Determinazione dell'assegno divorzile: l'assetto economico della separazione è un “mero indice di riferimento”

Lydia Ardito
03 Novembre 2021

Le statuizioni patrimoniali rese in sede di separazione servono a fornire al magistrato un utile elemento di valutazione della condizione economica dei coniugi ai fini della determinazione all'attualità dell'assegno divorzile.
Massima

La spettanza dell'assegno divorzile - attesa la sua funzione assistenziale, perequativa e compensativa - si fonda sulla valutazione di plurimi criteri enucleabili dell'art. 5, l. 1 dicembre 1970, n. 898 ed è svincolata dalle valutazioni dell'assetto economico effettuate in sede di separazione che rappresentano, al più, un mero indice di riferimento nella misura in cui appaiano idonee a fornire utili elementi di valutazione; tanto perché l'assegno di mantenimento e l'assegno divorzile si differenziano per natura, struttura e finalità.

Il caso

La Corte di Appello di Bari, in riforma di quanto stabilito dal Tribunale, aveva riconosciuto l'assegno divorzile in favore della sig.ra P.G. nella misura di € 400,00 mensili, oltre aggiornamento ISTAT, ponendolo a carico del sig. T.M. che, non condividendo le valutazioni operate dalla Corte, ha proposto ricorso per Cassazione cui P.G. ha replicato con controricorso e memoria.

La questione

La Cassazione affronta la questione della differenza di funzione tra assegno di mantenimento ed assegno divorzile evidenziando come tale diversità incida sulla valutazione delle condizioni economiche dei coniugi e precisando che l'assetto economico relativo alla separazione non deve essere riconfermato tout court in sede di divorzio; le statuizioni operanti in sede di separazione rappresentano, infatti, un mero indice di riferimento da cui il magistrato può trarre utili elementi di valutazione della attuale e complessiva situazione.

Le soluzioni giuridiche

Il diritto del coniuge debole a vedere riconosciuto l'assegno divorzile è oggetto di vivace evoluzione giurisprudenziale che ha visto, nel tempo, giungere a diverse interpretazioni.

Dagli anni novanta in poi si è affermato il principio secondo cui i presupposti per concedere l'assegno divorzile fossero volti alla conservazione del tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio in considerazione della natura esclusivamente assistenziale dell'assegno (Cass. sez. un. n. 11490/1990).

Tale trentennale interpretazione è stata superata drasticamente con la sentenza Grilli (Cassazione n. 11504/2017) che, di segno opposto, ha affermato che l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente l'assegno deve essere valutata secondo il principio dell'autoresponsabilità economica di ciascun coniuge, divenuto persona singola, ed all'esito della verifica della condizione di non autosufficienza economica. Negando il riconoscimento dell'assegno divorzile al richiedente economicamente autosufficiente si è così posto fine al fenomeno delle ingiuste ed ingiustificate rendite vitalizie.

La Cassazione è nuovamente intervenuta a Sezioni Unite con la sentenza n. 18287/2018 per una complessiva riconsiderazione dell'assegno divorzile riconoscendo che la spettanza dello stesso vada effettuata in base all'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi del richiedente o all'incapacità di procurarseli da solo nonché in base ad una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti (contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, alla formazione del patrimonio personale di ciascun ex coniuge in considerazione della durata del matrimonio e dell'età dell'avente diritto).

Si è passati da una funzione esclusivamente assistenziale negli anni novanta ad una funzione assistenziale-compensativa-perequativa che, discendendo direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà post coniugale, garantisce in modo più equilibrato entrambi gli ex coniugi.

Nella sentenza in commento, a conferma di quanto stabilito dalla Corte di Appello di Bari, viene riconosciuto l'assegno divorzile in favore della ex moglie nella misura di € 400,00 mensili quantificato tenendo conto di tutte e tre le predette funzioni.

Il marito, sig. T.M., non condividendo quanto stabilito dalla Corte di Appello, ha proposto ricorso per Cassazione lamentando, con il primo motivo, che non siano stati presi in considerazione gli accordi omologati in sede di separazione dai quali emergeva una equa regolamentazione in via definitiva degli assetti patrimoniali e che non siano stati applicati i principi contenuti nella sentenza n. 18287/2018.

Il marito sostiene che, in tema di riconoscimento dell'assegno divorzile, qualora gli accordi stabiliti in sede di separazione evidenzino un sostanziale equilibrio economico fra i coniugi, nessun assegno deve essere riconosciuto al coniuge che ne abbia fatto richiesta in sede di giudizio di divorzio; evidenzia, ancora, che la Corte ha erroneamente riscontrato uno squilibrio economico tra le parti e ha ritenuto sussistente la esigenza perequativa dell'assegno sulla scorta di rinunce professionali.

Il sig. T.M. lamenta, con il secondo motivo, l'omesso esame della clausola di cui alla convenzione di separazione, omologata il 2/5/2006, che statuiva una regolamentazione del conguaglio a seguito dello scioglimento della comunione.

La Cassazione ha ritenuto infondato il primo motivo sull'assunto che, attesa la differenza di presupposti e di funzione tra l'assegno di mantenimento e quello divorzile, la determinazione del secondo è svincolata dalle decisioni patrimoniali operanti in virtù della separazione poiché l'assegno divorzile, che si fonda sullo scioglimento del vincolo matrimoniale, è avulso dagli obblighi di mantenimento e di alimenti in essere per la separazione e rappresenta l'effetto diretto della pronuncia di divorzio; pertanto l'assetto economico evidenziato in sede di separazione rappresenta un mero indice di riferimento delle condizioni degli ex coniugi capace di fornire utili elementi di valutazione che devono essere rapportati all'attualità.

Inoltre la Cassazione ha precisato che la Corte di Appello ha adeguatamente e puntualmente preso in considerazione quanto da entrambi dedotto e ha, in primis, ritenuto sussistente la sperequazione nelle condizioni patrimoniali ed economiche delle parti - necessaria come “precondizione fattuale” - per poi prendere in considerazione da un lato la lunga durata del matrimonio, il contributo dato dalla moglie alla famiglia con l'accudimento dei figli cui la stessa si era dedicata in modo prevalente (optando per un lavoro part-time), la scarsa entità dell'assegno pensionistico, dall'altro il reddito superiore del marito e la circostanza di aver ripartito tra i coniugi, in sede di divisione della comunione immobiliare, gli immobili comuni.

La Cassazione ha ritenuto inammissibile il secondo motivo in quanto l'omesso esame della clausola della convenzione di separazione non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo avendo, di contro, la Corte di Appello effettuato una puntuale analisi di tutta la vicenda che il marito, con il predetto motivo, cercava di modificare attraverso un nuovo riesame nel merito, attività, già svolta dalla Corte, e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità.

Evidente è che la Corte di Appello di Bari sia giunta alla decisione di riconoscere l'assegno divorzile in favore della ex moglie - con decorrenza dal passaggio in giudicato della pronuncia di risoluzione del vincolo matrimoniale - a seguito di una approfondita valutazione dei molteplici fatti portati alla sua conoscenza rapportandoli ai plurimi criteri di attribuzione ricavabili dall'art. 5 l. n. 898/1970 e meglio individuati nelle ultime decisioni della Cassazione.

Osservazioni

La decisione della Cassazione induce a riflettere sull'importanza che ha l'udienza presidenziale del giudizio di divorzio nella quale il Presidente deve emettere i provvedimenti provvisori ed urgenti soprattutto nel caso in cui venga richiesta l'adozione di provvedimenti modificativi del regime vigente.

In passato i coniugi arrivavano al divorzio con un assetto dei loro rapporti già definito e stabilizzato, al più modificato in sede di revisione delle condizioni ex art. 710 c.p.c., in quanto assegno di mantenimento ed assegno divorzile avevano il medesimo parametro del tenore di vita matrimoniale per la quantificazione della loro entità.

La Cassazione, con la sentenza a Sezioni Unite n. 18287/2018, avendo modificato i parametri da prendere in considerazione per la spettanza dell'assegno divorzile, in sede di emissione dei provvedimenti provvisori del divorzio, ha scardinato quel sistema di pressoché automatica conferma, delle condizioni della separazione.

Oggi, infatti, il Presidente è nella condizione di doversi esprimere sull'assegno provvisorio divorzile attraverso una attribuzione provvisoria dello stesso, che è, di fatto, una modifica dell'assegno di mantenimento che, emesso in sede di separazione, continua ad essere in vigore fino al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio (anche parziale sullo status) in quanto non si può parlare di assegno divorzile prima che non si dichiari lo scioglimento del matrimonio.

Pertanto il Presidente si trova a valutare la richiesta di modifica delle condizioni della separazione nell'ambito del giudizio di divorzio (tanto è possibile in ossequio al principio di economia processuale che determina l'opportunità del simultaneus processus innanzi allo stesso giudice per la definizione delle questioni patrimoniali connesse) e si trova a determinare un assegno provvisorio divorzile, che nella sostanza è ancora un assegno di mantenimento, i cui parametri valutativi sono ormai tra loro diversi a seguito della evoluzione giurisprudenziale.

In questo contesto le statuizioni adottate in sede di separazione non sono vincolanti per il Presidente nel giudizio di divorzio, così come non è vincolante ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile il non avere chiesto, ovvero ottenuto, un assegno di mantenimento, pur potendosi trarre, dal giudizio di separazione, elementi di valutazione delle condizioni economiche dei coniugi; tanto è quanto ha statuito la sentenza in commento che ha rimarcato il carattere di “mero indice di riferimento” dell'assegno di mantenimento per la determinazione dell'assegno divorzile all'attualità.

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