Lesioni gravi o gravissime per violazione colposa delle norme sulla circolazione stradale: la procedibilità d'ufficio è (di nuovo) salva

Giuseppe Marino
28 Dicembre 2021

Benché le condotte integranti il delitto di lesioni gravi o gravissime per violazione colposa delle norme in materia di circolazione stradale siano connotate da un minor disvalore rispetto a quelle caratterizzate dalla consapevole (o addirittura temeraria) assunzione di rischi irragionevoli, la procedibilità d'ufficio, anche per le prime, non è manifestamente irragionevole.

Benché le condotte integranti il delitto di lesioni gravi o gravissime per violazione colposa delle norme in materia di circolazione stradale siano connotate da un minor disvalore rispetto a quelle caratterizzate dalla consapevole (o addirittura temeraria) assunzione di rischi irragionevoli, la procedibilità d'ufficio, anche per le prime, non è manifestamente irragionevole.

Lo ha confermato la Corte Costituzionale, con l'ordinanza n. 244, pubblicata il 17 dicembre 2021.

Il caso. La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell'art. 590-bis, comma 1, c.p., come sostituito dall'art. 1, comma 2, l. n. 41/2016 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al d.lgs. n. 285/1992, e al d.lgs. n. 274/2000), e del d.lgs. n. 36/2018 (Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 16, lettere a e b, e 17, della l. n. 103/2017) nella parte in cui non prevedono la procedibilità a querela nelle ipotesi di lesioni personali stradali gravi o gravissime per le quali la persona offesa risulti integralmente risarcita in ordine ai danni subiti a seguito dell'evento.

Le censure del rimettente. Secondo il giudice a quo, la disciplina censurata sarebbe irragionevole, sotto il duplice profilo della carenza di proporzionalità tra mezzi scelti e finalità perseguite e del mancato rispetto del canone di coerenza sistematica dell'ordinamento, in quanto essa prevede la procedibilità d'ufficio anche in relazione alle lesioni stradali gravi nei casi in cui l'autore del fatto abbia integralmente risarcito la vittima e questa abbia scelto di non proporre querela.

Essendo la circolazione stradale un'attività lecita, per compiere la quale è obbligatoria la sottoscrizione di una polizza assicurativa, ad avviso del rimettente, sarebbe eccessivo e irragionevole, oltre che contrario alla concreta offensività del fatto (art. 13, comma 2, Cost.) ed alla finalità rieducativa della pena (art. 27, comma 3, Cost.) prevedere, a fronte di condotte non connotate da particolare allarme sociale e caratterizzate dalla generica violazione di norme in materia di circolazione stradale, l'indefettibile celebrazione del processo penale, anche in assenza di istanza punitiva della persona offesa che sia stata integralmente risarcita dei danni patiti.

La previsione indiscriminata della procedibilità d'ufficio sia per le lesioni stradali gravi ex art. 590-bis, comma 1, c.p., cui sia seguito il risarcimento del danno in favore della persona offesa, sia per le ipotesi aggravate di cui ai commi successivi della medesima disposizione, realizzerebbe, quindi, un trattamento omogeneo di situazioni differenti, in contrasto con l'art. 3 Cost., indebitamente equiparando l'automobilista c.d. modello, che abbia sempre rispettato tutte le prescrizioni all'uopo richieste dalla legge e colui il quale circoli ignorando le norme del codice della strada o, in particolare, guidi un mezzo privo di copertura assicurativa.

Il quadro normativo. La fattispecie criminosa delle lesioni personali stradali gravi o gravissime, procedibile d'ufficio, è stata introdotta dalla l. n. 41/2016. Successivamente, la l. n. 103/2017 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario) ha delegato il Governo a prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, salva in ogni caso la procedibilità d'ufficio qualora la persona offesa sia incapace per età o per infermità, oppure ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell'articolo 339 c.p.

Nell'esercitare la delega con l'adozione del d.lgs. n. 36/2018, il Governo ha omesso di annoverare tra le fattispecie oggetto della modifica del regime di procedibilità quella di cui al primo comma dell'art. 590-bis c.p., pur punita con una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni.

Violazione colposa delle norme sulla circolazione stradale: chi provoca lesioni personali gravi non può essere considerato un “automobilista modello”. Chiamata a pronunciarsi sulle questioni prospettante dal rimettente – che mirano, in sostanza, ad estendere alla fattispecie base di lesioni stradali il regime di punibilità a querela della persona offesa – la Corte ritiene che le stesse siano manifestamente infondate, essendo in larga parte analoghe a quelle già riconosciute non fondate dalla sentenza n. 248/2020.

In quella occasione, il giudice delle leggi, pur riconoscendo che le condotte indicate al primo comma dell'art. 590-bis c.p. sono connotate da un minor disvalore sul piano della condotta e del grado della colpa rispetto a quelle contemplate dai commi successivi della citata disposizione, ha ritenuto che la procedibilità d'ufficio, anche per le prime, non sia manifestamente irragionevole e, pertanto, lesiva dell'art. 3 Cost.

Ed infatti, contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente, non può considerarsi “automobilista modello” chi abbia violato, sia pure occasionalmente, le norme attinenti alla circolazione stradale, provocando – in conseguenza di tale violazione – lesioni personali gravi o gravissime a carico di terzi, sicché neppure sotto tale profilo la previsione della procedibilità d'ufficio potrebbe essere ritenuta manifestamente irragionevole, così come non lo è – ancor prima – la scelta legislativa di conferire rilevanza penale a una simile condotta.

Per le stesse ragioni non può considerarsi manifestante irragionevole e, pertanto, contraria all'art. 3 Cost., la scelta compiuta dal legislatore con il d.lgs. n. 36/2018 di confermare la procedibilità d'ufficio del delitto di cui al primo comma dell'art. 590-bis cod. pen., già prevista dalla legge n. 41/2016.

Esclusione della punibilità a querela: scelta discrezionale del legislatore. Analogamente, risultano manifestamente infondate le doglianze, ancora formulate in riferimento all'art. 3 Cost., ma in realtà attinenti al rapporto tra le scelte del legislatore delegato e quelle del legislatore delegante, relative alla mancata previsione della procedibilità a querela per il delitto di cui all'art. 590-bis, comma 1, c.p., per contrasto con la ratio complessiva della l. n. 103/2017 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario).

Anche a prescindere dall'incongruità del parametro evocato rispetto alla sostanza della doglianza prospettata, infatti, la Consulta ha già ritenuto – con riferimento all'allora denunciata violazione dell'art. 76 Cost. – che, nell'escludere la procedibilità a querela del delitto di cui all'art. 590-bis, comma 1, c.p., il Governo avesse adottato una interpretazione non implausibile – e non distonica rispetto alla ratio di tutela sottesa alle indicazioni del legislatore delegante – del criterio dettato dall'art. 1, comma 16, lett. a), n. 1), della l. n. 103/2017 (Corte Cost., n. 223/2019): il Governo, quindi, non ha travalicato i fisiologici margini di discrezionalità impliciti in qualsiasi legge delega, rispettando la ratio di quest'ultima e le esigenze sistematiche proprie della materia penale, tanto più che, nel caso di specie, si era al cospetto di una delega “ampia” o “vaga”.

Il regime di procedibilità non è incostituzionale, ma andrebbe rivisto. Da ultimo, risultano manifestamente infondate anche le doglianze formulate in riferimento agli artt. 13, co. 2, e 27, comma 3, Cost., per le quali manca qualsiasi autonoma motivazione rispetto ai profili di censura attinenti all'allegata violazione dell'art. 3 Cost.

Ciò nonostante, la pronuncia in commento rinnova l'auspicio che il legislatore rimediti sulla congruità dell'attuale regime di procedibilità per le diverse ipotesi di reato contemplate dall'art. 590-bis c.p. (cfr. Corte Cost., n. 223/2019 e n. 248/2020). Come detto, le violazioni di cui al primo comma sono connotate da un disvalore inferiore a quello proprio delle assai più gravi ipotesi di colpa cui si riferiscono i commi successivi dell'art. 590-bis c.p., le quali sono caratterizzate in gran parte dalla consapevole (o addirittura temeraria) assunzione di rischi irragionevoli: ad esempio, da parte di chi si ponga alla guida di un veicolo avendo assunto sostanze stupefacenti o significative quantità di alcool, ovvero superi del doppio la velocità massima consentita, circoli contromano o, ancora, inverta il senso di marcia in prossimità di una curva o di un dosso.

Inoltre, potrebbe discutersi dell'opportunità dell'indefettibile celebrazione del processo penale a prescindere dalla volontà della persona offesa, specie laddove a quest'ultima sia stato assicurato l'integrale risarcimento del danno subito; e ciò anche a fronte dell'esigenza – di grande rilievo per la complessiva efficienza della giustizia penale – di non sovraccaricare quest'ultima dell'onere di celebrare processi penali non funzionali alle istanze di tutela della vittima.