Quando il coniuge divorziato ha diritto alla pensione di reversibilità?
18 Gennaio 2022
Massima
In tema di assegno divorzile, una volta che l'emolumento sia stato riconosciuto in sede giudiziale, senza subire decisioni di revoca o modifica, la mancata corresponsione di esso in concreto, per un periodo più o meno lungo senza che vi sia stata una reazione, giudiziale o stragiudiziale, da parte del coniuge-creditore, non comporta, ipso facto, la rinuncia al diritto, senza che vi sia stata una necessaria e corrispondente verifica giudiziale in ordine all'effettività della stessa rinuncia e alle correlate modificazioni dei presupposti per la sua percezione.
Il caso
Il Tribunale di Firenze aveva attribuito al coniuge divorziato la quota del 50% della pensione di reversibilità dell'ex coniuge deceduto nonostante avesse accertato la mera titolarità formale dell'assegno divorzile e non l'effettiva percezione della somma da parte della donna. Il coniuge superstite ha, quindi, proposto gravame, accolto dalla Corte d'appello di Firenze, che ha negato la pensione di reversibilità al coniuge divorziato sul presupposto che, al momento del decesso dell'ex coniuge, non era esistente, né oggetto di richiesta, il mantenimento quale presupposto di fatto del diritto alla pensione o ad una sua quota. Si trattava, secondo la Corte d'appello, di un diritto astrattamente fruibile ma non goduto. Il coniuge divorziato ha, allora, proposto ricorso per Cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 9, commi 2 e 3, l. n.898/1970, avendo la Corte d'appello affermato che il requisito della titolarità dell'assegno di mantenimento doveva essere considerato quale effettiva erogazione e/o percezione, non potendosi riconoscere il diritto alla reversibilità qualora tale assegno non fosse materialmente corrisposto dal coniuge obbligato. La questione
Il coniuge divorziato ha diritto alla pensione di reversibilità anche se l'assegno divorzile, di cui formalmente è titolare, non viene materialmente erogato? È necessario che sussista il presupposto del mantenimento concreto ed effettivo affinché il coniuge divorziato possa essere considerato soggetto avente diritto alla pensione di reversibilità? È lecito negare il diritto alla pensione sulla base dello stato di fatto consistente nel mancato pagamento dei ratei di assegno di mantenimento? Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione si trova a dover rispondere ad un quesito tutt'altro che banale e con molteplici applicazioni nelle fattispecie concrete: affinché il coniuge divorziato possa beneficiare della pensione di reversibilità o di una sua quota, è sufficiente la mera titolarità formale dell'assegno divorzile oppure è necessaria l'effettiva percezione della somma dovuta? Secondo la Corte di Cassazione, non è necessaria la materiale erogazione, da parte del coniuge obbligato, dell'importo dovuto a titolo di assegno divorzile affinché il coniuge beneficiario possa avere diritto alla pensione di reversibilità. La mancata corresponsione non comporta rinuncia al diritto. Capiamo le ragioni di tale decisione. Il ragionamento logico-giuridico della Corte prende avvio con l'analisi della medesima sentenza a Sezioni Unite citata dalla Corte d'appello nella decisione cassata, la pronuncia n. 22434 del 2018, con cui è stato chiarito che la titolarità dell'assegno divorzile di cui all'art. 5, l. n. 898/1970, presupposto necessario affinché il coniuge divorziato possa accedere alla reversibilità, deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell'assegno periodico al momento della morte dell'ex coniuge e non come titolarità astratta del diritto all'assegno divorzile già soddisfatta in via definitiva con l'una tantum. Del resto, tale interpretazione si spiega con la funzione solidaristica del trattamento di reversibilità, ossia quella di continuare a garantire al coniuge divorziato il sostegno economico che, prima del decesso del coniuge obbligato, veniva fornito con l'assegno divorzile. Ne consegue che, in assenza di assegno periodico, e, quindi, in assenza di una contribuzione mensile, viene meno il diritto alla reversibilità. La Corte di Cassazione accoglie l'interpretazione fornita dalla pronuncia a Sezioni Unite testè citata dell'espressione “titolare dell'assegno” di divorzio, di cui al terzo comma dell'art. 9, l. n. 898/1970, nel senso di valorizzare il significato della titolarità come condizione che vive e che si qualifica nell'attualità, precisando che la titolarità nell'ambito giuridico presuppone sempre la concreta e attuale fruibilità ed esercitabilità del diritto di cui si è titolari (del resto, un diritto già soddisfatto non è più attuale). A sostegno della tesi sposata, secondo cui la mancata corresponsione dell'assegno divorzile senza che vi sia stata una reazione da parte del coniuge creditore non comporta rinuncia al diritto, la Suprema Corte evidenzia che (i) gli accordi dei coniugi sono validi ed efficaci nei limiti in cui non interferiscano con quello già omologato o con quanto disposto in sede di divorzio, ma solo nella misura in cui ne specifichino il contenuto e che (ii) il procedimento di revisione dell'assegno divorzile postula non soltanto l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni fattuali (il c.d. quid novi), ma anche la idoneità di tale mutamento a modificare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell'assegno. Non poteva dirsi, dunque, che il coniuge divorziato avesse rinunciato alla corresponsione dell'assegno divorzile per facta concludentia. Al contrario, l'attenzione doveva essere posta sulle seguenti circostanze: 1) la sussistenza di una determinazione giudiziale dell'assegno divorzile al momento del decesso dell'ex coniuge; 2) l'insussistenza di un formale ed espresso accordo di rinuncia all'assegno da parte del coniuge beneficiario; 3) la domanda di corresponsione di una quota della pensione di reversibilità dell'ex coniuge defunto azionata nei termini di legge. La Corte di Cassazione, quindi, cassa la sentenza della Corte d'appello con rinvio, enunciando il principio di diritto secondo cui, in tema di assegno divorzile, la mancata corresponsione senza che vi sia stata alcuna reazione da parte del coniuge creditore non comporta rinuncia al diritto, a meno che non vi sia stata una verifica giudiziale in ordine all'effettività della rinuncia stessa e alle correlate modificazioni dei presupposti per la percezione dell'assegno. Osservazioni
Accade, purtroppo, di frequente che, nonostante sia stata emessa una pronuncia giudiziale attributiva del diritto a percepire l'assegno divorzile, il coniuge obbligato non versi materialmente la somma stabilita e il coniuge beneficiario non agisca per ottenere forzatamente quanto gli spetta, vuoi per mancanza delle risorse necessarie a farsi assistere da un legale, vuoi per la consapevolezza dell'assenza di beni pignorabili appartenenti all'ex marito/moglie. E se, nel frattempo, il coniuge obbligato a versare il mantenimento muore? Il coniuge beneficiario dell'assegno divorzile “solo sulla carta” ha diritto ad una quota della pensione di reversibilità? Partendo dalla funzione solidaristica assolta dalla pensione di reversibilità, diretta a continuare a garantire al coniuge divorziato il sostegno economico che, prima del decesso del coniuge obbligato, veniva fornito con l'assegno divorzile, verrebbe da rispondere negativamente alla domanda sopra formulata: se materialmente il coniuge divorziato non percepiva alcun aiuto economico quando il coniuge obbligato era in vita, perché dovrebbe beneficiarne ora che l'obbligato è morto? Se davvero necessitava di tale contributo, perché non ha fatto nulla per ottenerlo? Considerazioni corrette che, tuttavia, ci spiega la Corte di Cassazione, non possono valere quale rinuncia, per facta concludentia, al diritto alla corresponsione dell'assegno divorzile. I principi relativi all'assegno divorzile impongono che intervenga una pronuncia giudiziale che verifichi l'effettività della rinuncia e la sussistenza di quei mutamenti di fatto che comportano la modifica dei presupposti alla base della percezione dell'assegno. Riferimenti
A. Russo, B. Rossi, A. Musio, Pensione (di reversibilità), in IlFamiliarista; Red. scient., Come dividere la pensione di reversibilità tra prima e seconda moglie, in IlFamiliarista; Red. scient., Parametri per la ripartizione della pensione di reversibilità fra il coniuge superstite e l'ex coniuge, in IlFamiliarista.
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