Responsabilità della banca per concessione abusiva di credito
18 Gennaio 2022
Massima
L'attività bancaria, anche per gli aspetti macroeconomici su cui incide, è assoggettata ad obblighi di comportamento più specifici di quelli comuni relativi all'ordinaria diligenza ed al dovere di neminem laedere. L'erogazione del credito deve ritenersi abusiva quando viene effettuata o proseguita, con dolo o colpa, senza un preventivo giudizio di meritevolezza del finanziato, o ad un soggetto che versi in stato di crisi conclamata. La concessione abusiva di credito costituisce fonte di obbligazione tanto contrattuale nei confronti del soggetto finanziato che extracontrattuale nei confronti del ceto creditorio. Il Curatore fallimentare del soggetto abusivamente finanziato è legittimato ad agire nell'interesse della massa dei creditori per il risarcimento del danno derivante da finanziamento abusivo, avendo l'onere di dedurlo e provarlo. La responsabilità della banca finanziatrice può concorrere con quella degli organi di gestione e di controllo del soggetto fallito, ma non sussiste un'ipotesi di litisconsorzio necessario con gli stessi. La sussistenza del danno dovrà essere ritenuta causalmente connessa all'illecito finanziamento secondo il principio della causalità adeguata. Il caso
Il Curatore fallimentare di una società instaurava un giudizio avanti al Tribunale di Frosinone al fine di ottenere la declaratoria di nullità di contratti di finanziamento e della convenzione relativa, chiedendo la condanna degli istituti bancari finanziatori alla restituzione degli interessi corrisposti dalla società poi fallita o, in subordine, al risarcimento del danno per abusiva concessione del credito. Il Tribunale frusinate dichiarava inammissibile la domanda. La Corte d'Appello di Roma avanti cui era proposto appello confermava la decisione del primo Giudice motivandola con il rilevato difetto di legittimazione attiva del Curatore fallimentare rispetto alla domanda giudiziale risarcitoria e restitutoria nei confronti delle banche. Ciò perché, agendo contro terzi estranei alla compagine societaria, il Curatore aveva dedotto una loro autonoma responsabilità e non un'attività illecita compiuta dagli amministratori della società. Ravvisando quindi che l'azione promossa non rientrasse nel perimetro delineato dall'art. 146 della Legge Fallimentare -che in effetti disciplina le azioni del Curatore contro gli amministratori, i direttori generali i liquidatori ed i componenti degli organi di controllo- la Corte territoriale sanciva il difetto in capo al Curatore della necessaria condizione dell'azione. La Procedura proponeva quindi ricorso per la cassazione della sentenza della Corte d'Appello romana. La questione
Se in un sistema economico e normativo improntato a favorire il sostegno da parte delle banche alle imprese che versino in carenza di liquidità, possa ipotizzarsi la figura della concessione abusiva del credito. Quale sia quindi il criterio di discernimento tra il sostegno all'impresa, finalizzato alla sua ripresa, e la condotta del finanziatore che, ritardando la dichiarazione di insolvenza del finanziato, contribuisce ad aggravarne il dissesto. Se il curatore fallimentare dell'impresa indebitamente finanziata sia legittimato ad agire per il risarcimento del danno nei confronti della banca. Quale sia la natura dell'azione. Se sussista un'ipotesi di litisconsorzio necessario con gli amministratori della società fallita.
Le soluzioni giuridiche
La concessione abusiva del credito è nozione nota da molti anni in Dottrina e Giurisprudenza: l'esigenza di una corretta erogazione del credito a tutela generale anche delle altre imprese presenti sul mercato si rinviene già nella pronunzia di Cass. civ., sez. I, 13 gennaio 1993, n. 343. Ancorandosi ad un complesso normativo rinvenibile nel Testo Unico Bancario, nella attuale Legge Fallimentare, nelle disposizioni del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, nonché nei Regolamenti europei, la Corte definisce la condotta in argomento come “l'agire del finanziatore che conceda, o continui a concedere, incautamente credito in favore dell'imprenditore che versi in istato d'insolvenza o comunque di crisi conclamata”.
In questa prospettiva, osserva la Corte, si esige che la banca si doti in prevenzione di metodi, procedure e competenze necessari per la verifica del merito creditizio del finanziato, atteso che ove questa valutazione sia omessa, o errata per dolo o colpa, si configurerà l'erogazione abusiva del credito. Tale condotta è in grado di arrecare danno sia al patrimonio del soggetto finanziato, a causa dell'aggravamento delle perdite determinate dalla prosecuzione dell'attività imprenditoriale, sia, nella prospettiva macroeconomica sottolineata dalla Corte, alle altre imprese presenti sul mercato, tanto alterando i meccanismi di una lecita concorrenza, così come protraendo i contatti commerciali con l'impresa finanziata con incremento delle dimensioni della decozione. Di qui l'affermazione secondo cui “l'attività di concessione del credito da parte degli istituti bancari non costituisce mero affare privato tra le stesse parti del contratto di finanziamento”. Poste tali premesse, la pronunzia in commento ne fa discendere differenti titoli di responsabilità distinguendo la posizione dell'impresa finanziata rispetto al ceto dei suoi creditori. Nei confronti della prima si avrà dunque una responsabilità di natura contrattuale laddove sia addebitabile alla banca una indebita prosecuzione di un finanziamento già in essere; mentre si inquadra nella responsabilità da “contatto sociale qualificato” l'ipotesi di nuova concessione di credito rivelatasi abusiva. Per quanto attiene invece al titolo di responsabilità nei confronti del ceto creditorio dell'impresa decotta, questo viene collocato nell'ambito extracontrattuale. Qui si inserisce il tema peculiare che caratterizza l'ordinanza della Corte, ossia la legittimazione del Curatore dell'impresa indebitamente finanziata -poi evidentemente fallita- ad agire giudizialmente per la tutela risarcitoria delle ragioni della massa dei creditori. Enunziando di volersi collocare nel solco dei principi dettati dalle sentenze gemelle delle Sezioni Unite del marzo 2006 -ma in realtà discostandosene quanto alle conclusioni- la Corte distingue tra le azioni tendenti al risarcimento in favore di uno o più creditori, per le quali certamente non sussiste l'anzidetta condizione dell'azione, rispetto alle azioni finalizzate alla ricostituzione del patrimonio del debitore nell'interesse indistinto della massa per le quali, ribaltando le conclusioni cui erano pervenuti i Giudici dei due gradi di merito, viene riconosciuta la legittimazione attiva in capo al Curatore. L'azione risarcitoria intrapresa dal Curatore può sì concorrere con le azioni di responsabilità da esercitarsi nei confronti degli organi sociali; tuttavia, pur trattandosi di responsabilità concorrenti, non si esige che le due azioni vengano intraprese contestualmente né vi si ravvisa un'ipotesi di litisconsorzio necessario.
Collocandosi il titolo di responsabilità nell'ambito aquiliano, sul Curatore graverà integralmente l'onere della prova circa la sussistenza: 1) della condotta abusiva della banca; 2) del danno evento, integrato dalla prosecuzione ingiustificata dell'attività da parte dell'impresa illecitamente finanziata; 3) del danno conseguenza, ossia, in concreto, l'aggravamento del dissesto della stessa; 4) del rapporto di causalità fra condotta e danno, secondo i principi predicati dalla teoria della causalità adeguata (danno come normale conseguenza dell'antecedente condotta, secondo il criterio del “più probabile che non”). Osservazioni
Con riguardo alla categoria della concessione abusiva di credito, l'ordinanza in esame si colloca nel solco di un consolidato orientamento giurisprudenziale: se da una parte non è sufficiente la richiesta di finanziamento proveniente dall'interessato ad escludere la responsabilità della banca, dall'altra parte si pone in risalto che nel diritto positivo sono rinvenibili molteplici disposizioni che impongono, prima dell'erogazione di nuova finanza, una attenta e consapevole valutazione del merito creditizio. Sia pure senza fornire parametri oggettivi -peraltro impossibili da delineare in forma generalizzata, dovendosi valutare caso per caso- ciò che viene sottolineato dalla pronunzia in commento è innanzitutto il criterio discretivo per la valutazione del merito creditizio: ciò che rileva non è la circostanza che l'imprenditore finanziato versi in stato di crisi o di insolvenza, quanto piuttosto che secondo ragionevoli valutazioni ex ante si ravvisino le condizioni per il superamento di quella crisi, in conformità ad un piano aziendale sostenibile.
Il punto rispetto al quale l'ordinanza in esame, pur non volendolo manifestare espressamente, si pone in netta distonia con i precedenti costituiti dalle sentenze gemelle del marzo 2006 è quello relativo alla legittimazione attiva del curatore fallimentare: queste ultime pronunzie, al quesito “se la azione di danno da abusiva concessione di credito possa essere ritenuta azione di massa”, “con conseguente legittimazione attiva del curatore fallimentare”, davano indubitabilmente risposta negativa. Per contro, l'ordinanza in commento colloca proprio nel novero delle c.d. azioni di massa -distinguendola opportunamente dalle pretese risarcitorie volte a far valere il danno diretto di uno o più creditori- l'azione incoata dal curatore volta ad ottenere il risarcimento del danno indiretto che l'indistinta massa dei creditori patisce a cagione del comportamento ritenuto illecito.
È proprio la risarcibilità del danno indiretto, invece, ad essere esclusa a favore del curatore dalla sentenza 22 marzo 2010 n. 6870, secondo cui l'unica azione disponibile nell'interesse della massa dei creditori sarebbe quella prevista dall'art. 146, comma 2, L.F., secondo lo schema dell'azione di responsabilità dettato dall'art. 2394 c.c. Quest'ultima tesi è esplicitamente contraddetta dalla pronunzia in commento, che statuisce trattarsi di azioni autonome ed indipendenti, tanto che la generale azione aquiliana può essere promossa, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici del merito del caso in esame, senza che sia necessaria la contestuale azione di responsabilità. Riferimenti
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