Continuità tra la procedura concordataria e la procedura fallimentare e individuazione del “periodo sospetto” per l'azione revocatoria

Daniele Fico
24 Dicembre 2021

La continuità tra la procedura concordataria e la procedura fallimentare ben può realizzarsi anche nel caso in cui sia intervenuto il decreto di omologa, sempre che sia stata pronunciata una sentenza dichiarativa di fallimento contestuale alla risoluzione del concordato omologato. In tale situazione, il periodo sospetto di sei mesi per l'esercizio dell'azione revocatoria ex art. 67, comma 2, l. fall., deve essere fatto decorrere dalla data di iscrizione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese.
Massima

La continuità tra la procedura concordataria e la procedura fallimentare ben può realizzarsi anche nel caso in cui sia intervenuto il decreto di omologa, sempre che sia stata pronunciata una sentenza dichiarativa di fallimento contestuale alla risoluzione del concordato omologato. In tale situazione, il periodo sospetto di sei mesi per l'esercizio dell'azione revocatoria ex art. 67, comma 2, l. fall., deve essere fatto decorrere dalla data di iscrizione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese.

Il caso

La questione nasce a seguito della domanda presentata dalla curatela fallimentare al fine di far accertare e dichiarare ai sensi dell'art. 67, comma 2, l. fall., l'inefficacia di un pagamento effettuato nel semestre antecedente alla pubblicazione della domanda di ammissione della società (poi fallita) al concordato preventivo.

Il Tribunale di Como, con sentenza 28 luglio 2018, ha accolto la domanda dichiarando inefficace il suddetto pagamento e, per l'effetto, ha revocato il medesimo ai sensi del citato secondo comma dell'art. 67.

Avverso tale la decisione parte soccombente ha presentato ricorso in appello, eccependo l'errore dei giudici di primo grado nell'aver ritenuto sussistenti i presupposti dell'azione revocatoria fallimentare.

La Corte d'Appello di Milano, ritenendo applicabile alla fattispecie esaminata l'art. 69-bis, comma 2, l. fall., con la conseguenza che il c.d. “periodo sospetto” di sei mesi per l'esercizio dell'azione revocatoria deve essere fatto decorrere dalla data di iscrizione della domanda di concordato preventivo nel registro imprese, ha respinto l'appello confermando l'inefficacia e la conseguente revocatoria del pagamento suddetto.

La questione giuridica e la soluzione

La sentenza oggetto di commento affronta la questione inerente la consecuzione tra procedure concorsuali (nel caso di specie, fallimento successivo a concordato preventivo) al fine di verificare l'eventuale inefficacia, e conseguente revocatoria, di un pagamento effettuato nel periodo sospetto.

In tema di consecutio tra procedure, l'art. 69-bis, comma 2, l. fall., stabilisce che nell'ipotesi in cui alla domanda di concordato preventivo segue la dichiarazione di fallimento, i termini previsti agli artt. 64, 65, 67, commi 1 e 2 e 69 l. fall. decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese.

In particolare, ai sensi dell'art. 67, comma 2, l. fall., sono revocabili – a condizione che il curatore provi che l'altra parte era a conoscenza dello stato d'insolvenza del debitore - i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, nel caso in cui siano compiuti nei sei mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento.

La Corte d'Appello di Milano, partendo dalla considerazione della insussistenza nel caso di specie dello iato temporale tra la risoluzione della procedura concordataria e la dichiarazione di fallimento, essendo entrambe le pronunce avvenute in pari data, ha ritenuto applicabile il sopra richiamato secondo comma dell'art. 69-bis, con la conseguenza che il “periodo sospetto” di sei mesi per l'esercizio dell'azione revocatoria deve essere necessariamente fatto decorrere dalla data di iscrizione della domanda di concordato preventivo nel registro imprese. Per i giudici di secondo grado milanesi, infatti, in linea con l'opinione della S.C. (Cass. 10 gennaio 2018, n. 380), l'intervenuta emissione del decreto di omologa non determina la chiusura della procedura concordataria nell'ipotesi in cui alla domanda di concordato segua senza soluzione di continuità la dichiarazione di fallimento.

Osservazioni

La consecuzione è un fenomeno “consistente nel collegamento tra procedure di qualsiasi tipo, volte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell'impresa (manifestatasi indifferentemente come crisi o insolvenza, trattandosi di una distinzione di grado del medesimo fenomeno), in base al quale le varie procedure restano avvinte da un rapporto di continuità causale e unità concettuale, anche se non di rigorosa continuità cronologica, in una logica unitaria che consente di saldare i presidi di tutela insorti con la prima procedura a vantaggio dei creditori concorsuali riaggregati nella seconda” (Cass. 13 settembre 2021, n. 24632).

Non vi è dubbio che la questione più complessa in presenza di consecuzione tra procedure concorsuali è quella rappresentata dalla individuazione del c.d. “periodo sospetto” al fine dell'esperimento dell'azione revocatoria fallimentare.

A questo fine va richiamato il sopra citato art. 69-bis, comma 2, l. fall. - con la cui introduzione il legislatore ha consacrato normativamente la teoria della consecutio (l'espressione è di F. Lamanna, La limitata ultrattività della prededuzione secondo il decreto “Destinazione Italia” nella consecutio tra il preconcordato e le altre procedure concorsuali, in questo portale, 25 marzo 2014) – secondo il quale, se un fallimento è preceduto da un concordato preventivo, il periodo sospetto di cui agli artt. 64-69 l. fall. decorre dalla pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese.

Sulla base di tale premessa si è desunta la possibilità di far retroagire la revocatoria anche in caso di consecuzione tra preconcordato e successivo fallimento (preceduto o meno a sua volta da un concordato preventivo vero e proprio). In tale ottica, è stato evidenziato che il secondo comma del suddetto art. 69-bis si pone come norma di chiusura rispetto all'istituto del concordato in bianco di cui all'art. 161, comma 6, l. fall., nel senso che, una volta introdotta la possibilità di una dissociazione tra la domanda e la proposta di concordato preventivo, la tutela degli interessi dei creditori verrebbe ad essere irrimediabilmente elusa ove si negasse il principio della consecuzione a decorrere dalla pubblicazione del ricorso(l'espressione è di G.B. Nardecchia, Sub art. 69-bis, in Codice commentato del fallimento, Milano, 2013, 805).

In tema di continuità di procedure, la S.C. (Cass. 29 marzo 2016, n. 6045) ha osservato che, qualora al concordato preventivo faccia seguito il fallimento, il susseguirsi delle due procedure darà luogo ad una procedura unitaria il cui inizio deve essere individuato nella prima, dalla quale decoreranno i termini per l'esercizio dell'azione revocatoria anche nell'ipotesi in cui tra concordato e fallimento vi sia uno iato temporale, in quanto costituiscono entrambi manifestazione di un'unica situazione di crisi dell'impresa. In termini più generali, pertanto, la continuità tra la procedura di concordato preventivo e quella fallimentare rende configurabile una sola “super-procedura unitaria” i cui effetti decorrono con il deposito della domanda di concordato.

Più recentemente, i giudici di legittimità (Cass. 6 settembre 2021, n. 24056) hanno precisato che la dichiarazione di fallimento seguita alla procedura di concordato preventivo attua non un fenomeno di semplice successione cronologica, ma di “consecuzione di procedimenti”, i quali, pur distinti sotto il profilo formale, sul piano funzionale finiscono per essere strettamente collegati, nel fine del rispetto della regola della par condicio creditorum, avendo le due procedure a presupposto un analogo fenomeno economico.

La consecutivitàtra le procedure concorsuali, osserva la S.C., comporta quindi che le stesse siano “originate da un medesimo unico presupposto, costituito dallo stato d'insolvenza” e “si sostanzia nella considerazione unitaria della procedura di concordato preventivo, cui è succeduta quella di fallimento, con retrodatazione del termine iniziale del periodo sospetto per la revocatoria fallimentare”, non recedendo l'unitarietà nel caso in cui sussista “uno iato temporale nella successione dei procedimenti, essendo infine manifestazione di un'unica crisi d'impresa” (secondo Cass. 13 settembre 2021, n. 24632, cit., qualora si susseguano più procedure concorsuali, il periodo sospetto ai fini delle azioni revocatorie fallimentari decorre dalla data di ammissione della prima di esse).

In tale contesto, l'aspetto principale è quello di capire in concreto se la dichiarazione di fallimento sia causalmente e direttamente ricollegabile a quella medesima crisi economica che aveva determinato l'apertura (o anche solo il deposito della relativa domanda) del concordato preventivo.

A questo fine, è necessario verificare anzitutto la durata dello iato temporale che si frappone tra la chiusura anticipata del concordato preventivo e la dichiarazione di fallimento: tanto più questo lasso temporale è ampio, tanto più difficile sarà desumere l'esistenza dell'identità della crisi. Al riguardo, per i giudici di legittimità se è vero che il mero lasso temporale tra il termine di una procedura e l'inizio di quella successiva, di per sé, non esclude il fenomeno della consecuzione delle procedure concorsuali; è altrettanto vero che quest'estensione temporale non è senza confini o limiti”. In altri termini, lo stesso lasso di tempo trascorso si manifesta elemento che non può essere trascurato, ma che, al contrario,deve essere apprezzato in relazione alla dimensione che in concreto è venuto ad assumere.

In tale ottica, non può ravvisarsi il fenomeno della consecuzione qualora tra procedure concorsuali intercorra un intervallo di dimensione temporale tale da far ritenere, alla luce di un giudizio di ragionevolezza, che la situazione di crisi che dà luogo alla seconda procedura non sia sovrapponibile a quella precedente (Cass. 16 aprile 2018, n. 9290, che ha negato la sussistenza di continuità tra le due procedure in presenza di uno iato temporale di quasi un anno; otto mesi per Cass. 19 aprile 2010, n. 9289).

Conclusioni

La sentenza delle Corte di Appello di Milano, le cui conclusioni sono del tutto condivisibili, riconosce la consecuzione tra la procedura di concordato preventivo e la procedura fallimentare anche nell'ipotesi in cui sia intervenuto il decreto di omologa, a condizione che la dichiarazione di fallimento sia contestuale – o, secondo l'opinione prevalente della Corte di Cassazione, comunque pronunciata in un lasso temporale ragionevole - con la risoluzione del concordato omologato. La contestualità o il limitato iato temporale, infatti, assicurano un “identico” stato d'insolvenza, rectius che lo stato d'insolvenza esistente al momento della dichiarazione di fallimento è il medesimo di quello esistente al momento dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo.

In tale situazione, pertanto, il c.d. “periodo sospetto” di sei mesi per l'esperimento dell'azione revocatoria di cui all'art. 67, comma 2, l. fall., decorre dalla data di iscrizione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese ai sensi dell'art. 69-bis, comma 2, l. fall.