Spetta alla Corte d'appello la competenza a decidere su tutti i reclami in materia di amministrazione di sostegno
26 Novembre 2021
Massima
I decreti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno sono reclamabili ai sensi dell'art. 720-bis c.p.c., comma 2, unicamente dinanzi alla Corte d'appello, quale che sia il loro contenuto (decisorio ovvero gestorio). Il caso
Con decreto dell'11.7.2018 il giudice tutelare presso il Tribunale di Siracusa disponeva l'apertura dell'amministrazione di sostegno in favore di Tizio e nominava amministratore di sostegno un avvocato, essendo sorto contrasto tra i ricorrenti circa l'individuazione della persona a cui affidare l'incarico. Avverso tale decreto, e al fine di contestare la nomina del soggetto terzo, uno dei ricorrenti proponeva reclamo innanzi al Tribunale di Siracusa, ai sensi dell'art. 739 c.p.c.. Il Tribunale di Siracusa, in composizione collegiale, dichiarava inammissibile il reclamo, ritenendo competente a pronunciarsi sul medesimo, ai sensi dell'art. 720-bis c.p.c., la Corte d'appello di Catania. Il giudizio veniva dunque riassunto dal reclamante innanzi alla Corte d'appello di Catania, la quale, ritenendosi a sua volta incompetente, richiedeva d'ufficio regolamento di competenza. Il Primo Presidente, investito della questione dalla sesta sezione civile e rilevata l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale in seno alla stessa Corte di cassazione, rimetteva, ai sensi dell'art. 374 c.p.c., la questione alle Sezioni Unite. La questione
Le Sezioni Unite sono state chiamate a stabilire se, in base alla previsione di cui all'art. 720-bis c.p.c., la competenza della Corte d'appello sul reclamo sussista per qualsiasi provvedimento pronunciato dal giudice tutelare con riguardo alla misura dell'amministrazione di sostegno oppure se tale speciale competenza per l'impugnazione sussista unicamente per i provvedimenti del giudice tutelare aventi natura decisoria, ferma restando per gli altri provvedimenti la competenza del tribunale, ai sensi dell'art. 739 c.p.c. Le soluzioni giuridiche
Prima di affrontare la questione principale, la sentenza in esame afferma l'ammissibilità del regolamento di competenza richiesto d'ufficio dal giudice remittente. Sul punto, la Corte precisa come non assuma rilievo la circostanza che il Tribunale, inizialmente adito come giudice del reclamo, abbia dichiarato l'inammissibilità del reclamo stesso e non già la propria incompetenza, dal momento che tale pronuncia risulta motivata unicamente in ragione della riscontrata incompetenza in favore della Corte d'appello. Nell'affermare tale principio, la Suprema Corte richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui «l'impugnazione proposta davanti al giudice incompetente, anche nell'ambito del procedimento di volontaria giurisdizione, non è inammissibile, in quanto comunque idonea a instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della translatio iudicii» (Cass. n. 15463/2020; in materia di amministrazione di sostegno, cfr. Cass. n. 784/2017). A tale conclusione non osta la circostanza che l'atto che ha dato luogo al regolamento di competenza non sia, per ipotesi, ricorribile per cassazione (difettando i caratteri della decisorietà e definitività), trattandosi non già di un mezzo di impugnazione, bensì di uno strumento volto a sollecitare l'individuazione del giudice naturale precostituito per legge, al quale compete, ex art. 25 Cost., la trattazione dell'affare, in via interinale o provvisoria ma comunque esclusiva. Chiarito tale aspetto, la pronuncia in esame ripercorre le tesi giurisprudenziali che hanno dato origine al contrasto oggetto dell'ordinanza di remissione e relative ad una diversa interpretazione dell'art. 720-bis c.p.c. Secondo un primo orientamento, consolidatosi nel corso di un decennio e assolutamente maggioritario, la previsione di cui al secondo comma della norma de qua, che individua la Corte d'appello quale giudice competente a decidere sull'impugnazione esperita avverso i decreti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno, deve ritenersi limitata a quei provvedimenti aventi carattere decisorio, come tali idonei ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure rebus sic stantibus (Cass. sez. VI, 12 dicembre 2018 n. 32071; Cass., sez. I, 28 settembre 2017, n. 22693; Cass. sez. I, 13 gennaio 2017 n. 784; Cass. sez VI, 29 ottobre 2012 n. 18634). Secondo tale orientamento, sarebbe dunque necessario distinguere tra provvedimenti di apertura e chiusura della procedura, assimilabili per loro natura alle sentenze emesse nei procedimenti di interdizione e inabilitazione, e quelli riguardanti le modalità di attuazione della tutela e la concreta gestione del patrimonio del beneficiario. Solo nei confronti dei primi, in quanto incidenti sullo status e sui diritti fondamentali della persona beneficiaria, troverebbe applicazione l'art. 720-bis c.p.c., con conseguente competenza della Corte d'appello. Negli altri casi, trattandosi di decreti aventi portata meramente ordinatoria e amministrativa, sempre modificabili e revocabili in base ad una rinnovata valutazione degli elementi acquisiti, troverebbe applicazione la più generale disposizione di cui all'art. 739 c.p.c., che prevede la proponibilità del reclamo dinanzi al tribunale in composizione collegiale. Tra questi provvedimenti rientrerebbero anche quelli di designazione, revoca e sostituzione dell'amministratore di sostegno, in quanto non incidenti sullo status o su diritti fondamentali del beneficiario della tutela, ma volti esclusivamente a individuare il soggetto cui è demandata in concreto la cura della sua persona e dei suoi interessi. A tale granitico orientamento si è posta in consapevole contrasto una pronuncia della prima sezione civile della Corte di cassazione (Cass., 11 dicembre 2019 n. 32409), la quale ha fondato le proprie affermazioni sul carattere speciale della previsione contenuta nell'art. 720-bis c.p.c. rispetto alla disciplina generale risultante dall'art. 739 c.p.c.. Con l'art. 720-bis c.p.c., dedicato ai decreti del giudice tutelare "in materia di amministrazione di sostegno", il legislatore avrebbe infatti inteso concentrare presso la Corte d'appello, mediante una disposizione che viene definita come “insuscettibile di una diversa interpretazione”, le impugnazioni avverso i provvedimenti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno, senza necessità di dover indagare la natura (decisoria o ordinatoria) dei relativi provvedimenti. Parimenti non sarebbe necessaria tale indagine neppure rispetto alla successiva valutazione di ammissibilità del ricorso per cassazione, in quanto con la disposizione di cui all'art. 720-bis c.p.c., comma 3, il legislatore avrebbe dato attuazione alla regola costituzionale della proponibilità del ricorso per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 7, all'esito di una valutazione legale-tipica che, nella specifica materia in esame, esonererebbe la Corte di cassazione dalla valutazione del carattere decisorio e definitivo del provvedimento impugnato. Le Sezioni Unite, con la pronuncia in esame, risolvono il contrasto aderendo parzialmente alla tesi sinora minoritaria, attraverso una approfondita ricostruzione delle finalità dell'istituto, della natura del procedimento e della ratio ispiratrice della legge introduttiva dell'amministrazione di sostegno. In particolare, secondo la Suprema Corte alle questioni poste dall'ordinanza di rimessione deve essere fornita una risposta diversificata, a seconda che si debba individuare il giudice competente per il reclamo o che si debba verificare la ricorribilità per cassazione del provvedimento emesso. Quanto al primo aspetto, la Corte ritiene di non poter dare un'interpretazione del comma 2 dell'art. 720-bis c.p.c. che vada oltre il dato testuale espresso dalla legge, «posto che la lettera della norma costituisce il limite al quale deve arrestarsi anche l'interpretazione costituzionalmente orientata, dovendo semmai essere sollevato l'incidente di costituzionalità». Ai fini della competenza per il reclamo, il comma 2 dell'art. 720-bis c.p.c. non pone alcuna distinzione circa il carattere decisorio o gestorio del provvedimento emesso al giudice tutelare, con conseguente attribuzione alla Corte d'appello - secondo quella che costituisce una esplicita scelta legislativa - della competenza a conoscere di tutti i reclami avverso i provvedimenti del giudice tutelare. La concentrazione della competenza in capo alla Corte d'appello risponde, dunque, secondo la Suprema Corte, ad una evidente scelta legislativa, giustificata, sotto il profilo storico, dalle incertezze che erano insorte a seguito della riforma del giudice unico, che - sopprimendo l'ufficio di pretura e trasferendo le funzioni tutelari, ad esso in precedenza appartenenti, al tribunale in funzione monocratica - aveva tuttavia lasciato inalterato il quadro normativo disegnato dall'art. 739 c.p.c. e dall'art. 45 disp. att. c.c. A seguito della riforma del giudice unico, la giurisprudenza di merito si era quindi divisa: secondo un primo orientamento, la disciplina di cui all'art. 739 c.p.c. doveva intendersi implicitamente abrogata, non essendo possibile conservare in capo al tribunale una competenza quale giudice di merito di seconda istanza, atteso che tale competenza gli era stata in generale sottratta; secondo altra tesi, la mancata abrogazione espressa dell'art. 739 c.p.c. confermava la persistente competenza del tribunale sul reclamo. Ad avviso delle Sezioni Unite, il legislatore del 2004, attraverso l'introduzione dell'art. 720-bis c.p.c., ha dunque voluto dissipare ogni dubbio interpretativo, attribuendo alla Corte d'appello, in quanto ufficio giudiziario diverso da quello cui appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, il compito di assicurare un controllo sull'operato del giudice tutelare in una materia particolarmente sensibile quale quella dell'amministrazione di sostegno. Inoltre, tale soluzione realizza, ad avviso della Corte, una indubbia semplificazione: qualora il provvedimento abbia contenuto complesso, sia gestorio che decisorio, e la parte sia interessata a contestare entrambi gli aspetti, questa potrà (e dovrà) rivolgersi esclusivamente alla Corte d'appello, così evitando che essa debba indirizzare le proprie doglianze a due giudici differenti – Corte d'appello o tribunale – a seconda del relativo contenuto.
Quanto alla ricorribilità per cassazione del provvedimento emesso in sede di reclamo, le Sezioni Unite - discostandosi da quanto affermato dall'orientamento minoritario fatto proprio da Cass. n. 32409/2019 - escludono che la generalizzata competenza della Corte d'appello quale giudice competente per il reclamo implichi altresì la generalizzata ammissibilità del ricorso per cassazione avverso tutti i decreti emessi in sede di reclamo, essendo in questo caso necessario verificare il carattere della decisorietà, inteso quale “connotato intrinseco dei provvedimenti suscettibili appunto di essere sottoposti al vaglio del giudice di legittimità”. Osservazioni
Con la sentenza in esame, le Sezioni Unite della Corte di cassazione risolvono definitivamente il contrasto sorto in relazione all'individuazione del giudice competente a conoscere dei reclami avverso i decreti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno. Trattasi di una pronuncia particolarmente importante per coloro che si confrontano quotidianamente con la misura di protezione in questione e che, per la soluzione offerta, pare potersi accogliere con indubbio favore (in tal senso, Alle Sezioni Unite l'individuazione del giudice competente sul reclamo avverso i decreti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno, in ilFamliarista.it). Il criterio di riparto della competenza delineato nel corso degli anni dalla giurisprudenza maggioritaria e fondato sul binomio decisorietà-ordinatorietà, pur avendo il pregio di circoscrivere la competenza della Corte di appello ai provvedimenti maggiormente significativi, ossia a quelli idonei ad incidere sullo status e sulla capacità delle persone, lasciava infatti un significativo margine di incertezza, in quanto rimetteva all'interprete una valutazione circa la natura decisoria o ordinatoria del provvedimento assunto dal giudice tutelare. Ciò era particolarmente evidente in alcuni casi - richiamati anche dalla pronuncia in esame - in cui tale criterio interpretativo era stato esteso sino a ritenere impugnabili innanzi alla Corte di appello provvedimenti ulteriori e distinti da quelli di mera apertura, chiusura o proroga della misura dell'amministrazione di sostegno, quali quelli incidenti su diritti fondamentali della persona beneficiaria, i quali assumevano, in tal senso, carattere decisorio (in tema di diritto alla salute e cure mediche, cfr. Cass. civ. sez. I, 7 giugno 2017, n. 14158, che ha riconosciuto carattere decisorio al decreto di apertura della misura nella parte in cui negava l'autorizzazione all'amministratore di sostegno a denegare il consenso all'esecuzione di terapie emotrasfusionali; in tema di matrimonio, cfr. Cass. n. 4733/2021, che ha ritenuto ammissibile il ricorso in cassazione avverso il reclamo emesso nei confronti della decisione del giudice tutelare che aveva imposto il divieto di contrarre matrimonio). L'individuazione di un unico giudice competente a conoscere di tutti i reclami in materia di amministrazione di sostegno risponde altresì a chiare esigenze di semplificazione ed economia processuale, laddove in precedenza - seguendo quello che era l'orientamento maggioritario - un medesimo provvedimento, quale quello di nomina dell'amministratore di sostegno, poteva essere contemporaneamente oggetto di reclamo innanzi alla Corte di appello e innanzi al tribunale in composizione collegiale. Questo in quanto il reclamante ben poteva essere interessato a contestare sia la sussistenza dei presupposti per l'adozione della misura, sia, in via subordinata, la scelta della persona dell'amministratore di sostegno. In tali casi si verificava un'evidente duplicazione dei mezzi di impugnazione, con conseguente aggravio di tempi e costi procedimentali, posto peraltro che la decisione del tribunale ben poteva risultare inutile alla luce delle statuizioni della Corte d'appello (la verificata insussistenza dei presupposti per l'apertura dell'amministrazione di sostegno travolgeva infatti l'eventuale pronuncia del tribunale in merito alla scelta dell'amministratore di sostegno). La necessità di verificare il carattere decisorio o gestorio del provvedimento permane tuttavia con riferimento al terzo comma dell'art. 720-bis c.p.c., posto che - ad avviso delle Sezioni Unite e diversamente da quanto sostenuto dall'orientamento minoritario fatto proprio da Cass. n. 32409/2019 - la generalizzata competenza della Corte d'appello quale giudice competente per il reclamo non implica altresì la generalizzata ammissibilità del ricorso per cassazione avverso tutti i decreti emessi in sede di reclamo e ciò in conformità alla consolidata interpretazione dell'art. 111 comma 7 Cost.
Si potrebbe pertanto obiettare che la semplificazione prospettata dalle Sezioni Unite sia solo parziale, posto che, mentre esonera il reclamante dalla verifica circa il carattere decisorio o gestorio del provvedimento in sede di reclamo, gliela impone nella fase successiva del ricorso per cassazione avverso il decreto emesso in sede di reclamo. L'obiezione pare tuttavia non cogliere nel segno: la semplificazione nell'individuazione del giudice competente a conoscere del reclamo resta infatti impregiudicata dalla eventuale successiva verifica circa la natura decisoria del decreto emesso in sede di reclamo ai fini della proposizione del ricorso per cassazione. D'altra parte, questa verifica in merito alla sussistenza dei caratteri di definitività e decisorietà del provvedimento non va compiuta in vista della selezione del giudice da adire, bensì, più in generale e con coerenza sistematica, per verificare la sua stessa impugnabilità. |