L'amministratore non è responsabile per gli assegni abusivamente sottratti e contraffatti sul conto corrente condominiale

30 Dicembre 2021

Chiamata a valutare il provvedimento di condanna di Poste Italiane, la Corte di Cassazione ha precisato che l'evento dannoso, a scapito del condominio, era stato cagionato non tanto dalla mancata verifica, ad opera dell'amministratore del condominio, della quantità e del numero degli assegni in dotazione al conto intestato al condominio, quanto dalla conseguenza dell'appropriazione del titolo da parte di un soggetto non legittimato. Difatti, l'evento dannoso in questione era riconducibile alla condotta dell'ente giratario per l'incasso, per avere disposto il pagamento in favore di un soggetto diverso dal beneficiario.
Massima

In caso di incasso di assegni fasulli sul conto corrente condominiale da parte di terzi, l'amministratore non è responsabile quando l'evento dannoso è riconducibile alla condotta dell'ente giratario per l'incasso, per avere disposto il pagamento in favore di un soggetto diverso dal beneficiario. In tal caso, infatti, la responsabilità della banca si pone come fatto sopravvenuto tale da escludere il nesso di causalità tra la condotta dell'amministratore del condominio, nella diligente custodia del carnet di assegni, ed il pagamento operato in favore del soggetto accreditatosi come titolare del diritto cartolare.

Il caso

I giudici di appello, accogliendo il gravame del condominio, condannavano Poste Italiane al pagamento, a titolo risarcitorio, della somma di circa 22 mila euro quale rimborso (maggiorato di interessi) abusivamente incassata presso l'ufficio postale a mezzo di due assegni contraffatti, sottratti da ignoti ed illegittimamente negoziati.

A questo proposito, la Corte territoriale ha ritenuto escluso un concorso causale del danneggiato (per carente custodia del carnet di assegni). Difatti, secondo tale ragionamento, vi era stata la negligenza di Poste Italiane nell'identificazione del beneficiario degli assegni e del titolare del conto, consistita sia nel non avere seguito le raccomandazioni, non vincolanti, emesse dall'Associazione Bancaria Italiana, in ordine alla verifica dell'identità personale mediante almeno due documenti con foto; sia nel non avere richiesto, al momento dell'apertura del conto, il codice fiscale e la produzione di una busta paga, malgrado la sussistenza di alcune circostanze che avrebbero dovuto indurre Poste ad una maggiore prudenza.

Avverso il provvedimento in esame, Poste ha proposto ricorso in cassazione eccependo la violazione e falsa applicazione dell'art. 1176, commi 1 e 2, c.c. in relazione all'art. 1992, comma 2, c.c., per avere la Corte di merito ritenuto negligente la condotta di Poste, malgrado questa avesse proceduto all'identificazione del beneficiario, dietro presentazione di un documento di identità perfettamente regolare. Inoltre, secondo la ricorrente, i giudici di appello non avevano preso in considerazione la mancanza di diligenza da parte dell'amministratrice del condominio, il quale non aveva, quale nuovo amministratore condominiale, verificato presso Poste la quantità e il numero degli assegni in dotazione al conto intestato al condominio oltre che alla tardiva denuncia in relazione agli assegni in oggetto, quando ormai le somme erano state riscosse dal titolare del conto.

La questione

La questione in esame è la seguente: l'amministratore di condominio è responsabile per l'incasso di assegni sottratti e contraffatti sul conto corrente condominiale?

Le soluzioni giuridiche

Nel corso dell'istruttoria di causa del giudizio di merito, era emerso che l'accreditamento, a fine luglio 2009, era avvenuto quasi simultaneo di assegni negoziati presso due uffici postali, diversi da quello utilizzato per l'apertura del conto corrente mediante una serie di operazioni sino all'azzeramento della provvista.

Detto ciò, conformemente a quanto detto dalla Corte territoriale, i giudici di legittimità hanno ammesso che la responsabilità di Poste - per aver operato il pagamento in favore di soggetto non legittimato - si poneva come fatto sopravvenuto tale da escludere il nesso di causalità tra la condotta dell'amministratore del condominio, nella diligente custodia del carnet di assegni, e il pagamento operato in favore del soggetto accreditatosi come titolare del diritto cartolare (Cass. civ., sez. I, 1° febbraio 2018, n. 2520; Cass. civ., sez. VI, 4 novembre 2014, n. 23460; Cass. civ., sez. III, 30 marzo 2010, n. 7618).

In altri termini, secondo la Suprema Corte, l'evento dannoso prodottosi non dipendeva dalla mancata verifica ad opera dell'amministratore del condominio; difatti, quest'ultimo era subentrato nel 2008 al precedente amministratore, il quale gli aveva asseritamente consegnato un solo carnet di assegni relativo a conto corrente postale, della quantità del numero degli assegni in dotazione al conto intestato al condominio. Oltre a ciò, veniva confermata un'omessa adozione dei dovuti provvedimenti di cautela di Poste, quali la sospensione delle operazioni di prelevamento e pagamento, verificatesi successivamente all'accreditamento dei titoli, malgrado la segnalazione da parte del condominio, quanto meno della negoziazione illegittima (sia pure senza denuncia penale), idonea a mettere in allarme Poste ed essendosi proceduto solo il giorno successivo ad eseguire, da parte del titolare, i prelevamenti consecutivi dal conto per cinque volte, senza che alcuna misura cautelativa venisse previamente adottata da Poste.

In conclusione, il Supremo Collegio ha rigettato il ricorso e, per l'effetto, è stata confermata la condanna di Poste Italiane.

Osservazioni

La pronuncia in oggetto è interessante, in quanto si presta ad alcune precisazioni generali in merito alle responsabilità dell'istituto di credito e dell'amministratore in caso di incasso di assegni sottratti.

In relazione alla responsabilità della banca per il pagamento a persona diversa dal beneficiario, il r.d. n. 1736/1933 la attribuisce a colui che paga a persona diversa dal prenditore o da un banchiere giratario per l'incasso. Ci si riferisce in tal senso non alla persona fisica del prenditore, quanto, piuttosto, alla c.d. legittimazione cartolare, ovvero alla persona che non è legittimata come prenditore. Dunque, nel caso di falsificazione o di alterazione dell'assegno, trova applicazione la normativa ex art 1175, comma 2. c.c. (comportamento secondo correttezza) e art. 1992, comma 2, c.c. (adempimento della prestazione), sia nei confronti dell'istituto di credito trattario che nei confronti dell'istituto bancario negoziatore.

In giurisprudenza, i giudici di legittimità hanno osservato che il pagamento eseguito in favore di un soggetto diverso dal beneficiario dell'assegno, ma apparentemente legittimato in base alle indicazioni risultanti dal titolo, non comporta automaticamente l'affermazione della responsabilità della banca, a tal fine occorrendo invece una valutazione in concreto del comportamento della stessa, da condursi secondo il parametro della diligenza professionale, con la conseguenza che la banca può essere ritenuta responsabile soltanto nel caso in cui l'alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo (Cass. civ., sez. I, 21 giugno 2016, n. 12806).

Ne consegue, dunque, l'insufficienza della mera rilevabilità dell'alterazione, occorrendo che la stessa sia riscontrabile attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile dell'assegno da parte dell'impiegato addetto in possesso di comuni cognizioni teorico-tecniche, ovvero anche tramite mezzi e strumenti di agevole utilizzo e reperibilità, senza che debba ricorrersi ad attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento (Cass. civ., sez. I, 26 gennaio 2016, n. 1377).

Ad ogni modo, la banca che ha pagato l'assegno a persona diversa è ammessa a provare che l'inadempimento non è a lei imputabile per essere comunque stata diligente chiedendo i documenti poi rivelatisi falsi (Cass. civ., sez. un. 21 maggio 2018, n. 12477).

Quanto alle responsabilità dell'amministratore di condominio, nella pronuncia in commento, i giudici hanno confermato la responsabilità di Poste Italiane per negligenza, malgrado questa avesse proceduto all'identificazione del beneficiario, dietro presentazione di un documento di identità perfettamente regolare (accreditatosi come titolare del diritto cartolare ma non legittimato). Oltre a ciò, i giudici hanno precisato che l'evento dannoso non era dipeso dal fatto che l'amministratrice non avesse verificato la quantità ed il numero degli assegni in dotazione al conto intestato al condominio, ma dalla condotta dell'ente giratario per l'incasso in quanto responsabile del pagamento in favore di un soggetto diverso dal beneficiario. In tale contesto, però, occorrono alcune considerazioni in merito ai rapporti tra banca, amministratore e condomini.

Ebbene, la riforma del condominio, nell'introdurre nuovi oneri, ha previsto un sistema di controllo sull'attività dell'amministratore in ragione di un fine di trasparenza e pubblicità a favore dei condomini e dei terzi. Invero, la l. n. 220/2012 è intervenuta sulla disciplina del conto corrente (art. 1129, comma 7, c.c.) prevedendo che «l'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio».

Come osservato in altri precedenti, l'amministratore è tenuto ad operare sul conto corrente sempre e solo “nella qualità di amministratore” e ciò emerge dal fatto che, in caso di emissione di assegno scoperto, il protesto viene elevato al condominio solo qualora l'amministratore evidenzi, sul titolo, la sua qualità, altrimenti il protesto viene eseguito nei confronti di lui personalmente (Cass. civ., sez. I, 12 novembre 2013, n. 25371); costituisce, pertanto, sempre irregolare l'utilizzo, da parte dell'amministratore, delle somme depositate sul conto corrente condominiale per finalità non strettamente inerenti alla gestione dell'edifici. All'istituto di credito è sufficiente avere certezza che una persona sia effettivamente amministratore del condominio che dice di rappresentare e non anche che quel condominio abbia scelto quell'istituto.

Quanto ai controlli della banca, però, secondo i giudici di merito, in tema di conto corrente bancario intestato ad un condominio, è da escludere che la banca abbia il dovere di controllare la fisiologia ovvero la patologia della gestione del conto da parte del soggetto (amministratore) autorizzato ad operarvi ovvero il dovere di verificare che le operazioni di prelievo e di pagamento poste in essere dall'amministratore abbiano come beneficiari i fornitori del condominio (App. Milano 27 dicembre 2017, n. 5440).

A questo punto sorge un interrogativo: ai fini del controllo del conto corrente, i condomini hanno il diritto di presentarsi in banca per ottenere un estratto conto?

Secondo l'Arbitrato bancario finanziario di Roma (ABF) (provvedimento del 16 settembre 2016, n. 7960), la banca è tenuta a far accedere il singolo condomino alla documentazione del conto corrente condominiale se questi dimostra di aver già inoltrato una richiesta all'amministratore e che tale richiesta è rimasta inevasa.

In conclusione, alla luce delle considerazioni innanzi esposte:

a) l'amministratore non è responsabile della negligenza dell'istituto di credito in caso di assegni sottratti contraffatti da terzi;

b) la banca non è tenuta a controllare l'operato dell'amministratore sulla gestione del conto corrente condominiale;

c) i condomini hanno il diritto di richiedere alla banca alla documentazione del conto corrente in caso di inadempimento dell'amministratore a seguito di specifica richiesta.

(Fonte: Condominio e Locazione)

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