Sistema di prevenzione antimafia: le novità introdotte dal d.l. n. 152/2021

03 Gennaio 2022

Il d.l.6 novembre 2021, n. 152 ha introdotto, nel suo Titolo IV, rubricato "Investimenti e rafforzamento del sistema di prevenzione antimafia", alcune significative modifiche al d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, attraverso gli artt. 47, 48 e 49.Queste modifiche, per un verso, si muovono nel solco prefigurato dal d.lgs. n. 159 del 2011, per altro verso, potenziano le garanzie, amministrative e giurisdizionali, dell'impresa nel sistema di prevenzione antimafia...
Abstract

Il d.l.6 novembre 2021, n. 152 ha introdotto, nel suo Titolo IV, rubricato Investimenti e rafforzamento del sistema di prevenzione antimafia, alcune significative modifiche al d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, attraverso gli artt. 47, 48 e 49.

Queste modifiche, per un verso, si muovono nel solco prefigurato dal d.lgs. n. 159 del 2011, per altro verso, potenziano le garanzie, amministrative e giurisdizionali, dell'impresa nel sistema di prevenzione antimafia, con un'operazione, soprattutto evidente nell'art. 48 d.l. n. 152 del 2021, che costituisce uno sviluppo dei principi consolidatisi, nel corso degli anni, in seno alla giurisprudenza di legittimità.

L'entrata in vigore del decreto legge 6 novembre 2021, n. 152 e il rafforzamento delle garanzie procedimentali del sistema di prevenzione antimafia

Il d.l. 6 novembre 2021, n. 152 recante Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e la prevenzione delle infiltrazioni mafiose, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 6 novembre 2021, n. 265, ha introdotto, nel Titolo IV, rubricato Investimenti e rafforzamento del sistema di prevenzione antimafia, alcune significative modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, adottato con il d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che vi sono state apportate attraverso gli artt. 47, 48 e 49, dei quali questo intervento intende occuparsi.

Queste modifiche normative, per un verso, si muovono nel solco sistematico delineato dal d.lgs. n. 159 del 2011, per altro verso, mirano a un potenziamento delle garanzie soggettive nei procedimenti di rilascio della documentazione antimafia, soprattutto evidente nella disciplina dell'art. 48, intitolato Contraddittorio nel procedimento di rilascio dell'interdittiva antimafia; potenziamento, che, a ben vedere, costituisce uno sviluppo, quasi fisiologico, dei principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza “Spinelli”, in materia di garanzie giurisdizionali nel procedimento di prevenzione (Cass. pen., sez. unite, 26 giugno 2014, Spinelli, n. 4880, in Cass. C.E.D., n. 262602-01).

Questo intervento, del resto, porta a compimento l'opera di rivisitazione complessiva del sistema di prevenzione antimafia, avviata con il d.lgs. n. 159 del 2011 e ulteriormente sviluppata con la legge 17 ottobre 2017, n. 161, recante Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate, con cui si è cercato di realizzare una sintesi meritoria tra l'esercizio dell'attività d'impresa costituzionalmente garantito ex art. 41 Cost. e una prevenzione incisiva delle forme di infiltrazione mafiosa nel sistema economico. Tali obiettivi riformatori, a loro volta, costituiscono la conseguenza di una consapevolezza sempre maggiore, anzitutto giurisprudenziale, della vocazione imprenditoriale della criminalità organizzata e della sua capacità di infiltrarsi nel tessuto produttivo, inquinando realtà imprenditoriali lecite e determinando l'affermazione di modelli economici anticoncorrenziali imposti dalle organizzazioni mafiose presenti sul territorio nazionale (Cass. pen., sez. V, 5 giugno 2018, Bacchi, n. 30133, in Cass. C.E.D., n. 273683-01).

L'art. 47 d.l. n. 152/2021: l'amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario delle aziende

Nella cornice descritta nel paragrafo precedente occorre muovere dalla disposizione dell'art. 47 d.l. n. 152 del 2021, intitolata Amministrazione giudiziaria e controllo giudiziario delle aziende, che ha modificato l'art. 34-bis d.lgs. n. 159 del 2011, a sua volta, rubricato Controllo giudiziario delle aziende.Occorre premettere che il controllo giudiziario delle aziende, così come prefigurato dall'art. 34-bis d.lgs. n. 159 del 2011, nella sua originaria formulazione, non determinava ex se l'eliminazione dei poteri gestori del titolare dell'azienda, consistendo in un'attività di vigilanza condotta da un soggetto nominato dal tribunale, al quale veniva affidato il compito di verificare, all'interno dell'impresa, l'osservanza delle prescrizioni impostegli in sede giurisdizionale. Si trattava, pertanto, di uno strumento che, pur mantenendo le sue connotazioni ablatorie, nella prospettiva di progressività che caratterizza le misure di prevenzione antimafia, era meno invasivo rispetto all'amministrazione giudiziaria di cui all'art. 34 d.lgs. n. 159 del 2011, venendo disposto quando si accertava la natura occasionale del rapporto di contiguità, variamente rilevante, tra l'imprenditore e la sfera di operatività di una consorteria mafiosa.

In questa cornice, il primo elemento di novità dell'art. 47 è costituito dalla modifica dell'art. 34-bis comma 1 d.lgs. n. 159 del 2011, che comporta che il tribunale, quando dispone il controllo giudiziario, deve valutare se risultano applicate le misure amministrative di prevenzione collaborativa previste dall'art. 49 d.l. n. 152 del 2021 (v. infra) e, in caso positivo, verificare l'opportunità di sostituirle con la nomina di un amministratore giudiziario, al quale devono essere fornite specifiche indicazioni, funzionali a impedire il protrarsi o l'aggravarsi di forme di interferenze mafiose.

Naturalmente, se il tribunale decide di disporre il controllo giudiziario ex art. 34-bis d.lgs. n. 159 del 2011, cessano automaticamente le misure amministrative di prevenzione collaborativa applicate dal prefetto e del periodo in cui sono state eseguite, eventualmente, si può tenere conto ai fini della determinazione della durata delle prescrizioni relative al controllo giudiziario.

Il secondo elemento di novità introdotto dall'art. 47 è costituito dalla modifica dell'art. 34-bis comma 6 d.lgs. n. 159 del 2011, che prevede, tra i soggetti titolati a partecipare all'udienza camerale di cui all'art. 127 c.p.p., accanto al procuratore distrettuale competente e agli altri soggetti interessati, il «prefetto che ha adottato l'informazione antimafia interdittiva […]».

Si tratta di una novità particolarmente significativa, atteso che, dopo l'udienza camerale, il tribunale, sentiti i soggetti interessati, decide se accogliere la richiesta di controllo giudiziario o, laddove lo stesso sia già pendente, se revocarlo o disporre altre, più severe, misure di prevenzione patrimoniale.

Questa soluzione normativa deve essere salutata con particolare favore, puntando all'introduzione di un contraddittorio effettivo tra le parti procedimentali, in linea con quanto previsto dall'art. 48 d.l. n. 152 del 2021, attraverso la partecipazione del prefetto all'udienza camerale ex art. 127 c.p.p., per verificare l'utilità del controllo giudiziario, applicato o applicabile, a fronteggiare le interferenze mafiose riscontrate nell'attività imprenditoriale controversa, in sintonia con le linee di sviluppo ermeneutico prefigurate dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., sez. unite, 26 giugno 2014, Spinelli, n. 4880, in Cass. C.E.D., cit.). Tutte le parti procedimentali, pertanto, possono essere sentite se compaiono in udienza e hanno facoltà di presentare memorie in cancelleria.

Il terzo elemento di novità previsto dall'art. 47 è costituito dalla modifica dell'art. 34-bis comma 7 d.lgs. n. 159 del 2011, secondo cui il provvedimento che dispone l'amministrazione giudiziaria o il controllo giudiziario di un'azienda sospende i termini stabiliti dall'art. 92 comma 2 d.lgs. n. 159 del 2011, e gli effetti previsti dall'art. 94 dello stesso decreto. Il provvedimento, inoltre, è comunicato dal tribunale al prefetto del luogo dove si trova la sede legale dell'impresa, allo scopo di aggiornare la Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, disciplinata dall'art. 96, d.lgs. n. 159 del 2011, per essere valutato anche ai fini dell'applicazione delle misure di cui all'art. 94-bis dello stesso decreto nel successivo quinquennio.

Occorre, infine, precisare che la Banca dati nazionale unica per la documentazione antimafia, istituita dall'art. 96 d.lgs. n. 159 del 2011, presso il Ministero dell'Interno - Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie, si propone di rendere efficace l'azione dello Stato contro la criminalità organizzata, accelerando il rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia liberatorie ai soggetti che ne hanno fatto richiesta. L'organizzazione della Banca dati nazionale unica per la documentazione antimafia, a sua volta, è disciplinata dal D.P.C.M. 30 ottobre 2014, n. 193, che regolamenta le modalità di funzionamento, di consultazione e di collegamento dell'organismo in questione con altri sistemi informativi di rilevanza nazionale, come quelli istituiti presso la Direzione Investigativa Antimafia e le Camere di Commercio.

L'art. 48 d.l. n. 152 del 2021: il contraddittorio nel procedimento di rilascio delle informazioni antimafia

In questa direzione, finalizzata ad ampliare le garanzie procedimentali delle parti, si muove anche l'art. 48 d.l. n. 152 del 2021, che, novellando l'art. 92 d.lgs. n. 159 del 2011, ha introdotto il contraddittorio con il soggetto interessato nel procedimento di rilascio delle informazioni antimafia.

Deve premettersi che le informazioni antimafia, secondo la definizione contenuta nell'art. 84 comma 3 d.lgs. n. 159 del 2011, consistono nell'attestazione relativa alla sussistenza delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall'art. 67 dello stesso decreto. A questa attestazione si affianca quella relativa all'eventuale sussistenza di forme di infiltrazione mafiosa, finalizzate a condizionare le scelte produttive delle imprese indicate nell'art. 84 comma 4 d.lgs. n. 159 del 2011.

Si consideri, in proposito, che il d.lgs. n. 159 del 2011 prevede che il rilascio dell'informazione antimafia da parte del prefetto avviene, mediante la consultazione della Banca dati nazionale unica per la documentazione antimafia (v. supra), nelle ipotesi in cui, nei confronti dell'operatore economico, non emergano cause di decadenza, di sospensione, di divieto ex art. 67 d.lgs. n. 159 del 2011 ovvero tentativi di infiltrazione mafiosa, rilevanti ai sensi dell'art.84 comma 4 dello stesso decreto.

Viceversa, nei casi in cui dalla consultazione della Banca dati nazionale unica per la documentazione antimafia emergano le cause ostative sopra richiamate, l'autorità prefettizia dispone le opportune verifiche e decide sul rilascio dell'informazione antimafia entro il termine di trenta giorni dalla consultazione.

Le informazioni antimafia, dunque, producono effetti liberatori o interdittivi a seconda degli esiti delle verifiche eseguite dall'autorità prefettizia nella Banca dati nazionale unica per la documentazione antimafia, che sono espressione degli obiettivi perseguiti dalla legislazione antimafia, che costituisce la forma più avanzata di contrasto al fenomeno delle interferenze mafiose nel tessuto produttivo, ponendosi come garante della libera concorrenza tra le imprese private e del buon andamento della pubblica amministrazione, in linea con i principi desumibili dal combinato disposto degli artt. 41 e 97 Cost. (A. Centonze, Contiguità mafiose e contiguità criminali, Giuffrè, Milano, 2013).

All'interno della stratificata normativa di contrasto alla criminalità organizzata, l'informazione antimafia rappresenta un'attestazione amministrativa alla quale deve essere attribuita una natura giuridica ancipite, al contempo cautelare e preventiva, funzionale a bilanciare le esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica con le istanze di iniziativa economica riconosciute e garantite dall'art. 41, comma primo, Cost.

Non può, tuttavia, non rilevarsi che le informazioni antimafia, laddove negative, producono conseguenze giuridiche ed economiche particolarmente invasive nei confronti degli imprenditori ai quali sono destinate, determinando una vera e propria incapacità giuridica dei soggetti, parziale e temporanea, a contrattare con la pubblica amministrazione, dalla quale possono derivare effetti estremamente negativi per lo svolgimento della loro attività aziendale.

Questa consapevolezza, da tempo avvertita nel dibattito scientifico sulla materia, ha spinto il legislatore italiano a introdurre, in materia di informazione antimafia, un contraddittorio tra le parti, effettivo e garantito, funzionale ad attenuare gli effetti negativi che si sono richiamati, essendo evidente che l'eventuale interdittiva antimafia, precludendo l'assegnazione di gare di appalto e sospendendo l'attività aziendale in corso di svolgimento, può comportare una paralisi dell'azione imprenditoriale, arrivando a determinare una sorta di death penality dell'operatore economico (M. Mazzamuto, Profili di documentazione amministrativa, in giustamm.it, 2016, 3).

Invero, la natura preventiva e non sanzionatoria del sistema delle informazioni antimafia, che non presentano alcuna connotazione punitiva, a fronte degli effetti negativi prodotti, rappresenta un limite all'iniziativa economica privata, che si giustifica sull'assunto che la metodologia mafiosa, di per se stessa, costituisce un grave pregiudizio per la dignità degli individui, rilevante sia su un piano individuale sia su un piano socio-economico sia su un piano istituzionale, ponendosi in contrasto con i principi che governano l'attività imprenditoriale, così come canonizzati dall'art. 41 Cost.

D'altra parte, proprio l'esigenza di tutela dell'ordine pubblico sottesa alla legislazione antimafia giustifica, sul piano amministrativo, la portata derogatoria dei suoi istituti rispetto alle regole generali sul procedimento amministrativo, consacrate dalla legge 7 agosto 1990 n. 241, che, com'è noto, è incentrata sull'osservanza delle garanzie procedimentale dei soggetti interessati.

L'autorità prefettizia, infatti, prima dell'approvazione del d.l. n. 152 del 2021, era esonerata dal dovere di comunicazione prescritto dall'art. 48, inerendo l'informativa antimafia a un procedimento di prevenzione, connotato da profili connessi ad attività di indagine, oltre che da finalità, da destinatari e da presupposti incompatibili con le procedure partecipative. Ne consegue che il contemperamento di contrapposti valori, entrambi dotati di copertura costituzionale, legittimava l'attenuazione del contraddittorio procedimentale in favore dell'operatore economico nei cui confronti l'autorità prefettizia si proponeva di rilasciare una informativa antimafia interdittiva (Cons. Stato, Ad. plen., 6 aprile 2018, n. 3).

Appare, pertanto, evidente la portata innovativa dell'art. 48 d.l. n. 152 del 2021, che ha introdotto un contraddittorio effettivo nel procedimento di rilascio delle informazioni antimafia, che non costituisce più una mera eventualità affidata alla discrezionalità dell'autorità prefettizia, ma un passaggio insostituibile della vicenda amministrativa preventiva, così come imposto, tra l'altro, dalla previsione dell'art. 6 CEDU (Corte EDU, Grande Camera, 23 febbraio 2017, n. 43395/09, De Tommaso contro Italia).

Si tratta di un'innovazione normativa che deve essere segnalata favorevolmente, in ragione dei dubbi sulla compatibilità tra l'informativa antimafia interdittiva nella sua precedente configurazione – disposta senza alcun confronto procedimentale tra la pubblica amministrazione e l'impresa interessata – e le fonti di diritto dell'Unione Europea, che riconoscono il contradditorio, ex art. 6 CEDU, come esplicazione delle prerogative irrinunciabili dell'individuo in tutti i casi in cui il procedimento, a prescindere dalla sua natura giuridica, esplichi effetti invasivi nei confronti del destinatario del provvedimento adottato (G. Amarelli, L'onda lunga della sentenza De Tommaso: ore contate per l'interdittiva antimafia “generica” ex art. 84, co. 4 lett. d) ed e) d.lgs. 159/2011, in Dir. pen. contemp., 2017, 4, pp. 292 ss.).

In questo contesto sistematico, si inserisce l'art. 92 comma 2-bis d.lgs. n. 159 del 2011, così come novellato dall'art. 48 comma 1 d.l. n. 152 del 2021, che prevede che, nelle ipotesi in cui l'autorità prefettizia, sulla base delle verifiche compiute nei confronti dell'azienda, ritenga sussistenti i presupposti per l'adozione dell'informazione antimafia interdittiva o per disporre l'applicazione di misure amministrative di prevenzione collaborativa e non sussistono ragioni di urgenza, ne «dà tempestiva comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa […]». Con questa comunicazione prefettizia «è assegnato un termine non superiore a venti giorni per presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti, nonché per richiedere l'audizione, da effettuare secondo le modalità previste dall'art. 93 commi dal 7 al 9».

L'effetto immediato della comunicazione prefettizia è rappresentato dalla sospensione, con decorrenza dalla data dell'invio, del termine di trenta giorni per il rilascio dell'informazione antimafia interdittiva, previsto dall'art. 92, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011; mentre, il procedimento nel quale si instaura il contraddittorio con il soggetto interessato si deve concludere entro sessanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione.

In queste ipotesi, dunque, si prevede che all'impresa sotto indagine sia notificato un preavviso dell'informativa antimafia interdittiva o della misura amministrativa di prevenzione collaborativa, con il riconoscimento di un termine breve, non superiore a venti giorni, per la richiesta di audizione e la produzione di ogni informazione ritenuta utile, anche allegando elementi documentali e memorie esplicative da parte dell'impresa destinataria.

Non possono, in ogni caso, formare oggetto della comunicazione elementi informativi la cui ostensione può pregiudicare procedimenti amministrativi, attività processuali in corso di svolgimento, ovvero l'esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose.

Nella stessa direzione sistematica si muove l'art. 92 comma 2-ter d.lgs. n. 159 del 2011, così come novellato dall'art. 48 comma 1 d.l. n. 152 del 2021, che stabilisce che, al termine della procedura in contraddittorio di cui al comma 2-bis, il prefetto, laddove non proceda al rilascio dell'informazione antimafia liberatoria, compie, alternativamente, i seguenti adempimenti: «a) dispone l'applicazione delle misure di cui all'articolo 94-bis, dandone comunicazione, entro cinque giorni, all'interessato secondo le modalità stabilite dall'articolo 76, comma 6, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, qualora gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa siano riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale; b) adotta l'informazione antimafia interdittiva, procedendo alla comunicazione all'interessato entro il termine e con le modalità di cui alla lettera a), nel caso di sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa. Il prefetto, adottata l'informazione antimafia interdittiva ai sensi della presente lettera, verifica altresì la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle misure di cui all'articolo 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 e, in caso positivo, ne informa tempestivamente il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione».

Completa, infine, il quadro delle innovazioni sistematiche introdotte dalla disposizione in esame l'art. 92 comma 2-quater d.lgs. n. 159 del 2011, così come novellato dall'art. 48 comma 1 d.l. n. 152 del 2021, secondo cui nell'intervallo che intercorre tra la comunicazione all'interessato e la conclusione del contraddittorio possono essere oggetto di valutazione ai fini dell'adozione dell'informazione interdittiva antimafia «il cambiamento di sede, di denominazione, della ragione o dell'oggetto sociale, della composizione degli organi di amministrazione, direzione e vigilanza, la sostituzione degli organi sociali, della rappresentanza legale della società nonché della titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie, il compimento di fusioni o altre trasformazioni o comunque qualsiasi variazione dell'assetto sociale, organizzativo, gestionale e patrimoniale delle società e imprese interessate dai tentativi di infiltrazione mafiosa, possono essere oggetto di valutazione ai fini dell'adozione dell'informazione interdittiva antimafia».

Appare, pertanto, evidente l'intento del legislatore italiano di potenziare le garanzie procedimentali delle parti e, contestualmente, di temperare i poteri dell'autorità prefettizia, attraverso l'introduzione del controllo giudiziario teso ad arginare gli effetti preclusivi derivanti dall'informazione antimafia interdittiva, assicurando all'impresa una continuità gestionale sotto il controllo del tribunale di prevenzione, ai sensi dell'art. 34-bis, commi 6 e 7, d.lgs. n. 159 del 2011.

L'art. 49 d.l. n. 152 del 2021: le misure amministrative di prevenzione collaborativa.

Occorre, infine, soffermarsi sulla disposizione dell'art. 49d.l. n. 152 del 2021, che ha introdotto l'art. 94-bis d.lgs. n. 152 del 2011, rubricato Misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale.

Ci si deve, innanzitutto, soffermare sul primo comma dell'art. 94-bis d.lgs. n. 152 del 2011, a norma del quale il prefetto, quando «accerta che i tentativi di infiltrazione mafiosa sono riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale […]», prescrive all'impresa, con provvedimento motivato, per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a dodici mesi, l'osservanza di misure idonee a fare cessare le condizioni interferenziali.

Più precisamente, l'art. 94-bis comma 1 d.lgs. n. 159 del 2011, così come novellato dall'art. 49 comma 1 d.l. n. 152 del 2021, stabilisce che il prefetto possa imporre all'interessato le seguenti prescrizioni: «a) adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, atte a rimuovere e prevenire le cause di agevolazione occasionale; b) comunicare al gruppo interforze istituito presso la prefettura competente per il luogo di sede legale o di residenza, entro quindici giorni dal loro compimento, gli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati, gli atti di pagamento ricevuti, gli incarichi professionali conferiti, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti, di valore non inferiore a 7.000 euro o di valore superiore stabilito dal prefetto, sentito il predetto gruppo interforze, in relazione al reddito della persona o del patrimonio e del volume di affari dell'impresa; c) per le società di capitali o di persone, comunicare al gruppo interforze eventuali forme di finanziamento da parte dei soci o di terzi; d) comunicare al gruppo interforze i contratti di associazione in partecipazione stipulati; e) utilizzare un conto corrente dedicato, anche in via non esclusiva, per gli atti di pagamento e riscossione di cui alla lettera b), nonché per i finanziamenti di cui alla lettera c), osservando, per i pagamenti previsti dall'articolo 3, comma 2, della legge 13 agosto 2010, n. 136, le modalità indicate nella stessa norma».

Al contempo, l'art. 94-bis comma 2 d.lgs. n. 159 del 2011, così come novellato dall'art. 49 comma 1 d.l. n. 152 del 2021, dispone che il prefetto, in aggiunta alle misure sopra descritte, possa nominare, anche d'ufficio, uno o più esperti, in numero comunque non superiore a tre, individuati nell'albo degli amministratori giudiziari di cui all'art. 35 comma 2-bis d.lgs. n. 159 del 2011, con il compito di svolgere funzioni di supporto finalizzate all'attuazione delle misure di prevenzione collaborativa. Alla scadenza della durata delle misure, il prefetto, laddove accerti, sulla base delle informazioni ricevute, che sia venuta meno l'agevolazione occasionale e l'assenza di altre forme di interferenza mafiosa, rilascia un'informazione antimafia liberatoria ed effettua le conseguenti iscrizioni nella Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia.

A ben vedere, la misura amministrativa di prevenzione collaborativa, laddove prevede la nomina di esperti iscritti nell'albo degli amministratori giudiziari, presenta connotazioni similari al controllo giudiziario disciplinato dall'art. 34-bis d.lgs. n. 159 del 2011, anche alla luce del fatto che l'applicazione dei due provvedimenti non si pone in termini di alternatività.

Si tratta, infatti, di due forme di prevenzione complementari, essendo evidente che l'obiettivo perseguito dalla misura amministrativa di prevenzione collaborativa è analogo a quello sotteso al controllo giudiziario, mirando a non travolgere le imprese inquinate da forme di interferenza mafiosa marginali, tali comunque da non determinare un rapporto di contiguità imprenditoriale, così come canonizzato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., sez. V, 1° ottobre 2008, Samà, n. 39042, in Cass. C.E.D., n. 242318-01).

Tale strumento, dunque, costituisce una forma di controllo amministrativo, che, in caso di successo, anticipa e previene il controllo giudiziario; mentre, in caso di insuccesso, ne ritarda o ne rende soltanto eventuale l'applicazione.

Pertanto, il nuovo modello amministrativo di prevenzione collaborativa prefigurato dall'art. 49 d.l. n. 152 del 2021, analogamente a quanto previsto per lo strumento del controllo giudiziario ex art. 34-bis d.lgs. n. 159 del 2011, mira ad assicurare una nuova forma di cooperazione, di natura partecipata, realizzata tra l'impresa oggetto di interferenze mafiose e l'autorità prefettizia, consentendo a quest'ultima di controllare l'azienda e di verificare la presenza di forme persistenti di infiltrazione criminale, senza esporla al rischio di una paralisi aziendale, ma orientandone l'attività verso irrinunciabili valori, etici e concorrenziali (C. De Maglie, Etica e mercato, Giuffrè, Milano, 2002).

In questo modo, l'informativa antimafia interdittiva diventa uno strumento utilizzabile extrema ratio, soltanto di fronte di condizioni interferenziali gravi, incontroverse, che non possono essere giustificate dall'impresa, rendendo elevato il pericolo di infiltrazioni mafiose, che deve essere accertato all'esito di verifiche istruttorie rigorose, di cui si dia adeguatamente conto nell'impianto motivazionale del provvedimento prefettizio – vero e proprio presidio di legalità – che deve essere il più possibile esaustivo e argomentato.

Si aggiunga che questa opportunità, in termini analoghi all'ammissione dell'impresa al controllo giudiziario da parte del tribunale, rappresenta un vantaggio sia per l'operatore economico – che, in questa fase, evita l'emissione di un'eventuale interdittiva prefettizia – sia per le istituzioni, che arginano il rischio di pericolose forme di interferenza mafiosa del tessuto produttivo. Ne consegue che la tutela preventiva garantita dall'art. 49 d.l. n. 152 del 2021, oltre a garantire le risorse produttive dell'azienda, risponde all'interesse pubblico di assicurare la stabilità del sistema economico, proteggendo l'integrità dei mercati da contaminazioni criminali e limitando gli effetti negativi della presenza pervasiva delle organizzazioni mafiose sul territorio.

Occorre, infine, precisare che le misure amministrative di prevenzione collaborativa, per effetto della norma transitoria contenuta nell'art. 94-bis comma 2 d.lgs. n. 159 del 2011, sono applicabili anche ai procedimenti amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legge in esame, nei quali, pur essendo stato effettuato l'accesso alla Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia da parte dell'autorità prefettizia, non sia stata ancora rilasciata l'informazione antimafia.

In conclusione

Le recenti modifiche del codice antimafia da parte del d.l. n. 152 del 2021 devono essere considerate un importante in avanti della legislazione antimafia, nella prospettiva del recupero delle imprese che non sono contigue con le organizzazioni mafiose, ma soltanto soggette a forme, marginali, di inquinamento aziendale.

In questo modo, si punta a valorizzare un modello di cooperazione pubblica, che mira a salvaguardare la continuità aziendale, attraverso il recupero della dimensione concorrenziale dell'impresa e il suo reinserimento nel circuito dell'economia legale, una volta depurata dal pericolo di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata. L'obiettivo perseguito dal d.l. n. 152 del 2021, dunque, è quello di preservare, nei limiti del possibile, risorse imprenditoriali non ancora definitivamente compromesse, che, soprattutto nelle aree territoriali maggiormente coinvolte dai fenomeni mafiosi, possono costituire un argine al dilagare della criminalità organizzata e all'affermazione di un'economia di mercato costituzionalmente orientata ex art. 41 Cost.

Rappresenta in modo esemplare questa linea di tendenza l'art. 49 d.l. n. 159 del 2021, che, recependo le meritorie istanze provenienti dal mondo scientifico, ha introdotto il contraddittorio amministrativo nel rilascio delle informative antimafia, nella prospettiva di assicurare uno spazio di difesa in grado di scongiurare l'emanazione dell'informazione antimafia interdittiva, considerata extrema ratio del sistema di prevenzione antimafia e ritenuta foriera di effetti negativi sia per la singola impresa sia per il tessuto produttivo, inteso nel suo complesso (M. Vulcano, Le modifiche del decreto legge n. 152/2021 al codice antimafia: il legislatore punta sulla prevenzione amministrativa e sulla compliance 231 ma non risolve i nodi del controllo giudiziario, in Giurisprudenza penale web, 2021, 11).

Si tratta di una significativa e apprezzabile inversione di tendenza del legislatore italiano, che, nel passato, si era sempre mostrato diffidente verso l'introduzione di temperamenti ai rigori del sistema di prevenzione antimafia, a fronte degli effetti estremamente negativi prodotti sulla vita delle imprese dall'adozione di un'informazione antimafia interdittiva.

D'altra parte, l'estensione alla prevenzione amministrativa antimafia delle garanzie costituzionali poste a presidio del diritto di difesa e del principio di legalità – in linea con i parametri affermati, da oltre un trentennio, dalla legge n. 241 del 1990 – non era più rinviabile, anche alla luce della previsione dell'art. 6 CEDU.

Guida all'approfondimento

S. Aleo, Sistema penale e criminalità organizzata, Giuffrè, Milano, 1999; G. Amarelli, L'onda lunga della sentenza De Tommaso: ore contate per l'interdittiva antimafia “generica” ex art. 84, co. 4 lett. d) ed e) d.lgs. 159/2011, in Dir. pen. contemp., 2017, 4, pp. 292 ss.; F. Balato, La nuova fisionomia delle misure di prevenzione patrimoniali: il controllo giudiziario delle aziende e delle attività economiche di cui all'art. 34-bis Codice Antimafia, in Dir. pen. contemp., 2019, 3, pp. 43 ss.; R. Biffa, Confische, commissariamenti, interdittive, provvedimenti di straordinaria amministrazione e gestione: l'impresa è oggetto di misure dai non chiari confini, in Resp. amm. soc. enti, 2016, 1, pp. 234 ss.; A. Centonze, Contiguità mafiose e contiguità criminali,Giuffrè, Milano, 2013; C. De Maglie, Etica e mercato,Giuffrè, Milano, 2002; M. Mazzamuto, Profili di documentazione amministrativa, in giustamm.it, 2016, 3; M. Vulcano, Le modifiche del decreto legge n. 152/2021 al codice antimafia: il legislatore punta sulla prevenzione amministrativa e sulla compliance 231 ma non risolve i nodi del controllo giudiziario, in Giurisprudenza penale web, 2021, 11.

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