Rimessione al giudice di appello per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del tutore provvisorio del minore

16 Dicembre 2021

Nell'ambito di un procedimento avente originariamente ad oggetto la regolamentazione dell'affidamento del minore, a seguito dell'adozione di provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, il tutore o il curatore speciale del minore sono litisconsorti necessari?
Massima

Nei giudizi riguardanti l'adozione di provvedimenti limitativi, ablativi o restitutivi, della responsabilità genitoriale, riguardanti entrambi i genitori, l'art. 336, comma 4, c.c., così come modificato dall'art. 37, comma 3, l. n. 149/2001, richiede la nomina di un curatore speciale del minore, ex art. 78 c.p.c., ove non sia stato nominato un tutore provvisorio, sussistendo un conflitto d'interessi verso entrambi i genitori, ed il principio trova applicazione anche nel caso in cui il procedimento sia iniziato innanzi al tribunale ordinario per conseguire la revisione delle disposizioni riguardanti l'affidamento dei figli, ai sensi dell'art. 337-quinquies c.c. Pertanto, qualora il tribunale ordinario decida di adottare un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale, deve nominare un rappresentante del minore, che assume la veste di litisconsorte necessario, con la conseguenza che ove non sia stata disposta l'integrazione del contraddittorio nel secondo grado del giudizio in suo favore, il giudizio di appello è nullo, e la nullità è rilevabile anche d'ufficio in sede di giudizio di legittimità.

Il caso

Nell'ambito di un procedimento di revisione delle condizioni inerenti l'affidamento di un figlio nato fuori dal matrimonio, ai sensi dell'art. 337-quinquies c.c., il Tribunale ordinario, all'esito della consulenza tecnica d'ufficio, sospendeva entrambi i genitori dalla responsabilità genitoriale e disponeva l'interruzione degli incontri tra il minore e la madre. Il minore veniva, quindi, collocato presso il padre e, in conseguenza della disposta sospensione, al predetto veniva nominato un tutore provvisorio con il compito di provvedere alla cura, all'istruzione, alla salute ed al recupero delle relazioni interpersonali.

Avverso il decreto del Tribunale la madre proponeva reclamo dinanzi alla Corte di appello, che rigettava il gravame confermando integralmente il provvedimento emesso dal primo giudice.

Nei confronti del provvedimento reso dal giudice di appello la madre proponeva ricorso straordinario per cassazione, lamentando la violazione del principio della bigenitorialità, l'omessa valutazione delle effettive e reali condizioni psicofisiche del minore e la progressiva condizione di alienazione parentale rispetto alla figura materna.

La questione

Il tutore provvisorio o il curatore speciale del minore nominati dal Tribunale ordinario nell'ambito di un procedimento avente originariamente ad oggetto la regolamentazione dell'affidamento del minore, a seguito dell'adozione di provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, sono litisconsorti necessari?

Le soluzioni giuridiche

Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte, senza entrare nel merito dei motivi di ricorso, ha rilevato d'ufficio un vizio di nullità del giudizio di secondo grado per la mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti del tutore provvisorio del minore nominato dal Tribunale ordinario nel giudizio di primo grado.

Ad avviso della Corte di Cassazione, sebbene il procedimento ex art. 337-quinquies c.c. sia stato validamente instaurato secondo le regole ordinarie che vedono il minore rappresentato dai genitori nelle controversie che concernono l'affidamento e l'esercizio della responsabilità genitoriale, la nomina del tutore provvisorio adottata dal Tribunale in conseguenza della disposta sospensione della responsabilità genitoriale imponeva l'instaurazione del contraddittorio nei confronti dello stesso anche nei successivi gradi di impugnazione, ricorrendo un vizio di mancata integrazione del contraddittorio in causa inscindibile che determina, ai sensi dell'art. 354 c.p.c., la nullità del giudizio di reclamo.

Osservazioni

La decisione in esame, pur collocandosi nel solco tracciato dai numerosi arresti di legittimità in materia di rappresentanza processuale del minore, introduce significative specificazioni destinate ad assumere rilevanti ricadute nella prassi giudiziaria.

Il tema della rappresentanza processuale del minore nei giudizi che lo riguardano si è posto all'attenzione della giurisprudenza all'indomani della novella legislativa introdotta dall'art. 37, l. 149/2001, che ha previsto il diritto del minore alla difesa tecnica nei procedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale (art. 336, comma 4, c.c.).

Il merito della qualificazione del minore come parte processuale va attribuito alla Corte Costituzionale che, nel ribadire l'immanenza all'interno dell'ordinamento del principio sancito dall'art. 12 della Convenzione dei diritti del fanciullo resa esecutiva in Italia con la legge 176/1991, ha affermato la necessità che sia instaurato il contraddittorio nei confronti del minore

«se del caso previa nomina di un curatore speciale ai sensi dell'art. 78 c.p.c.» (Corte cost., 30 gennaio 2001 n. 1).

Nei procedimenti di crisi familiare si è, pertanto, fatta strada l'idea che, contrapposta a quella dei genitori in conflitto, si ponga la posizione processuale del minore, beneficiario non soltanto del diritto di esprimere la propria opinione e di essere ascoltato ma dei diritti più incisivi che l'ordinamento processuale riconosce, ovvero il diritto di difesa e di partecipazione al giudizio, nella prospettiva dell'effettività e della garanzia del giusto processo.

Tradizionalmente, tuttavia, la giurisprudenza della Suprema Corte ha aderito ad un'interpretazione restrittiva e letterale dell'art. 336, comma 4 c.c., sostenendo che il richiamo alla difesa tecnica debba essere circoscritto ai “provvedimenti di cui ai commi precedenti”, ovvero i provvedimenti in materia di decadenza o di limitazione della responsabilità genitoriale disciplinati dall'art. 330-335 c.c. nei quali la posizione del figlio risulti sempre contraria a quella dei genitori.

La Corte di legittimità ha così ritenuto che nei giudizi de potestate la posizione del figlio sia sempre contrapposta a quella dei genitori, ravvisandosi un conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente e il suo rappresentante legale «con conseguente necessità della nomina d'ufficio di un curatore speciale che rappresenti il minore ed assista l'incapace (art. 78, comma 2, c.c.) ogni volta che l'incompatibilità delle loro rispettive posizioni è anche solo potenziale, a prescindere dalla sua effettività» (Cass. civ., sez. I, 6 marzo 2018 n. 5256).

Tralasciando la questione concernente la modalità di individuazione del “conflitto di interessi” in relazione al principio del best interest del minore ed alla necessità di procedere ad una valutazione

ex ante ovvero ex post del conflitto tra minore e genitori, la Corte di legittimità ha sempre finora chiarito che la qualificazione del minore come parte necessaria, con le inevitabili ricadute in ordine alla eventuale nullità del giudizio, debba essere riservata ai procedimenti de potestate, dovendosi ritenere soddisfatta l'esigenza di partecipazione del minore negli altri giudizi che lo riguardano mediante l'ascolto nei casi previsti dalla legge, senza necessità di nomina di un curatore speciale.

Secondo la Suprema Corte, in particolare, la disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 336 c.c. «trova applicazione soltanto per i provvedimenti limitativi ed eliminativi della potestà genitoriale, ove di pone in concreto un profilo di conflitto di interessi tra genitori e minore, e non in una controversia relativa al regime di affidamento e di visita del minore»; ipotesi in cui la partecipazione del minore nel conflitto genitoriale deve esprimersi mediante il suo ascolto (Cass. civ., sez. I, 31 marzo 2014 n. 7478).

Nella stessa direzione, di recente, i giudici di legittimità hanno ribadito la necessità che nei giudizi riguardanti l'adozione di provvedimenti limitativi, ablativi o restitutivi della responsabilità genitoriale debba procedersi alla nomina del curatore speciale (ove il minore non sia munito di un tutore provvisorio), a pena di nullità del procedimento, precisando che «la conclusione di ritenere il minore parte formale, oltre che sostanziale, nei giudizi de potestate (…) non si attaglia ai casi in cui il minore sia coinvolto in giudizi aventi un oggetto diverso”, nei quali la tutela di questi ultimi si realizza mediante l'ascolto del minore nei casi previsti dalla legge, senza necessità di nomina di un curatore speciale o di un difensore».(Cass. civ., sez. I, 25 gennaio 2021 n. 1471; con riguardo alla valorizzazione dell'ascolto del minore quale strumento per la partecipazione effettiva del minore, si veda anche Cass. civ., sez. I, 30 luglio 2020 n. 1640).

Nel contesto giurisprudenziale summenzionato la decisione in commento si pone, per certi aspetti, in linea di continuità e, per altri aspetti, in discontinuità con i precedenti indirizzi.

La linea di continuità è assicurata dalla necessità di considerare il minore una parte processuale tutte le volte in cui vengano adottati provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale. È evidente, infatti, che in tali ipotesi viene meno in capo al minore la garanzia di essere rappresentato in giudizio dai genitori, ovvero da coloro i quali sono costituzionalmente tenuti a mantenere, istruire ed educare la prole (art. 30 Cost.), nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni (art. 337-ter c.c.).

Pertanto, a prescindere dal tipo di procedimento nel quale viene adottato il provvedimento limitativo o ablativo della responsabilità genitoriale, la necessità che il minore sia rappresentato in tutti i gradi del giudizio dal tutore provvisorio (o dal curatore speciale) costituisce un precipuo obbligo normativo scolpito nella disciplina normativa interna e internazionale.

Sul versante del diritto uniforme i riferimenti vanno rinvenuti, oltre che nell'art. 12 della Convenzione dei diritti del fanciullo di New York del 20.11.1989 sopra citato (che stabilisce il diritto del minore di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo riguarda), nella Convenzione Europea sull'Esercizio dei Diritti dei Minori (adottata a Strasburgo il 24.1.1996), che sancisce il diritto del minore ad esprimere la propria opinione (art. 3), ad essere rappresentato quando si trovi in una condizione di conflitto di interessi con i genitori (artt. 4 e 9), ad essere assistito anche da un avvocato (art. 5) e ad essere informato dal rappresentante circa la natura del procedimento e le conseguenze, soprattutto ove sia capace di discernimento (art. 10). Significativo appare, altresì, il richiamo agli artt. 37-41 delle “Linee Guida adottate dal Consiglio dei Ministri del Consiglio d'Europa per una giustizia a misura di minore” del 17.11.2010, che stabiliscono la necessità che i minori siano assistiti da un avvocato a nome proprio nei procedimenti nei quali si trovino in conflitto di interessi con i genitori, che ricevano la nomina di un tutore ad litemda parte dell'autorità giudiziaria procedente e che siano adeguatamente informati sia dal difensore che dal rappresentante dei loro diritti e delle conseguenze del procedimento, facendo proprie le loro istanze.

La pronuncia qui commentata sembra porsi, tuttavia, in una linea di discontinuità con i precedenti arresti di legittimità nella misura in cui la qualificazione del minore come litisconsorte necessario, con la necessità di instaurare il contraddittorio nei confronti del tutore provvisorio nominato nel procedimento di primo grado, viene effettuata in un procedimento ordinario avente ad oggetto la regolamentazione delle modalità di affidamento e mantenimento. Un procedimento che, come sopra riferito, è stato correttamente instaurato dai genitori per ottenere una modifica di una procedente regolamentazione, ai sensi dell'art. 337-quinquies c.c., e nell'ambito del quale in corso di causa è sorta l'esigenza di nominare un tutore provvisorio in conseguenza della disposta sospensione della responsabilità genitoriale.

La discontinuità, tuttavia, è solo apparente.

È noto, infatti, che l'art. 38 disp. att. c.c., nell'escludere la competenza del Tribunale per i Minorenni per i procedimenti di cui all'art. 333 c.c. «nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o di divorzio o giudizio ai sensi dell'art. 316 c.c.», contempli la possibilità che nell'ambito di un procedimento ordinario si innesti una domanda limitativa della responsabilità genitoriale, la quale viene attratta alla competenza del Tribunale ordinario previamente adito in applicazione del principio di concentrazione delle tutele (Si veda, tra le tante, Cass. civ., sez. VI, 23 gennaio 2019 n 1866). Ne segue che, una volta ammessa la possibilità che nell'ambito di un procedimento ordinario si instauri un giudizio de potestate, anche mediante l'attivazione dei poteri officiosi a tutela dell'interesse del minore (si veda, al riguardo, l'art. 336, comma 3, c.c.), si rende inevitabile assicurare al predetto, in conflitto di interessi con i genitori, la nomina di un rappresentante per tutti i gradi di giudizio attraverso l'instaurazione del contraddittorio nei riguardi del tutore provvisorio ovvero, in mancanza, di un curatore speciale.

Non si tratta, allora, di un elemento di discontinuità quanto di un passo in avanti fatto dalla Corte di legittimità, potendosi affermare che non è la natura del giudizio avviato ad imporre l'instaurazione del contraddittorio nei confronti del minore a pena di nullità, quanto piuttosto l'adozione di provvedimenti de potestate, sia da parte del Tribunale per i Minorenni investito del procedimento ex art. 336 c.c. sia da parte del Tribunale ordinario originariamente chiamato a regolare l'affidamento nell'ambito di un procedimento di crisi familiare.

In entrambi i casi, l'adozione di un provvedimento ablativo o limitativo della responsabilità impone, a garanzia dell'effettività della rappresentanza processuale del minore, che anche i gradi successivi di giudizio si svolgano con la necessaria partecipazione del tutore provvisorio o del curatore speciale.

Ci si potrebbe interrogare sulla necessità che la Corte di appello investita del giudizio di impugnazione debba disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti dello stesso curatore speciale nominato in primo grado ovvero se sia necessario rinnovare la nomina del curatore speciale nella fase di secondo grado.

La risposta al superiore quesito è stata fornita dalla Corte di Cassazione la quale, sia pure in una materia diversa, ha affermato che: «il curatore speciale nominato, a norma dell'art. 78 c.p.c., resta in carica fino a quando non venga meno la situazione contingente che abbia reso necessaria la nomina stessa, con la conseguenza che i poteri del curatore non si esauriscono con la pronunzia della sentenza conclusiva del grado di giudizio nel corso del quale la nomina è avvenuta, e il curatore stesso, quindi, come è abilitato a proporre impugnazione contro detta decisione, così è abilitato a resistere all'impugnazione ex adverso proposta» (Cass. civ., sez. VI, 15 dicembre 2017 n. 30253). Sussiste, pertanto, una sorta di ultrattività dei poteri di rappresentanza processuale del minore attribuiti al curatore speciale che perdurano fino alla rimozione della situazione di conflitto di interessi, idonea ad assicurare la perdurante rappresentanza anche nelle fasi di impugnazione a garanzia dell'effettività della tutela giurisdizionale e del giusto processo, ex art. 111 Costituzione.

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