Il (prossimo) futuro del processo penale telematico: dal progetto Cartabia al PNRR

Paolo Grillo
19 Gennaio 2022

Uno dei punti nevralgici della riforma "Cartabia" è quello che impone, entro un anno dall'entrata in vigore della legge delega, l'adozione di uno o più decreti legislativi con cui le modifiche dovranno essere adottate. Tra queste un posto particolare è riservato al processo penale telematico. Il principio cardine che ispira le future norme dovrà essere quello della obbligatorietà dell'utilizzo di tecniche digitali per il deposito degli atti processuali. Quindi, nella mente del legislatore, si profila uno scenario in cui il rapporto di forza tra analogico e digitale si invertirà.

Nato sotto l'insegna del COVID, il processo penale telematico si proietta oltre la pandemia.

I nostri lettori ricorderanno senz'altro gli infausti natali del PPT: in pieno lockdown.

Inizialmente, posto tra i rimedi tecnologici che avrebbero dovuto consentire al macchinario della giustizia di sopravvivere nonostante l'emergenza sanitaria, non fu accolto con molta letizia, anzi. Oggi l'intenzione del legislatore pare quella di non “spazzarlo via”, anche dopo la fine dell'emergenza sanitaria.

La prova la ritroviamo in due testi di primario rilievo: il progetto di riforma “Cartabia” e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Entrambi si propongono di rendere efficiente e celere il processo penale.

La riforma “Cartabia”: processo telematico e collegamenti a distanza potenziati. A settembre 2021 la legge n. 134 ha consacrato l'impianto generale del disegno di riforma del codice di rito e, potremmo dire, del sistema penale, visto che nel progetto non mancano norme afferenti al diritto penale sostanziale.

Uno dei punti nevralgici, inserito peraltro tra i primi affrontati, è quello che impone, entro un anno dall'entrata in vigore della legge delega, l'adozione di uno o più decreti legislativi con cui le modifiche dovranno essere adottate. Tra queste un posto particolare è riservato al processo penale telematico.

Il principio cardine che ispira le future norme dovrà essere quello della obbligatorietà dell'utilizzo di tecniche digitali per il deposito degli atti processuali. Quindi, nella mente del legislatore, si profila uno scenario in cui il rapporto di forza tra analogico e digitale si inverità.

Il secondo, fino ad oggi ancillare o quasi rispetto al primo, diventerà la regola. Il cartaceo l'eccezione.

Sarebbe indubbiamente una svolta, con ogni conseguenza anche sul piano tecnico-giuridico: dovremo smettere di considerare i documenti elettronici come delle copie di atti che “nascono” su supporto cartaceo.

Il documento digitale diventerà, quindi, un “originale” a tutti gli effetti di legge. L'eccezionalità del cartaceo è espressamente prevista e toccherà anche il microcosmo delle comunicazioni e notificazioni: anche queste, secondo le intenzioni del legislatore delegato, dovranno eseguirsi di regola soltanto con modalità elettroniche.

Con queste premesse ci si avvicinerà il più possibile al modello del “fascicolo digitale dematerializzato”, integrabile da remoto mediante il caricamento degli atti. La buona riuscita di un'operazione così ambiziosa starà senza dubbio nella previsione di una disciplina transitoria che sia veramente tale. Non dobbiamo dimenticarci, infatti, che in Italia nulla è più definitivo del transitorio e che l'assenza di termini realmente perentori per realizzare la transizione rischierebbe di vanificare del tutto la portata innovativa di qualsiasi riforma.

A sorpresa, ritorna il tema dell'attività processuale da remoto. Se da un lato si spinge per ricorrere il più possibile alla registrazione audiovisiva o alla fonodocumentazione di atti di indagine “orali” (interrogatori o assunzione di sommarie informazioni testimoniali), in modo da scongiurare le croniche inesattezze delle verbalizzazioni riassuntive, dall'altro lato si continua a riproporre il tema dell'udienza da remoto.

È infatti prevista una delega specifica sul punto, finalizzata ad individuare le ipotesi in cui si può procedere in tal senso con l'accordo delle parti.

Il PNRR: la missione numero uno è quella della digitalizzazione. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un enorme vademecum pieno di ambiziosi traguardi da raggiungere. Forse anche per rimarcare il significato della sfida del “nuovo” contro il “vecchio” che esso sotto certi versi rappresenta, si è deciso di articolarlo in vere e proprie “missioni”, ognuna delle quali fa capo ad un settore ben preciso di intervento.

La prima di queste missioni è quella della digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella pubblica amministrazione. Si tratta di mettere in pensione la penna e il calamaio per lasciare campo libero, come regola generale, al telematico.

Anche il settore della giustizia, come abbiamo già potuto vedere nel disegno di riforma “Cartabia”, dovrà risentire intensamente di questo processo evolutivo. Nella parte dedicata alle riforme, parlando del processo penale, si prevede che un migliore funzionamento della macchina giudiziaria potrà ottenersi aumentando il grado di digitalizzazione della giustizia “mediante l'utilizzo di strumenti evoluti di conoscenza (utili sia per l'esercizio della giurisdizione sia per adottare scelte consapevoli), il recupero del patrimonio documentale, il potenziamento dei software e delle dotazioni tecnologiche, l'ulteriore potenziamento del processso (civile e penale) telematico”.

Ecco che il tema del processo penale telematico ritorna espressamente tra gli obiettivi a lungo termine. Da rimedio del momento, utile solo per assorbire l'onda d'urto del Covid, a strumento di riforma per migliorare stabilmente il “servizio giustizia”.

Vedremo, nella applicazione pratica e nei risultati normativi che ne deriveranno, se i risultati saranno pari alle aspettative che tutti noi nutriamo. Una cosa è certa, del telematico, anche nel mondo del processo penale, non se ne farà più a meno.

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