Sì all’adozione c.d. “mite” se corrisponde all’interesse del minore che si trova in stato di semi-abbandono

30 Dicembre 2021

La corte di Cassazione esamina i casi in cui trova applicazione l'istituto dell'adozione c.d. mite
Massima

L'adozione c.d. mite o aperta è da preferire all'adozione c.d. legittimante nei casi in cui non sia contraria al concreto interesse del figlio minore perché alla “grave fragilità genitoriale” si associa purtuttavia la permanenza di un “rapporto affettivo e relazionale significativo” tra il minore e la famiglia di origine.

Il caso

Con sentenza depositata nel marzo 2019 il Tribunale per i Minorenni di Venezia dichiarava l'adottabilità dei minori I.T., R. T. e V. T, rispettivamente di 13, 7 e 5 anni.

Tale decisione veniva appellata dai genitori dinanzi alla Corte d'Appello di Venezia, domandando, alla luce delle conclusioni prospettate dalla CTU, di poter incontrare i figli almeno una volta alla settimana.

Con la sentenza n. 20/2019 depositata in data 26.11.2019 la Corte d'Appello rigettava il gravame proposto dai genitori e confermava le statuizioni del primo grado del giudizio, pur dando atto che il CTU, nell'elaborato peritale, aveva propeso “per una soluzione che nel concreto non interrompesse il legame e il rapporto tra i genitori con i figli”, così indicando l'applicazione in fattispecie dell'adozione mite.

La Corte territoriale, dopo aver puntualizzato che l'adozione c.d. mite è un istituto non previsto dalla legislazione vigente, evidenziava che – nel caso concreto – il quadro di riferimento fosse troppo precario per offrire garanzie sufficienti alla prole poiché “il padre era affetto da una patologia psichiatrica che andava inquadrata nell'ambito dello spettro schizofrenico in cui la componente paranoidea risultava prevalente e si esprimeva attraverso una forma di gelosia patologica nei confronti della moglie”; e la madre affetta da “una forma di disturbo ansioso”. Inoltre, il padre risultava privo di occupazione e la madre riceveva per un impegno come tirocinante un'indennità mensile lorda di euro 315,00. Confermava, quindi, lo stato di adottabilità dei tre minori e,in parziale riforma della sentenza di primo grado, in adesione alle indicazioni del perito di non recidere in alcun modo il rapporto tra i tre fratelli, disponeva reciproci incontri tra i fratelli, con cadenza almeno settimanale anche se collocati in famiglie diverse.

Con atto introduttivo n. 1279/2020, infine, veniva proposto ricorso per Cassazione affidandolo ad otto motivi. In particolare, con i primi due, si dolevano dell'omessa pronuncia della Corte sulla richiesta di conservare i contatti tra i minori i genitori e la mancata pronuncia sull'adozione mite o aperta consigliata dal CTU, con il sesto la mancata audizione della primogenita, divenuta nel frattempo maggiorenne.

La questione

Nel nostro ordinamento giuridico se e quando trova applicazione l'istituto dell'adozione c.d. mite?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione accoglie il primo, il secondo e il sesto motivo del ricorso ed assorbe gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Venezia.

Per i giudici della Suprema Corte il primo e il secondo motivo, esaminati in modo unitario poiché convergono sulla medesima tematica dell'adozione c.d. mite, sono fondati.

Preliminarmente, rilevano come la posizione della Corte veneziana di chiudere l'argomento affermando che l'istituto dell'adozione aperta è estraneo al vigente sistema legislativo, si mostra in contrasto con il dato normativo, secondo un pacifico orientamento di legittimità.

L'istituto trova il fondamento giuridico nell'articolo 44 lett. d) della l. 184/1983, con riferimento alle adozioni in casi particolari, alle quali si ricorre tutte le volte in cui, non sussistono le condizioni di abbandono del minore adottando (cfr. Cass. 12962/2016; Corte cost. 383/1999).

In secondo luogo, richiamando la pronuncia SS.UU. 8847/2020, con particolare riferimento agli effetti, ribadisce come l'adozione ex art. 44 lettera d) «crei un vincolo di filiazione giuridica che si sovrappone a quello di sangue, non estinguendo il rapporto del minore con la famiglia di origine, pur se l'esercizio della responsabilità genitoriale spetta all' adottante».

Quindi, dalla natura “residuale e aperta” che caratterizza le adozioni di cui all'art. 44 lettera d), ne consegue che, in armonia con le affermazioni di principio della Corte europea e con le previsioni di diritto interno che prevedono il diritto prioritario del minore a essere cresciuto allevato della sua famiglia di origine, è possibile valutare – caso per caso – e, quindi, tenendo conto delle peculiarità delle singole fattispecie concrete, il ricorso al modello di adozione che non recida in toto i rapporti del minore con la famiglia di origine.

Tanto premesso, ne consegue che la decisione della Corte d'Appello di Venezia è censurabile nel punto in cui avrebbe dovuto - non solo prescrivere una continuativa frequentazione tra fratelli(decisione che ha assunto) – ma anche procedere ad accertare se e come nella specie fosse armonizzabile l'interesse dei minori al mantenimento del rapporto affettivo con i genitori biologici(si ricorda che la CTU, aveva propeso per una soluzione chenel concreto non interrompesse il legame ed il rapporto dei genitori con i figli) con quello dell'accoglienza di un nuovo nucleo familiare.

Con l'accoglimento del sesto motivo del ricorso, infine, la Corte, censura l'omissione dei giudici di merito per aver disatteso un principio oramai pacificamente acquisito nella giurisprudenza (cfr. da ultimo, Cass. 16569/2021) in forza del quale «il Tribunale deve a pena di nullità della pronuncia procedere all'ascolto del minore che abbia compiuto gli anni 12 e anche di età inferiore se capace di discernimento salvo che ritenga di omettere tale incombente con adeguata motivazione»: nel caso in esame, infatti, né il Tribunale né la Corte d'Appello avevano proceduto all'ascolto di I.T., che nelle more del processo aveva compiuto il dodicesimo anno di età; né hanno motivato circa tale omissione.

Osservazioni

L'ordinanza in esame merita di essere segnalata perché conferma la validità della prassi dell'adozione c.d. mite o aperta, recentemente espressamente inserita nell'alveo dei tipi di adozione (Cass. 1476/2021).

Tale istituto, che rientra nelle competenze del Tribunale per i minorenni, è stato creato dalla prassi avviata dal Tribunale per i Minorenni di Bari a partire dal 2003, che ne ha fatto ampia applicazionein tutte quelle situazioni di accentuato disagio (non qualificabile come abbandono totale) di minorenni, caratterizzate dalla loro protratta permanenza fuori della famiglia originaria e dal loro collocamento in comunità oppure in affidamento familiare(cfr. atto CSM n. P 13713/2003 del 4.7.2003; Trib. min. Bari, 7 maggio 2008).

I giudici baresi, partendo da un approccio culturale fondato sulla “mitezza” della decisione giurisdizionale, che deve avere come finalità “l'accompagnamento alla vita delle persone”, di fatto hanno introdotto un nuovo modello di adozione (detta appunto, mite), che non elide definitivamente i rapporti dell'adottato con la famiglia di origine ma ne disciplina gli aspetti emotivi, affettivi e psicologici, favorendo momenti di incontro del minore con i famigliari (per esempio continuando a sentire e frequentare i genitori, i nonni, gli zii i cugini..) e al contempo attiva tutti gli strumenti necessari per colmare le criticità delle capacità genitoriali. Sempre che ciò corrisponda al concreto interesse del minore adottato.

Non si può sottacere che, in parallelo, si è sviluppato un serrato dibattito dottrinario, animato dalla preoccupazione che l'applicazione di un istituto fondato sulla prassi non garantisse abbastanza l'identità ed i modelli educatividel minore oltre che le aspettative delle famiglie adottive ed affidatarie.

La sperimentazione barese, invece, ha avuto il merito di anticipare i successivi orientamenti della giurisprudenza nazionale e sovranazionale, ben visti dallo stesso legislatore che ha valorizzato il principio della continuità affettiva recependolo nella finalità della l. 173/2015 laddove “preserva il diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare” nelle adozioni e negli affidi.

Il fondamento giuridico si fa discendere da un'interpretazione sistematica, coordinata ed evolutiva dell'art. 44 lett. d) (si può pervenire all'adozione in casi particolari, anche quando non ricorrano situazioni di abbandono del minore tali da giustificare una pronuncia di adottabilità) e degli artt. 45 e 46 della l. 184/1983 (ai fini dell'adozione speciale è richiesto il consenso dei genitori o del tutore e del minore che abbia compiuto gli anni 14 …).

Inoltre, trova giustificazione alla luce del consolidato principio di diritto a mente del quale “l'adozione legittimante (art. 7 l. 184/1983) deve essere considerata l'extrema ratio a cui si deve pervenire solo quando non si ravvisa alcun interesse per il minore di conservare una relazione con i genitori biologici, attesa la condizione di abbandono morale e materiale nella quale si verrebbe a trovare(Cass. 3643/2020; Cass. 13435/2016; Cass. 23979/2015; Cass. 11758/2014).

Quindi, il presupposto di diritto e di fatto perché si possa ricorrere all'adozione mite è “una situazione di semi-abbandono del minore”,semi-permanente o ciclico(come per esempio nel caso di genitori tossicodipendenti), caratterizzato dalla condizione patologica di natura non transitoria in cui versa la famiglia di origine, la quale - benché gravemente deficitaria e bisognosa di costante supporto esterno – conserva, tuttavia, in relazione al minore un ruolo propulsivo e positivo tanto che non sarebbe opportuno recidere i rapporti tra il minore e famiglia biologica, come capita, invece, con l'adozione legittimante.

Quanto alla valutazione della capacità genitoriale, la Suprema Corte ha precisato che il giudizio sullo “stato dell'abbandono” non può essere determinato in via astratta, dovendo, invece, il giudice di merito (Cass. 11171/2019) accertare che vi sia la concreta possibilità di supportare i genitori affinché gli stessi sviluppino il loro rapporto con il minore, eventualmente e preferibilmente avvalendosi anche degli interventi di sostegno e di aiuto, così come espressamente previsto dall'art. 1, l. 184/1983 (Cass. ord. 7559/2018).

Tuttavia, il prioritario diritto dei minori a crescere nell'ambito della loro famiglia di origine non esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità – per stato di abbandono – quando, nonostante l'impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, permanga, la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli, e non risulti possibile prevedere, con ragionevole certezza, l'adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatibili con l'esigenza dei minori di poter ricevere cure materiali, calore affettivo ed aiuto psicologico indispensabili per conseguire un'equilibrata crescita psico-fisica, senza che tale situazione sia dovuta a motivi di carattere transitorio (Cass.19825/2020; Cass. 17603/2019; Cass. 16357/2018; Cass. 22589/2017).

Del resto, anche la Corte EDU, in applicazione degli artt. 8 CEDU, 30 Cost., 1, l. n. 184/1983 e 315-bis, comma 2, c.c.., in diverse occasioni, ha chiarito che l'adottabilità del minorepuò essere dichiarata solo dove lo stato di abbandono sia “endemico e radicale” e vi sia da parte dei genitori biologici un'incapacità assoluta ed irreversibile di allevare e curare il figlio tale da poterli considerare come inadeguati a svolgere il loro fondamentale ruolo educativo. Così imponendo agli Stati di dotarsi di misure giuridiche e di intraprendere azioni positive adeguate a consentire lo sviluppo del legame tra genitori e figli (Corte EDU, 12.02.2019, Minervino e Trausi c/Italia; Corte EDU, 13.10. 2015, S. H. c/Italia; Corte EDU, 21.1.2014, Zhou c/Italia) in tempi rapidi (Corte EDU, 22.06.2017, Barnea e Caldararu c/Italia).

Non si trascuri, infine, la valutazione dei tempi necessari per rimediare alle criticità genitoriali poiché “il diritto del minore a crescere nella famiglia di origine presuppone che si possa prevedere un recupero delle capacità genitoriali in tempi ragionevoli e compatibili con la superiore esigenza del minore stesso di crescere in modo equilibrato” (Cass. 19825/2020; Cass. 31672/2019; Cass. 24781/2019.

E ciò secondo il condivisibile principio espresso dalla CEDU a mente del quale non è un diritto dei genitori ma secondo il best interest of the child, è un diritto dei figli, mantenere le relazioni con la famiglia di origine (Zhou c/Italia, cit.).

Riferimenti

A. Figone, L'adozione mite e la situazione di semi – abbandono, in IlFamiliarista;

M. Dogliotti, Adozione e affidamento, in, Filiazione, Pratica professionale Fam. (a cura di) Annamaria Fasano - Alberto Figone;

P. Morozzo della Rocca, Abbandono e semiabbandono del minore nel dialogo tra CEDU e corti nazionali, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2020. Fasc. 4, 830;

L. Parlanti, No all'adottabilità del minore se sussiste un legame con i genitori, anche quando questi ultimi presentino evidenti carenze, in il Familiarista.

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