avviso di chi scrive, opera già una discriminazione, rilevante ai sensi dell'art. 3 Cost., a danno delle coppie omosessuali, che continuano ad essere scartate da un ruolo educativo e sociale, come quello del genitore, per il solo fatto di essere appartenenti allo stesso sesso. Riferimenti
Figone A., Atto di nascita con due mamme: ancora un no dalla Suprema Corte, in IlFamiliarista; Marino G., Il divieto per le coppie omosessuali di accedere alla procreazione assistita non viola la Costituzione, in IlFamiliarista; Mazzotta V., Il provvedimento straniero che dichiara l'adozione del minore da parte di coppia omoaffettiva è trascrivibile in Italia, in IlFamiliarista; Montalcini G., Omogenitorialità: ultime novità, stato civile e prospettive di armonizzazione europea, in ilFamiliarista.
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