Notificazione via PEC, mancata generazione della ricevuta di consegna e necessità di nuova notificazione dell'atto di impugnazione
10 Gennaio 2022
Massima
“In caso di notificazione a mezzo PEC di un atto di impugnazione, qualora la casella del destinatario risulti piena e – come tale – non in grado di ricevere il messaggio di posta elettronica, parte notificante dovrà attivarsi tempestivamente per procedere ad una nuova notifica con le modalità ordinaria di cui agli artt. 137 e ss. c.p.c.” Il caso
La Suprema Corte torna, con la pronuncia in oggetto, ad occuparsi di notificazioni a mezzo PEC e, in particolare, degli oneri previsti sia in capo alla parte notificante che a quella notificata in termini di gestione delle caselle di Posta Elettronica Certificata. La questione
La questione si incentra sulla validità della notificazione a mezzo PEC - effettuata da parte ricorrente in relazione all'impugnazione di una pronuncia di secondo grado del Tribunale di Roma – diretta ad una casella PEC poi risultata satura e quindi non in grado di ricevere il messaggio di posta elettronica oggetto di notifica. Si precisa che parte resistente aveva correttamente eletto, nel precedente grado di giudizio, domicilio fisico in Roma e che parte ricorrente, a seguito della mancata generazione di una valida ricevuta di avvenuta consegna della notificazione a mezzo PEC, non si era attivata per rinnovare la stessa presso il domicilio fisico di controparte. Le soluzioni giuridiche
Il caso in oggetto viene oggi risolto dalla Suprema Corte con un'attenta analisi della giurisprudenza di riferimento, nonché di tutta la normativa posta alla base delle notificazioni via PEC. Vi è innanzitutto da sottolineare come, a seguito dell'introduzione del D.L. n. 179/2012 così come più volte modificato nel corso degli ultimi 10 anni, è stato istituito nel nostro ordinamento il concetto di “domicilio digitale” del professionista, espressamente previsto dall'art. 16 sexies del Decreto Legge sopra ricordato. La norma de qua, come ribadito dalla Suprema Corte con l'Ordinanza n. 14140/2019, ha previsto la nascita di un vero e proprio domicilio digitale per le notificazioni al difensore, tanto da far venir meno la possibilità di procedere - ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 - alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite (c.d. notificazioni in cancelleria), ciò anche qualora il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui il medesimo ufficio ha sede, a meno che, oltre a tale omissione, non sia altresì ricorsa la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non fosse accessibile per cause imputabili al destinatario.
Orbene, nel caso che ci occupa, sono due gli elementi da tenere certamente presenti ai fini di una corretta valutazione della vicenda: a) La casella PEC del professionista destinatario era piena, e come tale non in grado di ricevere il messaggio PEC inviato dal ricorrente; b) Parte resistente aveva comunque correttamente eletto domicilio fisico nel circondario del Tribunale presso il quale pendeva il giudizio di secondo grado. Osservazioni
In relazione al primo elemento posto alla nostra attenzione, la Suprema Corte ha più volte avuto modo di sottolineare come sia onere del professionista farsi carico di controllare il corretto funzionamento dei propri strumenti di lavoro e, in particolare, della propria casella di Posta Elettronica Certificata; con la pronuncia n. 13532/2019, gli Ermellini hanno chiarito – difatti – come la saturazione della propria casella PEC possa costituire un impedimento non imputabile al difensore notificante e come possa portare, in caso di mancata elezione di domicilio fisico ex R.D. n. 37/1934, alla notificazione in cancelleria.
Nel caso che ci occupa, però, parte notificante non si era attivata per rinnovare la notificazione presso detto domicilio fisico – benché regolarmente eletto – e da ciò è direttamente derivata la dichiarazione di inammissibilità dell'impugnazione.
La Suprema Corte, quindi, ha correttamente ritenuto che, in caso di notificazione a mezzo PEC effettuata ad un difensore il quale – per sua responsabilità – non avesse provveduto a liberare la propria casella di posta elettronica certificata, la stessa dovesse essere tempestivamente rinnovata al domicilio fisico eletto dalla parte, ciò a pena di inammissibilità dell'impugnazione. Tale elemento, lo si sottolinea, non dovrà comunque considerarsi un esonero di responsabilità del legale che non abbia accuratamente gestito i propri strumenti digitali, poiché – come sopra ricordato – la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione ha più volte fatto discendere conseguenze importanti – fra cui non ultima la notificazione in cancelleria – da comportamenti negligenti come quello appena ricordato.
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