No alle indagini per accertare redditi “in nero” se gli ex coniugi sono economicamente autosufficienti e non hanno diritto ad assegni personali

Nicolò Merola
13 Gennaio 2022

Nella determinazione dell'assegno divorzile rileva la differenza economica tra gli ex coniugi?
Massima

Il giudice di merito, ove accerti l'indipendenza economica degli ex coniugi e l'insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno di divorzio, può rigettare l'istanza di parte finalizzata a richiedere indagini tramite la polizia tributaria e la verifica di eventuali redditi “in nero”

Il caso

Caia aveva adito il Tribunale di Prato al fine di ottenere la corresponsione di un assegno di mantenimento da parte dell'ex coniuge Tizio: la domanda era stata però rigettata.

Caia aveva impugnato la sentenza, ma la Corte d'Appello di Firenze aveva rigettato il gravame, ritenendo che non vi fossero i presupposti per il riconoscimento di un assegno divorzile poiché entrambe le parti erano titolari di redditi da lavoro con una discrepanza minima tra di loro, oltre che proprietari delle abitazioni in cui vivevano.

Non vi era poi prova, neppure indiziaria, che l'ex marito svolgesse attività lavorativa “in nero”.

Caia proponeva così ricorso per cassazione e Tizio resisteva.

La questione

Ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, rileva la differenza reddituale tra gli ex coniugi?

Il Giudice può evitare di disporre indagini tramite la polizia tributaria per accertare eventuali redditi “in nero” se entrambi gli ex coniugi sono economicamente autosufficienti e non vi sono i presupposti per riconoscere l'assegno divorzile?

Le soluzioni giuridiche

Il Supremo Collegio, dopo aver dichiarato infondata l'eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale valida, ha esaminato l'unico complesso motivo presentato da Caia, dichiarandolo inammissibile e condannando la ricorrente alle spese.

Essa lamentava la violazione degli artt. 112, 113 e 132 c.p.c. e dell'art. 5, comma 6, della l. n. 898/1970 per mancata considerazione della sperequazione reddituale e patrimoniale tra le parti, per aver esaminato i redditi degli ex coniugi con riferimento al periodo della separazione, oltre che per aver trascurato le presunte disponibilità finanziare di Tizio derivanti da attività “in nero”.

Caia, inoltre, rappresentava l'onore relativo al pagamento del mutuo per l'acquisto della sua casa.

La Corte di Cassazione riteneva come tutte le circostanze fossero già state valutate dai giudici di merito, motivo per cui non era possibile procedere ad una rivisitazione delle stesse con conseguente inammissibilità del motivo.

In particolare, era priva di specificità la questione riguardante l'onere del mutuo gravante su Caia: tanto è vero che non era dato conoscere se questo dato era stato introdotto nel giudizio, né l'eventuale contestazione da parte di Tizio. I giudici di primo e secondo grado, inoltre, avevano analiticamente verificato le condizioni reddituali delle parti arrivando a confutare anche gli elementi che avrebbero indicato i maggiori redditi di Tizio e valorizzati dalla ricorrente.

Era accertata l'indipendenza economica di quest'ultima, in linea con la giurisprudenza di legittimità (v. Cass. civ. n. 18287/2018; Cass. civ. n. 11504/2017): Caia era, infatti, sia titolare di redditi da lavoro che proprietaria dell'abitazione in cui viveva.

Nessuno degli ex coniugi per di più aveva contribuito alla formazione del patrimonio dell'altro.

È chiaro ormai che ai fini dell'attribuzione dell'assegno divorzile occorre tenere conto in via principale della funzione assistenziale dello stesso, unitamente a quella perequativo-compensativa, mentre è sufficiente constatare che in tutti i casi in cui l'assegno non viene riconosciuto «è perchè il coniuge richiedente, evidentemente, si trova in condizioni di autosufficienza economica» (v. Cass. n. 21234/2019; Cass. civ. n. 6386/2019).

La valutazione, infine, della doglianza dell'ex coniuge relativa al mancato espletamento di indagini su Tizio tramite la polizia tributaria è stata ritenuta inammissibile, consolidando così il principio per cui «il giudice del merito, ove ritenga “aliunde” raggiunta la prova dell'insussistenza dei presupposti che condizionano il riconoscimento dell'assegno di divorzio, può direttamente procedere al rigetto della relativa istanza, anche senza aver prima disposto accertamenti d'ufficio tramite la polizia tributaria» (v. Cass. civ. n 8744/2019; Cass. civ. n. 14336/2013).

Osservazioni

In primo luogo, pare opportuno rammentare come il giudizio di cassazione non costituisce un terzo procedimento di merito.

Per questa ragione le argomentazioni di Caia, racchiuse in un unico motivo, sono destinate ad infrangersi sul corretto impianto motivazionale adottato dai giudici d'appello poiché esse si risolvono in una inammissibile “richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di merito” (v. Cass. civ. n. 17446/2017).

La vicenda in oggetto permette poi di ribadire alcune riflessioni sull'assegno divorzile.

Superata la concezione “patrimonialistica” del matrimonio con la sentenza del Supremo Collegio n. 11504/2017, conta il criterio dell'indipendenza o autosufficienza economica degli ex coniugi, con valorizzazione dell'autoresponsabilità di ciascuno di essi (v. Danovi, “Assegno di divorzio e irrilevanza a del tenore di vita matrimoniale: il valore del precedente per i giudizi futuri e l'impatto sui divorzi già definiti”, in Fam. e Dir., 2017; Sesta, “La solidarietà post-coniugale tra funzione assistenziale ed esigenze compensatorie”, in Fam. e Dir., 2018).

L'assegno divorzile ha natura assistenziale, ma anche perequativo-compensativa: ciò consente la determinazione a favore del richiedente di un contributo finalizzato ad ottenere un livello reddituale adeguato in virtù di quanto in concreto fornito nella vita familiare, tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate, della inadeguatezza dei mezzi del richiedente e l'impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive. Il tutto considerando che la funzione equilibratrice non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e dell'apporto fornito dall'ex coniuge, economicamente più debole, alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (v. Cass. civ., n. 27771/2019; Cass. civ. n. 21234/2019; Cass. civ., n. 18287/2018; v. Prof. Carlo Rimini, “Il nuovo assegno di divorzio: la funzione compensativa e perequativa” in Giurisprudenza Italiana, n. 8-9/2018, Utet Giuridica, Torino).

Il riconoscimento dell'assegno di divorzio, dunque, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, con applicazione dei criteri contenuti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, i quali costituiscono, in posizione equiordinata, i parametri “cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno” (v. Cass. civ. n. 1882/2019).

Quanto al mancato espletamento di indagini per mezzo della polizia tributaria, è bene ricordare che l'esercizio del potere officioso di disporre indagini sui redditi e sui patrimoni dei coniugi rientra nella discrezionalità del giudice, «non trattandosi di un adempimento imposto dall'istanza di parte, purchè esso sia correlabile anche per implicito ad una valutazione di superfluità dell'iniziativa e di sufficienza dei dati istruttori acquisiti» (v. Cass. civ. n 8744/2019; Cass. civ. n. 14336/2013).