Il credito professionale va sempre soddisfatto in prededuzione?

Vincenzo Papagni
04 Gennaio 2022

Il caso in rassegna pone al centro dell'attenzione la vexata quaestio della prededuzione, o meno, del credito del professionista nel concordato preventivo e nell'eventuale successivo fallimento.

Il caso in rassegna pone al centro dell'attenzione la vexata quaestio della prededuzione, o meno, del credito del professionista nel concordato preventivo e nell'eventuale successivo fallimento.

Proprio su questo punto intervengono le odierne Sezioni Unite, con la sentenza n. 42093/2021, chiarendo che il credito del professionista incaricato dal debitore di ausilio tecnico per l'accesso al concordato preventivo o il perfezionamento dei relativi atti è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all'art. 161 l. fall., sia stata funzionale, ai sensi dell'art. 111, comma 2, l. fall., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio ex ante rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all'incremento dei valori aziendali dell'impresa, sempre che il debitore venga ammesso alla procedura ai sensi dell'art. 163, l. fall., ciò permettendo istituzionalmente ai creditori, cui la proposta è rivolta, di potersi esprimere sulla stessa; restando impregiudicate, da un lato, la possibile ammissione al passivo, con l'eventuale causa di prelazione e, per l'altro, la non ammissione totale o parziale, del singolo credito ove si accerti l'inadempimento della obbligazione assunta o la partecipazione del professionista ad attività fraudatoria.

Il fatto. Tizio impugna il decreto del Tribunale di Mantova che ne ha rigettato l'opposizione allo stato passivo avverso il decreto del giudice delegato del Fallimento Omega & c. s.a.s., che, a sua volta, aveva respinto l'insinuazione del proprio credito professionale in prededuzione. In particolare, il Tribunale nel rigettare l'opposizione ha ritenuto che il diniego della prededuzione derivava dalla mancanza di un beneficio, arrecato alla procedura concorsuale come accrescimento dell'attivo e salvaguardia della sua integrità, del tutto assenti nella prestazione professionale resa prima del fallimento da un professionista quando ormai la domanda era inammissibile, per mancata integrazione dei suoi elementi costitutivi di completamento ovvero, come nel caso de quo, rinuncia, essendosi accertata l'impossibilità di formulare qualsiasi ipotetica proposta.

Avverso quest'ultima decisione, Tizio propone ricorso in cassazione facendo valere tre distinti motivi di gravame, cui ha resistito il Fallimento con controricorso.

In particolare, per quanto qui ci occupa, con il primo motivo, si lamenta la violazione degli artt. 161, comma 7, e 111, l. fall., per aver il Tribunale, in caso di domanda di concordato poi rinunciata, erroneamente negato la prededuzione al credito dei compensi per prestazioni professionali rese anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell'imprenditore, sul presupposto dell'assenza di un'effettiva loro utilità, mentre invece sarebbe estraneo all'istituto il riscontro di un risultato, come confermato proprio dall'abrogazione della citata norma interpretativa, più restrittiva di cui all'art. 11, comma 3-quater, d.l. n. 145/2013.

La Prima sezione civile ha quindi deciso di sottoporre la questione alle Sezioni Unite, che, però, rigettano il ricorso.

Ne deriva che, quanto al primo motivo, esso è infondato, avendo accertato il Tribunale che, per effetto del mancato corredo da parte del debitore di proposta, piano e documentazione entro il termine concessogli, ex art. 161, comma 6, l. fall., ed anzi chiedendo egli la non emanazione di una pronuncia di merito, con la rinuncia alla domanda stessa, la prestazione professionale, pur nei limiti del suo accertamento positivo, non risulta in alcuna relazione strumentale con il concordato preventivo, mai ammesso e dunque esula dagli scopi per cui era stata acquisita.

La prededuzione indicava una modalità prioritaria di pagamento delle spese afferenti alle attività degli organi fallimentari e dei debiti contratti dalla relativa amministrazione, ex art. 111, l. fall. (ante novella). Tra i debiti erano inclusi quelli dell'esercizio provvisorio, mediante uno svincolo solutorio rispetto alla fase del riparto, posto che era essenzialmente il giudice delegato a disporne il pagamento con decreto, individuatane la consistenza di crediti verso la massa. La formula della preferenza era ripresa dall'art. 2777 c.c., riconoscendo alla funzione distributiva, ivi regolata per il processo esecutivo individuale, un'identità di ratio rispetto a quello fallimentare, appunto un'esecuzione collettiva; la sottrazione, per tale aspetto, al regime del concorso e alla regola della par condicio, finì con l'evidenziare, peraltro, la difficoltà di conciliare una semplice nozione contabile di mero “costo della procedura” con il riconoscimento della medesima preferenza di pagamento progressivamente invocata per tutte le obbligazioni sorte sì dopo l'apertura del fallimento ma per effetto di “atti utili” o comunque “condotte oggettivamente riferibili ai suoi organi”, in relazione cioè alle attività, solo perché funzionali alla liquidazione dei beni.

Il credito del professionista per l'attività svolta in favore di un imprenditore e diretta a verificare la praticabilità dello strumento concordatario non ha sempre natura prededucibile. Essa, difatti, non prescinde in assoluto dall'esito dell'incarico: il secondo comma dell'art. 111, l. fall., nello stabilire che sono prededucibili i crediti sorti “in funzione” di una procedura concorsuale, presuppone che la procedura sia stata aperta e dunque, quanto al concordato, che l'opera prestata sia sfociata nella presentazione della relativa domanda e nell'ammissione dell'impresa alla procedura minore, dimostrandosi in tal modo “funzionale”, cioè strumentalmente utile, al raggiungimento quantomeno dell'obiettivo minimale perseguito dal cliente.

L'invocazione della prededuzione implica che il credito dev'essere accertato non soltanto con riferimento tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, risponda agli scopi della procedura stessa, per i benefici arrecati in termini di accrescimento dell'attivo o di salvaguardia della sua integrità indipendentemente dalla presenza o meno di una preventiva autorizzazione degli organi della procedura.

Il professionista al quale sia stato negato, a causa di carenze nella dovuta diligenza, il compenso per la redazione della relazione di cui all'art. 161, comma 3, l. fall., non può invocare a fondamento del credito la mera ammissione del debitore che lo ha designato alla procedura concordataria. Il decreto emesso dal tribunale, ex art. 163, comma 1, l. fall., non costituisce approvazione della relazione, né un apprezzamento di competenza esclusiva del tribunale in ambito concordatario, in quanto l'ammissione a detta procedura non assevera definitivamente, con valore di giudicato, l'esattezza dell'adempimento del professionista. Difatti, la stessa valutazione può essere in seguito smentita dal medesimo tribunale, in sede di procedura fallimentare, all'esito di un più approfondito controllo; il che illustra la differenza di presupposti della prededuzione rispetto al riconoscimento del credito nella sua opponibilità e sussistenza, anche tenuto conto dell'evoluzione dei criteri di imputazione della responsabilità tendenti a collocare le prestazioni del professionista della crisi non oltre una zona di specialismo tecnico, ma senza alcuna assimilazione ex se alla competenza necessaria per la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, dovendo semmai la parte dimostrare quel particolare grado di complessità tecnico-redazionale che, per l'incarico affidatogli, la relazione di consulenza avrebbe richiesto.

In definitiva, l'art. 111, comma 2, l. fall., allorquando stabilisce che sono considerati prededucibili i crediti sorti “in funzione” di una procedura concorsuale, suppone che una tale procedura sia stata aperta, e non la semplice domanda di concordato. Il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la presentazione della domanda dichiarata inammissibile o rinunciata non è pertanto prededucibile nel fallimento, ancorché la sentenza dichiarativa si fondi sulla medesima situazione di insolvenza rappresentata nella domanda.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it