L'ennesima tutela del debitore in crisi tramite coartazione dei creditori: basterà il silenzio-assenso per approvare la moratoria “digitale”

Filippo Lamanna
02 Febbraio 2022

L'Autore svolge alcune riflessioni sulla nuova forma di convenzione di moratoria introdotta ex novo all'art. 30 quinquies della L. n. 233/2021, in sede di conversione del D.L n. 152/2021 (di attuazione del PNRR).

Già sono state svolte le prime motivate e condivisibilissime osservazioni critiche, di taglio tecnico, verso l'incoata e scarna disciplina di quella nuova forma di convenzione di moratoria introdotta ex novo con l'art. 30-quinquies dalla L. n. 233/2021 in sede di conversione del D.L n. 152/2021 (di attuazione del PNRR), che è stata argutamente (e forse anche con caustica ironia) definita digitale(cfr. F. Platania, Prime osservazioni sulla convenzione di moratoria “digitale”, in questo portale, 2 febbraio 2022).

Mi pare, non dimeno, che, anche oltre le critiche di taglio “tecnico” al nuovo istituto, esso suggerisca, se non una decisa censura, quantomeno una seria perplessità di fondo, e di merito, più complessiva e radicale, nei suoi confronti.

Anzitutto credo sia opportuno puntualizzare che, sebbene l'art. 30-quinquies pretenda di collocare tale istituto, giusta il titoletto della norma, e attraverso il riferimento alla piattaforma telematica nazionale, “nell'ambito della composizione negoziata per la soluzione delle crisi d'impresa”, in realtà la nuova moratoria sia soluzione tendenzialmente alternativa alla composizione negoziata, pensata a favore delle micro-imprese semmai proprio per sottrarle ai costi e all'impianto iper-burocratizzato della composizione negoziata, le volte in cui esse versino in crisi meramente transitorie di liquidità. Il collegamento con la composizione negoziata, dunque, non esiste affatto, o comunque è solo estrinseco e meramente teorico.

Infatti, la possibilità di avvalersi della nuova forma di moratoria trae alimento dalla pura e semplice compilazione del programma informatico predisposto sulla piattaforma telematica nazionale per verificare la sostenibilità del debito ed elaborare un piano di rateizzazione in modo automatico, ma non richiede affatto che il micro-imprenditore interessato alla rateizzazione acceda necessariamente alla composizione negoziata.

Vero è che tale programma informatico consente all'imprenditore, di conserva, anche di condurre il test pratico di cui all'art. 3, comma 2, D.L. n. 118/2021 per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento (test in effetti ed appunto funzionale all'accesso alla composizione negoziata), ma tale verifica, come accade di norma, non implica ex se che l'imprenditore debba accedere per forza alla composizione negoziata, restando egli libero di decidere in un senso o nell'altro.

Nel caso di specie, per di più, tale possibilità risulterà quasi sempre esclusa quando e per il fatto stesso che l'imprenditore decida di avvalersi della moratoria digitale.

Infatti, data la modesta entità del debito complessivo (non superiore ad euro 30.000,00) e l'esito positivo del test sulla sua sostenibilità, la conseguente scelta dell'imprenditore di proporre ai creditori la moratoria/rateizzazione dovrebbe nella stragrande maggioranza dei casi, almeno in teoria, risolvere la sua momentanea difficoltà finanziaria senza la necessità di avviare trattative ulteriori con i creditori, che anzi la norma in esame sembra voler escludere in via di principio laddove fa addirittura dipendere l'adesione alla proposta di moratoria da una semplice inerzia dei creditori stessi, secondo il vieto ed abusato meccanismo del silenzio-assenso (“L'imprenditore comunica la rateizzazione ai creditori interessati dalla stessa avvertendoli che, se non manifestano il proprio dissenso entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, il piano si intenderà approvato…”).

I creditori, quindi, saranno destinatari solo di una proposta trasmissibile, si suppone, con qualunque mezzo di comunicazione recettizia idoneo allo scopo (raccomandata, PEC ecc.), senza ulteriori contatti personali, neppure per personalizzare la proposta verso una singola controparte, o per modulare nel modo ritenuto più congruo il piano di rateizzazione (cfr. Platania, op. cit.).

È il test-moloch informatico, dunque, che vede e provvede, senza lasciare soverchia libertà negoziale alle parti interessate.

Stante l'operare di tale meccanismo, di conseguenza, non sarà affatto necessario per attuare la rateizzazione accedere alla composizione negoziata e dar corso ad ulteriori trattative con i creditori, le quali resteranno al limite attivabili (a parte ovviamente il caso di non approvazione della proposta di moratoria, che potrebbe far scattare l'interesse ad una diversa soluzione della crisi) solo quando, approvata la proposta, questa non possa comunque trovare positiva attuazione a causa di una imprevista incapacità dell'imprenditore di attuare la rateizzazione (a dispetto del test di sostenibilità) o per gli altri difetti ed inconvenienti di disciplina della moratoria ben segnalati da Platania nel succitato e quanto mai pertinente commento.

Nell'ipotesi di sua attuazione positiva, insomma, la moratoria “digitale” non soltanto non opererà (né sarà classificabile) come procedura concorsuale, ma nemmeno risulterà essere una modalità di svolgimento della composizione negoziata, né presupporrà l'avvio o lo svolgersi di quest'ultima.

La nuova moratoria si colloca, in realtà, cronologicamente prima, e spazialmente al di fuori, di qualunque altro procedimento finalizzato a risolvere la crisi d'impresa, e mira a sua volta a realizzare tale risultato mediante un'ennesima forma di coartazione dei creditori, costretti ad abbandonare il proprio stato di attesa dell'altrui adempimento, per rendersi parte attiva e rifiutare espressamente la proposta di moratoria al fine di contrastare il meccanismo ex lege del silenzio-assenso se non vorranno essere costretti a subirne “obtorto collo” l'attuazione.

E tutto questo può accadere sulla sola base e per effetto di un test informatico che il debitore è abilitato a fare in via del tutto autonoma e senza alcun controllo esterno sulla genuinità delle cifre e dei dati da lui inseriti nella piattaforma.

Non la mediazione dell'esperto, né le trattative con i creditori, ma solo la supposta bontà del test di sostenibilità e la supposta ideale modalità di suddivisione del debito in un certo numero di rate, infatti, costituiranno il fondamento della previsione extra ordinem che, in deroga alla disciplina civilistica dei contratti, e con una ulteriore progressiva deviazione dal tradizionale sistema negoziale privatistico che abbiamo sin qui conosciuto, e che è ormai alla deriva, farà dipendere la conclusione dell'accordo transattivo di moratoria, pur al di fuori di una procedura concorsuale, non da un'accettazione espressa dei creditori, ma dal mero silenzio-assenso degli stessi.

E d'altronde è proprio il silenzio-assenso, quale meccanismo di relativa coartazione, a fare qui la differenza rispetto alle ordinarie possibilità di stipulare liberamente patti stragiudiziali di moratoria tra debitore e creditori.

Vero è che, in coda al comma 2 dell'art. 30-quinquies, è stata contestualmente introdotta una clausola di salvaguardia (“Restano altresì ferme le responsabilità per l'inserimento nel programma di dati o informazioni non veritieri”), ma, a parte la esiguità del debito rateizzato, che, se nel complesso non deve superare i 30.000,00 euro, laddove non si concentri su un solo creditore e ve ne siano invece diversi potrebbe essere per ciascuno di essi anche di molto inferiore, sì che, anche in ipotesi di comportamento in malafede del debitore, probabilmente quasi mai converrà agire in giudizio per farne valere la responsabilità (“il gioco non varrebbe la candela”); in ogni caso, anche quando un creditore intendesse agire in rivalsa, si tratterebbe di un rimedio comunque postumo, oltre che, come sempre, rischioso per l'imprevedibilità del suo esito, e azionabile solo a danno ormai già subito.

Certo, non è dubbio che il meccanismo del silenzio-assenso nell'ambito di una soluzione che chiaramente non mira a ridurre il debito capitale, ma solo a rateizzarne il pagamento, renda questa misura – che può ben farsi rientrare nella categoria dei quadri di ristrutturazione preventiva regolati in generale dalla Direttiva Insolvency – a parte i segnalati dubbi sulla sua concreta possibilità di affermazione nella prassi a causa del già detto deficit di disciplina (in particolare qualora non si ritenesse in via interpretativa possibile attuare la moratoria anche in mancanza dell'assenso di tutti i creditori interessati; cfr. Platania, ibidem), la più snella e semplificata in assoluto nel nostro attuale sistema normativo (essendo ancora più semplificata delle moratorie coattive – finanziarie e non - già esistenti), ma al caro prezzo di un ulteriore indebolimento del sistema di tutela del credito.

In conclusione, ancora un altro caso di intervento normativo sulla crisi d'impresa (apparentemente slegato anche dal contesto del nuovo Codice della crisi), in cui prevale la tendenza a risolverla mediante una tutela asimmetricamente sbilanciata in modo esorbitante a favore del debitore (“debtor oriented”) forse prima ancora che a favore dell'impresa in crisi (“firm oriented”), e con il forte rischio – sempre presente in scelte di questo tipo, per una sorta di legge dell'isostatica delle spinte e controspinte, delle misure premiali e sanzionatorie – della classica eterogenesi dei fini (del resto, la disponibilità a far credito si afferma e si muove in proporzione diretta all'efficienza dei mezzi di assicurane la recovery, e tale rapporto non può che deteriorarsi quando a favore del debitore … si tiri troppo la corda).