Sull'onere della prova del danno risarcibile

Redazione Scientifica
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14 Dicembre 2021

Una giurisprudenza assolutamente incontroversa ha rilevato, in ordine ai principi che regolamentano la prova del pregiudizio patito...

Una giurisprudenza assolutamente incontroversa ha rilevato, in ordine ai principi che regolamentano la prova del pregiudizio patito ad opera di chi proponga l'azione risarcitoria, come “secondo la definizione offerta dall'art. 1223 c.c. il danno risarcibile al partecipante … si compon(ga) del danno emergente e del lucro cessante, e cioè della diminuzione reale del suo patrimonio, per effetto di esborsi connessi all'inutile partecipazione al procedimento, e della perdita di un'occasione di guadagno o, comunque, di un'utilità economica connessa all'adozione o all'esecuzione del provvedimento illegittimo; peraltro, se per la prima voce di danno (quello emergente) non si pongono particolari problemi nell'assolvimento dell'onere della prova, essendo sufficiente documentare le spese sostenute, per la seconda (lucro cessante) l'interessato, per avere accesso al risarcimento, deve dimostrare non solo che la sua sfera giuridica ha subito una diminuzione per effetto dell'atto illegittimo, ma anche che non si è accresciuta nella misura che avrebbe raggiunto se il provvedimento viziato non fosse stato adottato o eseguito” (Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2013 n. 4376; 15 luglio 2013 n. 3781; 21 giugno 2013 n. 3405; sez. VI, 14 novembre 2012 n. 5747).

Il mancato adempimento dell'onere della prova non può essere surrogato dal ricorso al cd. soccorso istruttorio del Giudice (limitato ai dati fattuali che non siano nell'immediata disponibilità della parte: Cons. Stato, sez. V, 2 maggio 2013 n. 2388) o al potere equitativo di liquidazione ex artt. 2056 e 1226 c.c. (che trovano applicazione solo nel caso di impossibilità del ricorrente di fornire la prova del quantum: Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013 n. 3781).